Capitolo quarantaquattro

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"Che cosa ha dire in merito alle accuse subite dalla vostra cliente?"... "Crede che questo vi farà perdere la causa?"... "Perché la signorina Jauregui non si è ancora pronunciata?"...

Camila proseguì incurante attraverso la calca che si compattava di fronte al suo ufficio, arrancando a colpi di spallate e fuggendo da sguardi assalitori che bramavano per un'esclusiva che, a distanza di una settimana, non era stata concessa a nessuna testata giornalistica.

L'usciere, appena si fu approssimata all'ingresso, le aprì la porta e respinse tempestivamente i giornalisti che tentavano di infiltrarsi all'interno dell'edificio. Camila tirò un sospiro di sollievo, ringraziò educatamente l'uomo che presidiò con ancora più rigore e intransigenza la porta, sentendosi estemporaneamente importante.

La cubana salì in ascensore fino al quinto piano, poi si diresse spedita verso l'ufficio del padre dove canonicamente si affacciava la mattina, aspettando esimie direttive su come muovere i prossimi passi.

Alejandro le aveva già consigliato di non fronteggiare Lucy, non adesso almeno. Dovevano lasciar calmare le acque, un incontro sarebbe potuto sembrare un'ammissione di colpevolezza. Probabilmente la stampa avrebbe interpretato l'incontro con Camila come un tentativo di contrattazione per far decadere le accuse, il che era fortemente sconsigliato, visto la bufera in cui si trovavano al momento. In più, doveva pianificare una strategia per dimostrare concretamente che le dichiarazioni di Lucy non erano nient'altro che un capriccio ingiustificato. Fortunatamente, nella foga e nella fretta, la ragazza aveva sottovalutato alcuni cavillosi particolari, come il fatto che avesse denunciato pubblicamente Lauren di molestie avvenute solamente una volta. Quindi il campo si restringeva. Dovevano escogitare un modo per assicurarsi di poter comprovare che Lauren quella notte si trovava da tutt'altra parte. Bastava solo questo, ma non era per niente semplice ricreare delle evidenze che naturalmente non esistevano.

«Ah, Camila.» Fu il buongiorno di Alejandro, che le fece cenno di entrare.

La ragazza obbedì, speranzosa che quella mattina vi fossero buone notizie da convogliare a Lauren che indubbiamente aveva trascorso sette giorni di irrequieta impotenza.

«Ho fatto delle ricerche e sono riuscito a trovare il numero di Tommy, l'ex allenatore di Lauren. Pensavo che potremo provare a contattare lui.» Strappò un post-it dove vi era iscritto, con calligrafia svolazzante e allungata, il numero dell'uomo.

Camila si appropriò del bigliettino e lo cautelò nella tasca del tailleur, poi rivolse uno sguardo eloquente a suo padre, già conscia dell'inganno che stava tramando, ma volendo accertarsene.

«Mi stai chiedendo di telefonare a Tommy e chiedergli di testimoniare il falso?» Domandò spregiudicata, traendo un sospiro da parte di Alejandro che prima di rispondere si ricompose.

«No.» Congiunse la mano di fronte a se, alzò appena il mento e con tono decoroso «Ti sto chiedendo di informarti se per pura casualità quella sera Tommy si trovasse con Lauren.» Rimirò la figlia di sottecchi, stampandosi un sorriso complice sul volto e dopo che Camila ebbe annuito riluttante, tornò a concentrarsi sulle pratiche.

La cubana entrò nel suo ufficio, si chiuse la porta alle spalle e respirò profondamente. Poggiò la borsa sulla scrivania, si sedette sulla poltrona e ponderò l'idea di mettersi immediatamente in contatto con Tommy, ma mentre osservava il post-it, leggendo e rileggendo fino allo sfinimento le cifre, assediata da incessanti incertezze, intuì che sarebbe stato meglio riferire a Lauren il suo intento.

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