Capitolo sessantatré

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«..Sei lettere, verticale.» Camila tamburellò la matita contro il cruciverba che teneva ripiegato fra le mani.

«Hai sentito?» Era distesa sul letto, la testa adagiata sul grembo di Lauren.

Alzò lo sguardo su questa, sperando in una risposta che la sollevasse da quella acerrima sciarada, ma la corvina manteneva lo sguardo fisso nel vuoto, tanto sembrava assorta dai suoi pensieri che persino i suoi smeraldi erano vacui e remoti, seguendo il flusso migrante dei pensieri.

«Laureeeen.» Sbandierò una mano davanti ai suoi occhi imbambolati.

Le palpebre dell'altra si riscossero, stramazzarono per qualche istante e poi si focalizzarono sul giornalino che Camila brandiva con solenne severità.

«Scusa, dicevi?» Chiese la corvina, aguzzando la vista per scorgere l'indizio inciso in lettere minuscole sul fondo della pagina smerigliata.

Camila le ripeté la frase da principio «Si apre in caso di pericolo. Sei lettere, verticale.» Suonò un po' come una nenia, dato che era la quarta volta che Lauren si deconcentrava, smarrendosi in tortuosi e ignoti cammini del pensiero.

«Airbag.» Sentenziò agilmente la corvina, suscitando la perplessità dell'altra. Non che non credesse nella perspicacia della fidanzata, ma era stata una risposta davvero involata.

«Ci sono le risposte lì in fondo.» Testimoniò la corvina, carpendo che la silenziosa risposta della cubana contrassegnava una domanda implicita che per educazione omesse, ma che Lauren intercettò ugualmente.

Camila ridacchiò e passò al prossimo indizio, stavolta assicurandosi di eclissare le risposte sulla falda in basso con l'ausilio delle dita affusolate.

«Genere musicale. Sette lettere, orizzontale.» Declamò a gran voce, con aria esibizionista, come se rivestisse i panni di un presentatore.

«Lauren.» Alzò nuovamente lo sguardo, trovando la corvina immersa nuovamente in un dedalo ordito di dubbi, o incognite, o preoccupazioni... Non lo sapeva, dato che la ragazza pareva aver fatto voto di silenzio.

«Ok, basta così.» Decretò ad alta voce, ma fu più un pensiero rivolto a se stessa che altro.

Si issò a fatica sul materasso, svincolandosi dalla presa melliflue della corvina. Lauren fu distratta dal movimento improvviso della cubana, così riportò l'attenzione su di lei, accigliandosi perché ignara del progressivo allontanamento.

«Che fai? Dove stai andando?» Domandò svelta, guadagnando in cambio solo un sospiro acrimonioso.

Camila depositò il giornalino per terra, poi si voltò verso la corvina e incrociò le gambe, rimirando Lauren con un certo disappunto sul volto.

«Che succede?» Chiese franca, per niente intenzionata ad aggirare il punto o dilungarsi in premesse prolisse.

«Che vuoi dire?» Scosse la testa la corvina, issandosi con l'aiuto delle mani per posizionarsi di fronte all'altra, anche lei a gambe conserte.

«Voglio dire..» Enunciò con un po' troppo impeto la cubana, prendendo subito un bel respiro per placare l'ardire dei nervi «Sei continuamente distratta. Non sembri essere nemmeno in questa stanza, e non capisco perché. Quindi, mi chiedevo, è successo qualcosa?» Soggiunse solerte la cubana, strusciando nervosamente le mani contro i pantaloni della tuta.

Lauren sorrise rassicurante, allungò un braccio verso la sua direzione e le pizzicò amorevolmente la guancia, scuotendo energicamente la testa «No, Camz, non succede niente.» Provvidenzialmente la rasserenò, ghermendo i suoi fianchi per attirarla più vicina.

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