Capitolo quarantacinque

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Ciao a tutti!

Perché pubblico adesso? Sarò sincera: questo è il mio capitolo preferito! Ad oggi, almeno. Non vedevo l'ora di pubblicarlo, era da due settimane che trepidavo per farvelo leggere e avere un vostro parere. Quindi, mi son detta "Ma si, è già passata la mezzanotte. Tecnicamente, è già domani."

Per favore passate a leggere anche lo spazio autrice in fondo al capitolo, ci tengo tantissimo. Grazie mille.

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«No, Camila! Non voglio sentire un'altra parola. Questo ha già detto abbastanza.» Alejandro scaraventò il giornale sulla scrivania, apostrofando la figlia con tono altero, anche se solo lo sguardo agghiacciante era sufficiente per tradurre la sua crescente rabbia.

«Lasciami spiegare.» Tentò nuovamente Camila, ma Alejandro troncò il discorso sul nascere.

«Non c'è niente da spiegare!» Tubò, paonazzo in volto.

Camila non l'aveva mai visto così infuriato, trasudava ira in ogni gesto, persino le spalle intirizzite emanavano nervosismo.

Restarono in silenzio per qualche secondo, poi suo padre si passò una mano sulla faccia, emettendo un sospiro greve che veicolava tutta la sua preoccupazione amalgamata a inguaribile tedio. Non poteva credere che Camila, sua figlia, avesse rischiato la sua carriera per difendere una sua cliente.

Alejandro era il primo ad amare e svolgere il suo lavoro con infallibile metodicità, ma non sconfinava mai oltre la linea di perimetro che scindeva la professionalità dal coinvolgimento emotivo. Probabilmente Camila si era fatta intenerire da Lauren, stando spesso a contatto con la corvina era facile rimanere persuasi dalla compassione che si partoriva nei confronti di un assistito, ma questo non giustificava il suo comportamento, anzi! Lo condannava duplicemente, perché oltre ad essersi lasciata sfuggire una certa rettitudine di mano, si era persino dimostrata incapace di cernere il lavoro dai sentimenti, cosa che, in ambiti come i loro, era basilare.

«Non ti ho fatto studiare nelle migliori università per buttare via anni e anni per una cliente!» Moderò il volume, ma fu comunque ben vivido il rammarico che lo angustiava.

«Non sto buttando via niente, Cristo. Non fare il melodrammatico.» Si massaggiò le tempie, somatizzando il martellante mal di testa che le pulsava sempre quando si infervorava.

«Non sono melodrammatico, sono deluso. È diverso.» Precisò Alejandro, scuotendo la testa mesto.

«È comprensibile, ma non ho fatto altro che onorare il motto dell'azienda: aiutare un cliente, sempre.» Scattò sulla difensiva Camila che, sì, comprendeva la preoccupazione del padre, ma da un lato si aspettava anche un po' di cameratismo, soprattutto dalla persona che le aveva inculcato tali valori.

Alejandro si lasciò cadere sulla poltrona, blaterando qualcosa sommessamente. Ecco una cosa che Camila odiava. Suo padre aveva il brutto vizio di borbottare sottovoce quando invece poteva benissimo dirle le cose in faccia, dato che si trovava al suo cospetto. Era un modo come un altro per innervosirla, questo lo sapevano entrambi.

«Puoi anche dirmele in faccia le cose.» Si piccò la cubana, portando le braccia conserte e alzando leggermente il mento, con aria di superiorità.

«Ho detto che tua madre sarebbe indignata da te!» Sbottò Alejandro, sbattendo il pugno contro la solida superficie, con forza tale che il contenitore delle penne si rovesciò.

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