Alle nove in punto, Camila uscì di casa più in ansia che mai. Le mani le fremevano talmente tanto che anche inserire la mandata alla porta fu difficile, tanto il suo fremito la invalidava.Ripassò mentalmente l'occorrente di cui abbisognava. Frugò nella borsa per sincerarsi di non aver dimenticato niente, valutando la sua pronunciata smemorataggine non era quello il momento adatto per lasciare spazio ai dubbi. C'era tutto.
Richard, l'autista privato di suo padre, passò a prenderla come prestabilito. Camila rilesse le carte durante il tragitto, gesticolò e tentò di figurarsi l'avvocato di Marianne davanti a se. Intavolò le sue argomentazioni e, sempre nella sua ottimistica immaginazione, non distolse nemmeno una volta lo sguardo da quello del suo avversario. Suo padre le aveva sempre detto che abbassare la testa in presenza di un avvocato, era come ammettere di aver già perso.
Richard era nell'azienda da dieci lunghi anni ormai, così, quando il suo sguardo cadde nello specchietto retrovisore e scorse l'inequivocabile agitazione di Camila fremere nei gesti convulsi e nello sguardo spaurito, si permise di dirle «Andrà tutto bene, signorina Cabello.»
La cubana interruppe la sua arringa, incrociò il suo sguardo attraverso il piccolo vetro e sorrise riconoscente, annuendo un po' rincuorata. A volte basta avere anche il sostegno di una sola persona per sentirci meno insicuri e più decisi.
Parcheggiarono davanti all'edificio di Alejandro, dove Camila aveva fissato un appuntamento con Lauren per raggiungere insieme il colloquio. Controllò l'orologio e si avvide che la corvina era dieci minuti in ritardo. E menomale che si era raccomandata...
Aspettarono pochi istanti, poi qualcuno aprì la portiera posteriore dove era seduta Camila. La cubana sobbalzò presa alla sprovvista, ma la massa inanellata dei capelli corvini, la cortina di evanescente fumo e il tintinnio della cinghia del giubbotto di pelle furono avvisaglie inconfondibili.
«Avevamo detto le nove e mezzo.» L'apostrofò Camila, mostrandole il polso dove era allacciato l'orologio, testimone infallibile del canonico ritardo.
Lauren per tutta risposta spirò una boccata di fumo nella direzione di Camila, subissandola con un velario cinereo. La cubana tossì gravemente, con una mano diramò la cappa e con l'altra si premurò di abbassare il finestrino per far dissipare la nebbia accumulatasi nell'abitacolo.
«Potresti evitare di fumare nella mia macchina?» Chiese, portando le braccia conserte e accentuando la sua stizza con tono risentito.
«Non è tua. È la macchina di tuo padre.» Puntualizzò Lauren, che l'unico favore che fece a Camila fu di soffiare il fumo fuori dal finestrino, senza però depennare quella faccia insolente che insaporiva ogni sua conversazione.
Camila roteò gli occhi al cielo, ma non ribatté. Aveva cose ben più importanti a cui pensare per potersi preoccupare di un odore sgradevole e un lieve pizzicore alla gola.
Disquisì per tutto il tragitto con il fantasma di un avvocato che avrebbe fronteggiato di li a poco. Lauren seguì assiduamente i suoi ragionamenti, ma non colse tutte le parole perché Camila ragionava a bassa voce, forse intimidita dalla presenza di Lauren o forse semplicemente era il suo modo di agire e memorizzare.
«Queste cose le sai solo dire al sedile, oppure credi di farcela anche davanti ad una persona vera e propria?» Domandò mordace Lauren, sbuffando un po' di fumo residuo.
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Fight Back
Fanfiction14/04/2018 #6 in fanfiction 05/04/2018 #7 in fanfiction 28/03/2018 #11 in fanfiction 26/03/2018 #14 in fanfiction Lauren si classifica per le finale dei mondiali, ma viene amaramente battuta dalla sua rivale. Dopo tale sconfitta la sua vita subisc...