Capitolo trentasei

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Camila venne importunata da un raggio abbacinante di sole che si imbucò prematuramente attraverso la finestrella dalla quale la notte prima aveva scrutato la densa oscurità.

Avvertì, improvvisamente, una fitta dolorante alla spalla, come se qualcuno le avesse inferto una stilettata traditrice. E solo in quel momento realizzò che era il mento di Lauren a provocarle quel fastidioso dolore, infossato da chissà quante ore nel medesimo segmento.

Camila si avvide anche del braccio ciondolante che le cingeva i fianchi, dalla gamba embricata di Lauren addosso alle sue.

Per un istante venne colta una fitta allo stomaco più lancinante di quella che aveva precedentemente avvertito alla spalla, una sensazione inafferrabile, infinitamente eteree per poter essere omologata a qualsiasi emozione; poi, l'attimo dopo, respirò profondamente e un tiepido sorriso imbrattò le sue labbra.

Era strano, in generale, svegliarsi con qualcuno. L'ultima volta che aveva dormito assieme ad una persona, risaliva a decenni addietro, prima dell'Università. Al liceo aveva un fidanzato e a volte spendeva la notte a casa sua, ma da quando entrò all'ateneo, la sua vita fu costantemente impegnata sullo studio e la relazione volse presto al termine. Ecco, da quel momento in poi non fece altro che addormentarsi con pile di appunti sotto al naso e libri verbosi sotto le braccia.

Quindi, destarsi dopo tanto tempo accanto a qualcuno -e per giunta qualcuno con cui aveva aveva consumato una passione audace-, era indicibilmente irriconoscibile. Esatto, un sentimento che le aggrovigliava la stomaco, ma al contempo la faceva sorridere. Irriconoscibile come il primo raggio di sole dopo una giornata di pioggia, oppure la prima goccia di acquerugiola dopo un torrenziale caldo.

Camila scivolò cautamente fuori dalle coperte, assicurandosi che stavolta Lauren non si svegliasse al suo passaggio. La corvina era immersa in un sonno profondo, al che la sua mano ricadde penosamente sul materasso, e le palpebre rimasero serrate.

In corridoio vi erano sparpagliati i vestiti della sera precedente, testimoni inconfutabili di ciò che si era consumato fra le pareti incartapecorite della roulotte. Camila raccolse la gonna e la camicia, camminando in punta di piedi per non interferire col sonno della corvina e dover fronteggiare l'imbarazzante momento del risveglio, quando nessuna delle due ha il coraggio di guardarsi negli occhi o di argomentare la sequenza degli avvenimenti notturni.

Voleva scappare a quel momento di disarmante vergogna, di ostentato lassismo, di precaria ironia, di mistificata naturalezza, di...

«Se stai facendo il caffè, ne prendo volentieri una tazza.» La voce scaturì rauca e ovattata, a causa del cuscino dentro al quale era sprofondata Lauren, ma fu inequivocabile che non si trattasse di un incubo.

Camila si immobilizzò sul posto. Tese le orecchie per accertarsi di non aver frainteso, ma il mugugno successivo che emise Lauren le fece intendere che si stava lentamente scuotendo dal dormiveglia.

Cazzo.

«Ah.. ok.» Replicò, tentando di non esternare l'imbarazzo già evidente sulle guance paonazze.

Lauren si girò e rigirò nelle coperte, attorcigliando il lenzuolo alle gambe e al busto, poi issò l'addome dal letto facendo forza sui palmi delle mani; scosse la testa, e dopo un breve grugnito recriminatorio si alzò dal letto, ancora nuda.

Camila si voltò di scatto, preoccupandosi di accendere la fiammella del gas, che scoppiettò in un ruggito patetico. Trasbordò il caffè ristagnante nella caraffa all'interno di un contenitore di alluminio più piccolo, dopodiché lo posizionò sul fornello.

Lanciò uno sguardo furtivo nella direzione di Lauren, trovandola curvata sul pavimento intenta ad adunare i suoi vestiti, sparsi.. beh, un po' dappertutto. Si stava chiudendo il bottone dei pantaloni, ma la schiena nuda le fece carpire che fosse scevra di reggiseno... Si voltò nuovamente, osservando il caffè con brama inaudita, ma non perché necessitasse della sua tassativa tazza mattutina, ma semplicemente perché prima ne beveva un sorso, prima se ne andava.

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