Capitolo sette

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«Che vuol dire che non ci metti più piede?!» Urlò allarmata Normani, in bilico fra la preoccupazione e la rabbia.

«Quello che hai capito.» Rispose scostante Lauren, prendendo una manciata di terriccio per riempire il vaso di terracotta dove Vincent voleva piantare la salvia, o era rosmarino.. Boh.

«Ma perché? È successo qualcosa?» Insistette Normani, non comprendendo il cambiamento repentino.

Lauren scrollò le spalle, superò Normani con indifferenza e riempì l'annaffiatoio alle sue spalle. Il rubinetto, come sempre, sgocciolava a malapena un filo d'acqua e per ottenere la quantità che abbisognava aspettò un'eternità.

«Lauren, non puoi.» Dissentì Normani, voltandosi verso di lei, ma l'amica le dava le spalle e sembrava che il suo unico interesse fosse riempire il contenitore.

«Si che posso.» Remolicò con incuria sconcertante, motivando la parte fremebonda di Normani a prevalere su quella apprensiva.

«No, cazzo, non puoi!» L'afferrò per la spalla e la voltò con forza verso di se, gesto che Lauren le permise solo perché era Normani, altrimenti non sarebbe stata così accomodante «Non puoi farmi questo.» Sussurrò con voce rotta, deglutendo a fatica per sciogliere il cappio che le stringeva la gola.

Lauren ebbe un istante di ripensamento scorgendo le lacrime umettare le ciglia dell'amica, patinarle lo sguardo solitamente arido... Ma non cedette.

Camila era capace di arroventarle lo stomaco, innestava reazioni deleterie in lei, era autrice di una rabbia incontrollabile che avrebbe arrecato a Lauren più danni che benefici. Non poteva, non poteva tornare in quell'ufficio, sapeva che prima o poi le cose sarebbero degenerate irrecuperabilmente. Era avventata sì, ma non stupida.

Chiuse il rubinetto, sollevò l'annaffiatoio e lo mostrò a Normani, come lasciapassare. La ragazza sospirò e fece ricadere penosamente le braccia lungo i fianchi, scostandosi per permettere a Lauren di operare.

«Almeno dimmi cosa è successo.» La supplicò con timore, sapendo che la pazienza di Lauren non era altro che un barlume intermittente.

La corvina sbuffò stizzita. Se si fosse trattato di qualcun altro l'avrebbe già seviziato senza nessun rimorso, ma era Normani il soggetto dell'intervento, l'unica persona che considerava amica.

Le spiegò sommariamente cosa era avvenuto, trascinando qualche particolare che ancora le corrodeva il raziocinio. Normani le disse che doveva solo ignorarla, che le figlie degli altolocati avevano sempre quella puzza sotto al naso, che da che mondo è mondo aveva sempre nuociuto su persone come loro.

«Sei un asso per ignorare la gente! Fallo anche con lei.» Minimizzò l'amica, sollevando le spalle per semplificare la cosa.

«Non ci riesco.» Affermò Lauren con una smorfia che le contrasse il viso.

La sua risposta scaturì stupore in Normani, ma si premurò di nasconderlo subito, anche se malamente.

«Beh.. ehm... Provaci di nuovo.» Propose, con un'espressione di malcelata sorpresa.

Non era abituata a vedere Lauren esitare. Le critiche, gli insulti, le prediche... Niente aveva mai scalfito la sua attitudine flemmatica. Quella che aveva davanti agli occhi era un'aberrazione in piena regola, come non esserne attoniti?

«Mani, ho detto di no.» Stavolta il timbro fu più marcato e deciso, come se stesse per inveire e non volesse farlo, quindi la preservava con quell'avvertimento chiaro.

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