Capitolo ventuno

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Camila accostò la tazzina alle labbra, né trangugiò un sorso e mugolò in approvazione, rinsavendo da tutti i precedenti rancidi caffè.

Lauren era seduta sullo sgabello, una gamba appoggiata sull'apposito poggiapiedi e l'altra ciondolava fino a sfiorare il pavimento. Sorseggiava il caffè, abusando della tazzina come espediente dallo sguardo cubana.

Camila sfilò una banconota da dieci dollari, intenta a saldare il conto di entrambe, ma Lauren glielo impedì.

«Posso pagarmi un caffè.» Incurvò le labbra in una smorfia offesa, vedendo il gesto di Camila come un chiaro oltraggio.

«Diciamo che, lo faccio per ringraziarti per.. sai..» Fece un cenno con la testa indicando il soffitto, alzando le sopracciglia nella stessa direzione.

Lauren seguì la sua traiettoria, capendo forse con qualche attimo di ritardo che la cubana alludeva alla sfuriata che aveva scatenato nel suo ufficio.

Scattò subito sulla difensiva, irrigidendo le spalle e replicando con voce coriacea «L'ho fatto per me, non per te.»

Camila portò i pugni sui fianchi, la guardò con la testa reclinata e un sorriso mezzo scettico sulle labbra «Ah si?»

Quell'espressione malandrina rafforzò le difese già compatte di Lauren, che mostrò fisicamente quel disagio, serrando la mascella «Mi ha chiamato "barbona." Non c'è altro.» Sgrullò le spalle, fece per estrarre il denaro dalla tasca, ma Camila fu più rapida di lei e consegnò i dieci dollari al barista, donandogli generosamente il resto.

Lauren la rimirò confusa «Ti ho detto..» Esordì, ma venne anticipata dall'impeto di Camila che non sopportava più la boria volontaria -o involontaria, doveva ancora definirlo- di Lauren.

«Non importa.» Tagliò corto, arricciando le labbra indifferente.

Lauren scosse la testa e sbuffò, bofonchiando qualcosa di intelligibile fra i denti. Appena ebbe finito di bere il suo caffè macchiato, si alzò e inforcò i pollici nelle tasche della floscia tuta blu, ringraziando Camila solo con una linea storpia delle labbra e un cenno muto del capo.

Entrambe si approntarono a tornare ai loro rispettivi impieghi, ma vennero tempestivamente arrestate da Dinah che piombò di fronte a loro con una faccia allarmata, trafelata «Ho bisogno di voi!» Cinse le braccia delle due corvine, facendo spola fra l'una e l'altra con gli occhi fuori dalle orbite.

Si mette male. Sospirò Camila, riprendendo posto sul suo sgabello, proprio come fece Lauren.

Dinah raccontò concitata gli avvenimenti della scorsa notte. Stava uscendo dall'edificio, con l'unica intenzione di stravaccarsi sul letto a leggere un buon romanzo in compagnia della cioccolata calda, ma si era imbattuta in Siope, l'uomo che aveva conosciuto alla cena aziendale. Insomma una cosa aveva tirato l'altra e si erano baciati, lui l'aveva invitata a cena fuori e la polinesiana aveva accettato senza remore... Però... Tornando a casa si era resa conto che non aveva una relazione seria, nemmeno un appuntamento, da anni oramai e una forte angoscia, scaturita dal timore di errare qualcosa, l'aveva macerata per tutta la notte.

«Se stai cercando qualche consiglio, sappi che io sono tre anni che non esco con qualcuno. Sono ufficialmente sposata con il mio lavoro.» Asserì Camila, alzando le mani in aria in segno di resa.

«Fai davvero?» Alzò un sopracciglio Lauren, sforzandosi di non ridere in faccia alla polinesiana «Vuoi una consulenza sentimentale da me?» Il tono allibito fece sorridere la cubana, che effettivamente l'ultima persona a cui si sarebbe rivolta per un'emergenza di cuore sarebbe stata indubbiamente Lauren.

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