Capitolo trentacinque

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«Spiegami come ti è venuto in mente!» Proruppe Camila una volta entrata nella roulotte.

Lauren le ciondolò dietro, le spalle afflosciate e l'espressione annoiata di chi non sopporta più le lamentevoli recriminazioni o le tediosi accuse altrui.

«Lo sai che Richard avrebbe potuto vederti? E che cos agli avremmo raccontato, eh?!» Inveì sempre più iraconda la cubana, attonita dall'avventatezza sconsiderata di Lauren che aveva spintonato in bilico non solo la sua ascendente carriera redimita da un'impeccabile condotta, ma anche la già remota possibilità di evitare il carcere a Lauren.

«Come la fai lunga.» Sospirò la corvina, sgusciando al suo fianco senza però fermarsi, ma andando verso i fornelli dove vi era la teiera  pisolante «Vuoi una camomilla?» Alzò un sopracciglio, adottando un'espressione eloquente dedita ad indispettire ulteriormente l'animo intrattabile di Camila.

«Non voglio una fottuta camomilla!» Sbatacchiò la borsa sulla sedia, sbuffando con forza subito dopo.

«Anche un "no, grazie" andava bene.» Postulò ostinata Lauren, eccessivamente divertita dal pungolare la perduta pazienza di Camila.

Infatti la cubana non esitava dal gratificare l'infantilità di Lauren, perché la rabbia governava il suo raziocino che in momenti di furore veniva oppresso, schiacciato, compresso.

Camila dimezzò la distanza fra di loro, trafisse il petto di Lauren con l'indice e, con sguardo adombrato dal subbuglio ardente che le bruciava lo stomaco, digrignò i denti «Sei una bambina.»

Lauren, invece di arrabbiarsi e donare la soddisfazione a Camila di una replica astiosa, sorrise tiepidamente «Spiegami una cosa. Mi hai seguito fino alla mia roulotte per sgridarmi, oppure per terminare quel che ho iniziato?»

Reclinò leggermente il capo, attendendo un responso da Camila, con la rinomata aria maliziosa e sfacciata che caratterizzava i suoi azzardati atteggiamenti.

La cubana aprì bocca per ribattere, ma dopo un attimo venne contratta ed ermeticamente chiusa, e lasciò che il suo disappunto dardeggiasse dallo sguardo accigliato e rabbuiato.

«Come pensavo.» Annuì Lauren.

La cubana non confutò la sua teoria, forse perché la rabbia era talmente incontenibile che aveva pervaso ogni sua azione motoria e verbale: prima paralizzandola fisicamente, poi invalidandola vocalmente. O, forse, perché c'era un fondo di verità nelle supposizioni presuntuose di Lauren... O ancora, perché la corvina non le concesse tempo per discernere la realtà dei suoi ingarbugliati sentimenti, afferrandola lesta per la nuca e attirandola in un bacio già ansimante.

Camila non oppose resistenza, anzi alzò subitamente le braccia verso l'alto per permettere a Lauren di spogliarla. La corvina sorrise contro le labbra dell'altra, mentre con le mani risaliva rapidamente le braccia tese della ragazza, sfilandole la camicia e la giacca.

Sapeva di aver trionfato e ne era cosciente anche Camila, ma per una volta non le importava minimamente di aver rinunciato alla supremazia. Agognava per un'anarchia rivoluzionaria che insorgesse dal bacio famelico di perdizione.

Non le importava più chi regnava, purché la salubre tempesta che rigenerava i bivi disseccati del suo arido deserto continuasse a scrosciare fra le crepe del terreno, fulminando e tuonando con la paurosa maestosità che tutte le cose ignote originano in noi.

Lauren sfilò frettolosamente e maldestramente la gonna della ragazza, cosicché, dopo, potesse ghermire le sue natiche e prenderla in collo. Camila si lasciò manovrare dall'impeto travolgente della corvina e, quando le sue gambe furono nude, le avvinghiò al bacino di Lauren, la quale la sollevò con destrezza.

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