Capitolo cinquantasei

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La tetra notte si intrufolava nello studio con idioma sconosciuto.

Era una di quelle sere dove l'immensità del cielo blandiva la paura umana di vivere come essere infinitesimale.

Ma quel comune timore non lambiva Camila e Lauren, asserragliate fra quattro mura dove le finestre erano sì la lente d'ingrandimento verso l'esterno, ma anche la calma galleggiante all'interno.

«No-non lo fare, Camz.» Protestò blandamente Lauren, arcuando il collo verso il basso, mentre la cubana imbrattava la sua pelle con una scia simmetrica di baci.

«Troppo tardi.» Sussurrò rauca, sfiorandole l'epidermide con il respiro caldo.

Un gemito sfuggì dalla bocca della corvina, la quale si costrinse ad arginare lo sfrenato piacere mordendosi il labbro inferiore con forza. Le sue nocche erano bianche a causa della presa salvifica che stringeva il bordo legnoso.

«Dovre.. dovremmo parlarne.» Farfugliò l'ennesima volta la corvina, ma mentre pronunciava tali parole, la testa si inclinava per adibire un passeggio alle labbra umide e accoglienti di Camila.

«Troppe parole.» Rimbeccò la cubana, continuando il suo geometrico disegno. Adesso il suo pennello scavava nei brividi dell'altra.

«Sta-stai andando, andando ne-nella direzione, direzione sbagliata.» Balbettò Lauren, allo stremo delle sue forze. Resistere all'affronto inaspettato della cubana era più faticoso che subirlo, stava per cedere.

«Troppo presto per dirlo.» Affondò le mani nella sua folta chioma, stringendo i boccoli fra le dita.

Non sai dire nient'altro che "troppo"? Ponderò Lauren, ma doveva ammettere che "troppo" era la parola perfetta, perché riuniva sommariamente tutto ciò che quell'attimo era. Troppo.

Camila sterzò verso l'entroterra, dopo aver costeggiato i lineamenti della corvina. Lauren, in quel preciso istante, pensò che quello era il passo di non ritorno, se Camila fu fosse abbattuta sulle sue labbra, non ci sarebbe stato alcun modo di rinnegare l'epifania.

Ma forse non c'era già via di scampo da quando aveva visto la luce filtrare attraverso l'uscita di Alejandro e aveva aperto la porta. O forse... forse era in un vicolo cieco da quando Lauren si era concesso quel commento mordace sull'atteggiamento esageratamente tragico della cubana, da quando Camila aveva spezzato quella sigaretta davanti ai suoi occhi per poi riportarle un pacchetto il giorno dopo. Da quando l'aveva derisa, a quando l'aveva difesa. Da quando l'aveva baciata, a quando l'aveva avuta. Da quando l'aveva respinta, a quando l'aveva stretta. Da quando l'aveva scacciata, a quando l'aveva vissuta. Da quando l'aveva odiata, a quando...

Un gemito strozzato riempì il silenzio.

Non se ne erano nemmeno accorta, ma era stata proprio lei, Lauren, a far collimare le loro labbra in un bacio talmente avventato e sregolato da far girare vertiginosamente la testa.

Camila non si era sottratta, nonostante avesse deciso irrimediabilmente di essere lei a comandare i giochi, l'aveva lasciata fare.

Forse dovevano imparare proprio questo. A moderare, a soppesare, a controbilanciare. Ecco, controbilanciare. Il peso non poteva gravare soltanto su un piatto, ma su entrambi. La bilancia non doveva avere alcuno scompenso, tutto doveva restare perfettamente equilibrato.

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