Capitolo cinquantotto

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Camila versò il caffè nelle tazze, sia nella sua che in quella di Lauren. La corvina era attorta in posizione innaturale contro la sedia, con la testa pencolante oltre il baricentro che scivolava lentamente contro il finestrino della roulotte.

«Stai bene?» Ridacchiò la cubana, poggiando la tazza sotto al suo naso... Letteralmente parlando, visto il rapido e scosceso declivio che aveva subito il capo in brevi istanti.

«Ho sonno.» Biascicò Lauren, annaspando alla rinfusa verso la tazza, sperando di afferrarla. Con un pizzico di fortuna, vi riuscì.

«Tu hai sempre sonno, Lauren.» Le fece notare Camila, constatando di non evincere niente di diverso dall'usuale.

La corvina alzò lentamente la testa. Gli occhi pesti, ma ugualmente intimidatori, e l'aria scontata di chi sta per asserire un'imprescindibile realtà «Forse perché tu sei sempre nel mio letto.»

Camila rise, sbruffando qualche goccia di caffè. Accorse in suo aiuto il fazzoletto stazzonato che aveva predisposto sul tavolo. Tamponò le labbra e sfoderò un sorriso accattivante, annuendo flebilmente.

Come darle torto? Camila bivaccava si e no cinque giorni a settimana nella roulotte di Lauren, e non dormivano per una sola notte intera. Era impossibile coricarsi quando la corvina le sfiorava il fianco in quel modo, quando le sue labbra precipitavano accidentalmente all'attaccatura del collo, per poi immergersi sotto l'orlo della superficie ed esplorare le clavicole melliflue di Camila. Impossibile come resistere alla voce roca e scadente di Lauren, come ricusare le sue impudiche attenzioni. Impossibile. Non esisteva una definizione più adeguata.

«Se hai bisogno di dormire, posso sempre evitare di disturbare.» Asserì civettuola la cubana, sollevando gli occhi assieme alla tazza.

Il tempo di sorseggiare un goccio di caffè, che Lauren stava già scuotendo la testa «Sto bene, sto bene.»

Camila scoppiò a ridere, allungando la mano verso quella della corvina per depositare una carezza su di essa.

Lauren deglutì il sorso, dopodiché addusse con una screditante scrollata di spalle «Mi piace che tu resti a casa mia.»

«Casa, è una parolona.» Satireggiò Camila, sperando d produrre una risata da parte dell'altra, ma le sue aspettative vennero puntualmente disattese.

Lauren rimase impassibile a lungo, figgendo lo sguardo nella vacuità che si strascicavano dietro quelle parole. Si alzò con fare cerbero, andando a riporre la tazza nel lavello. In silenzio, fece scattare il rubinetto e immerse le mani nell'acqua gelida, strofinando i piatti sporchi con una spugna sbocconcellata.

Camila si crucciò, interdetta. Il suo sguardo guizzò dalla sedia ormai spoglia, alle spalle irrigidite di Lauren, al movimento frenetico e nervoso con cui nettava la ceramica.

Si schiarì la voce e si approssimò alla corvina. Le porse gentilmente la tazza, ma Lauren la sfilò bruscamente dalle sue mani, lasciandola da parte.

«Laur, ho fatto qualcosa?» Chiese timorosa Camila, non sapendo gestire ancora con  padronanza i raptus improvvisi della corvina.

«Non hai fatto niente.» Scrollò le spalle Lauren, tenendo il capo ricurvo. Aveva un modo quasi maniacale di pulire i piatti, elidendo anche le minime macchie.

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