Capitolo quarantadue

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«Sono tranquilla, Dinah, sono solo.. agitata.» Dichiarò Camila, rendendosi conto persino lei quanto paradossale e contraddittorio fosse il suo discorso.

La polinesiana inarcò un sopracciglio, produsse un suono allungato che sottolineò la sua perplessità, infine scosse la testa «Non mi sembra umanamente possibile.» Asserì.

Camila sospirò sommessamente, da una parte cercando di nascondere il suo inequivocabile sgomento, dall'altra tentando di navigarlo fuori dalle sue sinapsi.

«È normale sia nervosa, parliamo pur sempre di Lauren.» Sbuffò la cubana, alzando gli occhi al cielo e scrollando le spalle, come fosse scontato paventare un raptus da parte della corvina.

«È solo un'intervista, andrà bene.» La rassicurò solidale la polinesiana, ma commise un fatale errore...

Camila la conosceva bene, ormai poteva decifrare i suoi atteggiamenti al volo, ed è per questo che quando la vide irrigidire le spalle, mantenere con insistenza gli occhi sulle porte ermetiche e schiarirsi la voce non ebbe alcun dubbio che pure le certezze di Dinah non fossero poi così radicate.

«Sono fregata.» Sospirò avvilita, accasciandosi contro la parete dell'ascensore.

«Ma no!» Si ringalluzzì Dinah, dandole una pacca sulla spalla che la fece sobbalzare, risvegliando l'animo bellico di Camila che, solitamente, non si avvizziva mai... solitamente!

«Ascolta, andrà benissimo, d'accordo? Vi siete esercitate tanto con Lauren!» La galvanizzò con un sorriso esponenziale, al che Camila non poté fare a meno di meno sgranare gli occhi e deflettere lo sguardo.

Sapessi quanto.

Probabilmente la sua espressione colpevole doveva essere ben visibile perché Dinah reclinò la testa per intercettare la traiettoria della cubana, ma appena Camila si rese conto di essere sotto disamina scosse la testa e abbozzò un sorriso tirato.

«Andrà bene.» Mentì, giusto per smussare lo sguardo inquisitore dell'altra che le prudeva addosso.

Finalmente le porte dell'ascensore si aprirono, la prima ad uscire -o meglio, a scappare- fu Camila, seguita dalla polinesiana che le si caracollò dietro, per non perderla nel tragitto tortuoso nell'atrio che era perennemente rigurgitante di cravatte e tacchi a spillo.

«Possiamo lasciar perdere l'intervista per un attimo? Dovrei chiederti una cosa.» Addusse Dinah cautamente, mentre affiancava Camila che era impegnata, per l'ennesima volta, a compulsare i documenti dentro la borsa, accertandosi di avere tutto l'occorrente.

«Mh-Mh, dimmi tutto.» Replicò la cubana, senza nemmeno alzare lo sguardo o interrompere il gesto ansioso di far scorrere l'indice sulle costole dei documenti.

Dinah pensò che quello fosse il momento perfetto; distratta e assente Camila avrebbe anche potuto fornire risposte, senza accorgersene.

«Mi chiedevo..» Esordì Dinah, gesticolando «È vero che hai detto a Matthew che c'è già qualcun altro? E sì, chi?» Sputò frettolosamente, accavallando una parola sull'altra e sorridendo esageratamente per conferire una vaga aria angelica alla sua impertinente curiosità.

Camila alzò di scatto lo sguardo, registrò l'espressione ruffiana della polinesiana e, invece di infervorarsi come era suo solito fare, le scappò una risatina... Probabilmente era l'accumulo di nervoso che condizionava le sue abitudinarie reazioni.

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