Capitolo tredici

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Dinah accavallò le gambe, avvicinò la tazza di alle labbra e sorseggiò il caffè, rigorosamente amaro.

Solevano assumere la dose quotidiana di caffeina allo studio, ma quella mattina Camila avrebbe abbandonato i panni di stoffa pregiata, le comodità dello studio e le riverenze solerti delle segretarie per immergersi in un ambiente completamente differente, remoto dal suo mondo e dalle sue abitudini.

Non era felice di dover indossare una tuta quasi sicuramente malconcia e maleodorante, di doversi relazionare con i clienti senza avere la minima idea di dove fossero disposte le cose richieste, di doversi impantanare nel terriccio... Ma il suo unico scopo era quello di espropriare la impudenza di Lauren, capace di innescare un temperamento inammissibile da parte di Camila che meravigliava anche lei stessa.

«Sei pronta ad addentarti nei meandri di Detroit?» Scherzò con voce spettrale Dinah, creando un contorno tenebroso attorno alle sue parole.

«Prontissima.» Annuì recisa Camila, aggiungendo un cucchiaino di zucchero al suo caffè.

Dinah carpì il tremolio fremere nelle dita della ragazza, la montagnola di zucchero traballare e disperdere qua e là piccoli granuli bianchi, prima di essere intinta nel caffè.

«Vedo.» Mormorò scettica, alzando le sopracciglia in maniera eccentrica per rimarcare la sua perplessità.

Camila respirò profondamente, ingurgitò un sorso di caffè, che le scottò la lingua, poi poggiò la tazzina sul bicchiere e rimase a fissare il residuo macchiato di zucchero, addensato sul fondo della porcellana.

«Sono un po' nervosa... Non ho mai fatto un lavoro così tanto, così.. manuale e pratico, ecco pratico sì.» Confessò timidamente Camila, non volendo essere considerata debole o viziata.

Il fatto era che, appena finito il liceo, aveva iniziato i corsi universitari e subito dopo era stata inserita nel mondo del lavoro, nel mondo di suo padre. Non aveva avuto tempo materiale per trovarsi un lavoro, per impratichirsi in un'attività extra-familiare, per così dire.

Quando aveva pattuito i termini della scommessa con Lauren, aveva bilanciato solo i pro e si era dimenticata di valutare anche i contro, che adesso, così vicini allo scadere, non parevano più così scontati e banali, ma anzi si palesavano in maniera concreta e plausibile, schiacciando duramene i pro. Era stata troppo avventata? Nessuno poteva dirlo se non il tempo.

E a proposito di tempo... Controllò l'orologio e si rese conto che doveva proprio andare, altrimenti sarebbe arrivata in ritardo e data la puntualità della corvina risalente al giorno prima, non poteva concederle questo premio.

Salutò Dinah velocemente, imbracciò la borsetta contenente lo stretto necessario e se ne andò via svelta, lasciando la polinesiana a riflettere in solitudine sul perché quelle due ci tenessero tanto a primeggiare sull'altra. Scosse la testa e lasciò perdere, era troppo presto per risolvere rebus.

Camila venne lasciata davanti al negozio da Richard, il quale non fu contento di doverla scortare nella zona criminalizzata della città, soprattutto mantenendo il segreto con il padre della ragazza, non che suo capo. Ma si sa, le figlie dei principali sono sempre un gradino sopra ad essi.

«È sicura che non devo aspettarla?» Chiese Richard, passando nervosamente una mano sulla visiera lucida del berretto.

«No, prenderò il bus.» Sentenziò Camila, annuendo flebilmente come per convincere anche se stessa di quella audace decisione.

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