26- Se volevi baciarmi bastava dirlo prima

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Avete presente quando iniziate a sorridere senza un perché?
Ecco, successe proprio questo mentre mi dirigevo all'ospedale per andare a trovare mia madre. Forse era a causa della canzone che stavo ascoltando oppure perché sapevo che avrei rivisto mia madre, non lo sapevo con certezza. Sapevo soltanto che mi sentivo bene.
Tyler era seduto accanto a me, guardava fuori dal finestrino. Sicuramente affascinava anche a lui il tramonto. Sentendo i miei occhi puntati su di lui si voltò e sorrise. Mi ricordai subito di quel pomeriggio in cui mi ero lasciata andare. Subito dopo l'abbraccio però ero scappata in camera mia, sapevo che stare un minuto in più in sua compagnia avrebbe solo peggiorato la situazione. Stavo cominciando a provare qualcosa nei suoi confronti, qualcosa che neanche io sapevo definire. Mi serviva del tempo per capirlo.
Michael parcheggiò l'auto proprio davanti all'ospedale. Spense il motore e ci invitò a scendere.
Entrati dentro l'ospedale mi accorsi che c'era poca gente, anche perchè l'orario di visita stava per terminare.
Arrivammo davanti alla porta del reparto dove si trovava mia madre. Michael stava per entrare ma lo bloccai toccandogli la spalla. Dovevo entrare prima io. Avevo un bisogno disperato di vederla.
Entrai nella stanza e vederla sdraiata con gli occhi socchiusi, da sola, mi fece sentire male.
Mi avvicinai al letto e mi sedetti accanto a lei. Toccai la sua mano e un sorriso debole apparve sul suo volto.
<<Jessica...piccola mia!>> esclamò sotto voce.
<<Mamma. Mi sei mancata tanto>> una lacrima rigò il mio viso ma, con il pollice, l'asciugai rapidamente.
<<Anche tu>> mi accarezzò la guancia <<Cosa mi racconti di bello?>>
<<Niente di che in realtà. Tu invece, ti senti meglio?>>
<<Si, molto. Sono contenta che sei venuta>>
<<Era scontato che lo facessi>>
<<Michael e Tyler?>>
<<Sono fuori. Li faccio entrare>>
Mi alzai per andare a chiamare i due. Li trovai a chiaccherare animatamente. Ma appena mi videro smisero di farlo.
<<Venite>>
<<Si>>
Michael subito si fiondò tra le braccia di mia madre. Il loro non era solo amore, ma anche un grande senso di affetto e fiducia. Non avevo mai visto un rapporto cosi tra mia madre e mio padre.
<<Come stai?>>
<<Meglio. Grazie di essere passati>>
<<Non devi ringraziarci>>
Li osservai a lungo mentre chiaccheravano di cose inutili, giusto per passare del tempo.
<<Che hai?>> mi domandò Tyler.
<<Niente>> scrollai le spalle.
<<A me puoi dirlo>>
<<Lo so. Ma non ho niente>> cercai di evitare il suo sguardo cosi penetrante e strano. Mi guardava in modo diverso, come se avesse capito che mentivo <<È solo che non ho mai visto scene cosi dolci tra i miei genitori. Loro hanno sempre e solo discusso, però con Michael è diverso>>
<<E non è positivo per te?>> cercava di non farsi sentire dai nostri genitori.
<<Certo che lo è. Semplicemente non sono abituata>>
<<Lo capisco>>
Annuii. Improvvisamente sentii le braccia di Tyler circondarmi i fianchi. Trasalii a quel contatto. Però non lo allontanai.
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Tornammo in macchina e subito infilai le cuffiette per ascoltare la musica. Purtroppo però il mio momento di pace durò ben poco.
<<Ti ringrazio per aver rovinato questo momento Tyler>> dissi al ragazzo seduto accanto a me, che adesso mi sorrideva. Prese una cuffietta e iniziò ad ascoltare la musica con me.
<<Di niente>> rispose sarcastico. Roteai gli occhi al cielo e guardai fuori dal finestrino. Ma lui non smise di studiare il mio profilo.
<<Potresti smetterla di guardarmi cosi? Sei inquietante>>
<<Io non ti sto guardando>>
<<Si, come no>>
Sbuffai.
<<Ti piacerebbe che ti guardassi?>>
Subito rivolsi tutta la mia attenzione su di lui e le parole appena pronunciate in un sussurro.
<<Come scusa?>>
<<Hai capito benissimo>>
<<In realtà non mi fa differenza se mi guardi o no>> mentii.
Il resto del tragitto lo passammo in silenzio. Per colpa delle sue parole adesso la mia mente era affollata dai pensieri e non avevo neanche la voglia di sentire la musica.
<<Jess, dobbiamo parlare>> disse il ragazzo alla mia sinistra, proprio quando Michael stava parcheggiando.
<<Siamo arrivati>> ci avvisò l'uomo. Scesi dall'auto e, appena entrata in casa, corsi in camera mia. Per mia sfortuna anche qualcun altro lo fece.
<<Tyler sei insopportabile!>> esclamai per poi buttarmi sul letto.
<<Me lo dicono in tanti, ma ti avevo già detto che volevo parlarti>> puntualizzó.
<<Che cosa devi dirmi?>>
<<Perché sei scappata oggi?>>
<<Non sono scappata>> ribattei decisa <<E smettila di fare quella faccia!>> sbottai nervosa, alzandomi in piedi.
Mi stavo alterando senza un motivo logico, visto che lui mi parlava con tranquillità.
O forse ti stai alterando perché ha ragione...
<<Invece si, sei scappata>>
<<Smettila di dirlo perchè non è affatto vero>>
<<Dimmi perché>>
<<Perché ero triste e avevo bisogno di stare sola. Ora sparisci, voglio studiare>> lo spinsi verso la porta.
Ma lui, avendo più forza di me, mi fece sbattere la schiena contro la parete e strinse i miei polsi nelle mani.
<<M-mi fai male...>> allentó la presa ma non mi lasciò comunque andare.
<<Devi smetterla di fare cosi Jess>> disse sempre in un lieve sussurro.
<<Non so di cosa stai parlando>>
<<Parlo del fatto che sembri sempre distaccata da me. Come se non ti fidassi>> era nervoso, lo percepii dal battito violento del suo cuore. Si avvicinò ancora di più, studiando il mio volto, con quello sguardo in grado di farmi sciogliere, così deglutii.
<<Io mi fido di te. È vero, oggi sono scappata, ma solo perché avevo bisogno di stare sola>> Involontariamente il mio sguardo cadde sulle sue labbra. E successe. Lo baciai. Mi lasciò definitivamente andare i polsi e posò le mani sui miei fianchi. Un scarica di brividi invasero tutto il mio corpo e cominciai a baciarlo con più passione. Sorrise sulle mie labbra. Lentamente si staccò da me, ancora con il sorriso, e mi sussurrò all'orecchio.
<<Se volevi baciarmi bastava dirlo prima>> ma io non feci caso alle sue parole e lo baciai di nuovo. Ne sentivo il bisogno.
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Il giorno dopo

Mi svegliai alle 6:30 per colpa dei rumori provenienti dal piano inferiore. Sbuffai sonoramente e mi alzai controvoglia. Tyler e Michael stavano discutendo e la voce di quest'ultimo risuonava per tutta la casa. Proprio come quella di mia madre ogni volta che mi rimproverava. Mi mancavano molto quei momenti solo tra me e lei, belli e brutti. Vivere sole, noi due... la nostalgia di casa mia a Hollywood era frequente in quei giorni. Entrai in bagno e chiusi la porta frettolosamente perché sentire la voce di quei due di prima mattina era come un incubo.
Mi ritrovai pensare al sogno che avevo fatto quella notte: un bacio tra me e Tyler. Il bacio era meno passionale rispetto a quello che ci eravamo dati la sera precedente ma comunque meraviglioso. Lui era meraviglioso.

Dopo essermi lavata e vestita, scesi giù in cucina, anche perché le urla erano terminate. Michael era andato al lavoro. Tyler era seduto sulla sedia della cucina e stava messaggiando con qualcuno al telefono.
<<Buongiorno>> dissi facendo finta che tra di noi, la scorsa sera, non fosse successo niente. Ma non ricevetti alcuna risposta e mi innervosii un pò. Quel cretino meraviglioso continuò a farsi i cavoli suoi al telefono, mentre io sorseggiavo un succo alla frutta e addentavo la meredina al cioccolato. Si alzò dalla sedia, prese lo zaino e uscì di casa. Ebbene si, avevo la conferma che Tyler Johnson era proprio un bastardo.
Appena misi piede nell'ingresso scolastico, Chloe mi venne incontro.
<<Perché non sei venuta ieri?>>
<<Storia lunga amica mia>>
<<Sono tutta a orecchie>> le raccontai tutto quello che avevo combinato lunedì sera ma lei non fece in tempo a rispondere perché la campanella suonò. Entrammo dentro la classe, con tristezza, perché ci aspettavano ben due ore di letteratura.
Durante la prima ora non prestai per niente attenzione. Ero troppo stanca e la professoressa, una signora sulla cinquantina con i capelli tinti di nero e dei grandi occhi azzurri, parlava con tanta lentezza da fare addormentare tutti in classe. L'unica persona arzilla e attenta era Jennifer, ovviamente.
Non riuscivo a capire come Tyler, un ragazzo cosi diverso, potesse sopportarla. Insomma, non era proprio il suo tipo.
Vorresti dire che il suo tipo sei tu?
No, assolutamente. Solo... avrei voluto esserlo.
La campanella suonò proprio in quel momento.
<<Ragazzi, per domani cercate di essere preparati. Vorrei interrogare>>
Uscii dalla classe per andare in bagno, ma qualcuno mi trascinò nello sgabuzzino e senza darmi il tempo di ribellarmi, mi chiuse dentro.
<<Così impari a fare la stronza, Jessica Ross>> quella voce era fin troppo conosciuta. La voce della persona che odiavo di piú al mondo.

Il Mio Amato Fratellastro (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora