53-Sentirsi a casa

11.2K 273 14
                                    

Chiusi con foga lo sportello dell'auto mentre Ethan, prendendo alla lettere il mio ordine, partì a tutta velocità diretto a casa sua. Poggiai amareggiata la testa sul finestrino, ancora delusa e arrabbiata per l'atteggiamento di Tyler. Insomma, come poteva stare dietro a quelle due smorfiose anche quando avevano torto?
<<Che è successo con quei tre?>> Ethan, preso dalla curiosità e vedendomi cosi persa nei miei pensieri, decise di rompere il silenzio.
<<Jennifer e Isabel hanno iniziato ad attaccarmi e Tyler ha dato loro ragione>> strofinai gli occhi con la mano, per poi sbadigliare. La scuola era appena cominciata e già desideravo che terminasse.
<<Certo che quel ragazzo fa tanto il duro ma alla fine dipende da Jennifer eh!>> esclamò battendo la mano sul volante. Svoltò a sinistra, in una piccola stradina costeggiata da ville giganti.
<<Purtroppo si. E io odio le persone che dipendono da qualcuno>>
<<Perciò tu odi Tyler? Non lo amavi un tempo?>>
<<Odio questo suo lato>> precisai. Il mio amico sorrise.
<<Non puoi fare a meno di lui, vero? Non capisco perché non vi mettete insieme. Sembrate Romeo e Giulietta, solo con più possibilitá di fidanzarvi>> scrollò le spalle, non capendo perché ci stavamo complicando così tanto la vita. E aveva fottutamente ragione. Ma, in realtà, c'erano tante cose ancora da sistemare per bene.
<<Ethan non è cosi facile. Insomma, lui sta ancora con Jennifee, abbiamo avuto una discussione da poco e...>> non terminai la frase perché mi resi conto che non potevo dire quello che stavo per confessare.
Non potevo dirgli che a volte provavo delle strane emozioni anche con lui.
<<E?>> mi spronò.
<<E...e niente. Questo>> finsi, cercando di essere il più credibile possibile. Anche se recitare non era stata mai una delle mie più grandi doti. Ethan sembrò comunque crederci. Parcheggiò la macchina di fronte ad una villa fatta esclusivamente di marmo bianco, lucido, quasi nuovo. La casa era a due piani, con un terrazzo che la circondava. Aprii lo sportello con ancora lo sguardo puntano sulla grande casa. Ero veramente incantata. Lo richiusi con lentezza per poi avvicinarmi alla porta d'ingresso.
<<Questa casa è...non ho parole!>>
<<Sono contento che ti piaccia. È stata allestita secondo i gusti di mia madre>> mi informò. Prese le chiavi dalla tasca dei jeans, poi aprì la serratura.
<<Ethan, ben tornato!>> una voce femminile richiamò la mia attenzione e quella del mio amico. Un tonfo mi fece capire che la porta era stata chiusa. Sussultai quando Ethan, prendomi sotto braccio, mi fece avvicinare al soggiorno. Un ampia stanza decorata con vari quadri di famiglia e non, un tavolino di vetro con sopra un vaso di margherite. Il divano di pelle sembrava veramente comodo, le poltrone anche. Il caminetto era accanto alla tv, uno schermo di grandezze indescrivibili. Inoltre una finestra accanto ad un mobile con degli oggetti familiari. La donna seduta sulla poltrona che smaneggiava al computer, teneva le gambe accavallate, gli occhiali appuntati sul naso.
<<Ciao mamma. Ho portato un ospite per pranzo>> il ragazzo accanto a me avanzò verso il tavolino per posare le chiavi di casa e auto. La madre, a sentir pronunciare quelle parole, alzò curiosa lo sguardo. Un lieve sorriso le travolse il viso dai lineamenti sottili.
<<Oh, che bello! Io amo gli ospiti, soprattutto se amici di mio figlio!>> esclamò, balzando in piedi. Posò il computer sul divano, mentre avanzava verso di me <<Io sono Jocelyn, la madre di Ethan>> mi porse la mano che strinsi con entusiasmo <<Non ci siamo già viste?>>
<<È un piacere conoscerla signora, io sono Jessica un'amica di Ethan. Si, sono venuta una volta per cercare suo figlio>> mi presentai, sfoggiando uno dei miei sorrisi migliori.
<<Sei veramente bellissima, sai?>>
<<Grazie, anche lei lo è>>
<<Per favore, dammi del tu. Comunque ti ringrazio per il complimento>> annuii, soddisfatta di non aver fatto figure poco adeguate. Jocelyn poi ci disse che sarebbe andata a preparare la sua specialità. Corse in cucina, lasciando di nuovo me e Ethan da soli.
<<Tua madre è dolcissima>>
<<Quando vuole sa esserlo sì. Vieni, ti faccio vedere la mia stanza>> si avvicinò a me, mettendo poi il braccio intorno al mio collo. Andammo al piano superiore e rimasi ancora più meravigliata nel vedere come la casa fosse decorata con estrema cura e precisione. Poi, in fondo al corridoio, c'era la stanza del mio amico. La porta era di un azzurro scolorito, decorata con una foto di lui da bambino. Avrà avuto cinque o sei anni. Quando la porta venne aperta mi accorsi di tutti i disegni appesi alla parete accanto al letto.
<<Sono fatti da te?>> osai domandare, mentre mi avvicinavo alla parete in questione.
<<Si. La mia passione è il disegno. Anche alle elementari invece di uscire in cortile per giocare a calcio rimanevo in classe, con la bidella che mi sorvegliava, a disegnare>> mi raccontò, posando poi lo zaino a terra.
<<Non sapevo di questo tuo lato. Perché non me ne hai parlato mai?>> mi girai verso di lui, con una mano ancora sospesa in aria perché stavo per toccare un foglio. La maggior parte dei disegni erano dedicati a paesaggi, tramonti, fiori di ogni specie. Ma regnavano anche tanti ritratti fatti con cura. Quasi fossero di un vero artista.
<<Preferisco tenerlo nascosto. Sei la prima persona, perlopiù femmina, che entra nella mia tana e osserva le mie opere, se cosi si possono definire>> ammise. Annuii semplicemente.
<<Ti piacciono?>> mi domandò poco dopo, mettendo le mani in tasca.
<<Se mi piacciono? Scherzi? Sono meravigliosi!>> esclamai <<Hai un album dedicato ai disegni che fai?>> ero veramente curiosa di vedere tutto il talento del mio carissimo amico. Non avevo mai visto niente di cosi bello prima d'ora <<O sono solo questi?>>
<<No, ho un album. Ho appeso alla parete solo quelli che reputavo più belli. E poi mia madre dice che devo far vedere alla gente quello che so fare>>
<<Tua madre ha perfettamente ragione, sai? Insomma, sei un artista Ethan>>
<<Non esagerare>> vidi le sue guance tingersi leggermente di rosso <<Ma grazie per il complimento>>
<<Non devi ringraziarmi, te lo meriti. Posso vedere tutti gli altri?>> domandai quasi in una preghiera.
<<No, meglio di no>> si affrettò a rispondere, preso dal panico.
<<Perché no?>>
<<Perché non sono granchè>> scrollò le spalle, tornando sereno come poco prima.
<<Ma dai, non dire sciocchezze. Anche se non ti piace vantarti, potresti anche ammettere di essere molto bravo>>
<<Veramente Jess, è meglio di no>> insistette.
<<Come vuoi, ma rimango comunque curiosa. Un giorno me li farai vedere, okay?>> punta il dito indice contro di lui e feci apparire un sorriso malizioso sul volto. La sua risposta doveva essere un sì.
<<D'accordo, se proprio ci tieni>>
Alcuni minuti dopo la porta venne di colpo spalancata da Jocelyn che con un grembiule rosso legato al collo e le mani ancora sporche, ci disse che il pranzo era pronto. Scesi di fretta e furia le scale, perché ero elettrizzata nel scoprire il suo modo di cucinare. Io amavo la cucina, soprattutto i programmi in tv. Quando ancora abitavo a Hollywood, passavo la maggior parte dei pomeriggi a godermi quei reality show che tanto adoravo.
<<Spero vivamente che il pranzo ti piaccia, cara>> la tavola era stracolma di cose da mangiare, così mi fiondai su una sedia e riempii il piatto di tutti i cibi possibili. Ethan fece la stessa identica cosa.
<<Allora Jessica, parlami un pó di te. Sei nata qui a New York?>> Jocelyn tagliava la carne con così tanta raffinatezza da far invidia a chiunque. Teneva lo sguardo basso, attenta a non tagliarsi con il coltello.
<<No, sono nata a Hollywood. Mi sono trasferita qui perché mia madre, anni dopo essersi separata, ha incontrato un altro uomo>> raccontai.
<<Oh, ma che cosa meravigliosa! Sono contenta per tua madre. Trovare una nuova fiamma non è mai facile, ma lei è stata fortunata>> sorrise <<E di che cosa si occupa tua madre? Se posso saperlo, ovvio>>
<<Lavora come segretaria del suo nuovo fidanzato>>
<<Capisco. Ti trovi bene qui, in questa enorme città che tutti sognano di visitare?>> bevve un sorso di vino dal bicchiere a calice che teneva accanto al piatto. Poi lo riposò sul tavolo con cautela.
<<Mamma, sembri un membro del' FBI con tutte queste domande!>> esclamò Ethan, facendo ricadere rumorosamente la forchetta sul piatto ancora pieno di cibo.
<<Ethan tranquillo, non mi da fastidio. Comunque ammetto che New York è veramente bellissima e io per prima volevo visitarla. Ma ora che abito qui, che sento la mancanza della mia vecchia casa, vorrei andare via>>
<<So come ci si sente. Anche io all'età di quattordici anni mi sono trasferita. Non è stato per niente facile, soprattutto per una come me, timida e riservata. A scuola tutti mi prendevano in giro perché non avevo il loro stesso accento e facevo ridere. Alcune ragazze, però, mi invidiavano. Dicevano che avevo dei lineamenti molto particolari, essendo irlandese. Così, forse perché mi reputavano bella quanto o forse più di loro, hanno iniziato a bullizarmi. Fin quando, dopo un anno di tristezza, decisi di mettere fine a quello che per loro era puro divertimento. Ne parlai a casa e con la preside, cosi quelle tre arpie vennero espulse. Ricordo ancora i loro nomi>> la storia della vita di Jocelyn mi colpì, perché la raccontava con tanta fermezza ma anche con un filo di delusione.
<<Wow! Mamma queste cose non le sapevo neanch'io>> si lamentò Ethan, colpito quanto me da quella storia.
<<Jocelyn, la tua storia è commovente, sul serio>>
<<Quello che volevo farti capire è che inizialmente tutto ci sembra brutto e noioso. Ma, vedrai, le cose cambieranno anche per te>>
<<Lo spero>> sussurrai <<Cambiando discorso, tu di cosa ti occupi?>>
<<Io lavoro con mio marito in un negozio di abiti, al centro>>
<<Davvero? Allora qualche volta verrò a trovarti>>
<<Sai che piacere mi farebbe!>> esclamò, entusiasta nel sapere che sarei passata volentieri da lei.
<<Potreste fare un discorso che includa anche me, per favore>> si intromise Ethan, facendomi sorridere. La madre, però, non ascoltò la sua richiesta e si rivolse nuovamente a me.
<<La tua situazione sentimentale, invece come va?>>
<<Ma che razza di domande sono mamma?!>> questa volta il mio amico si fece sentire. Sbottò, sbattendo il bicchiere sul tavolo. In effetti era una domanda imbarazzante.
<<Sono stata troppo diretta? O forse scortese?>> si pentì immediatamente delle parole pronunciate.
<<No, no, non ci sono problemi. Anche perché non c'è granché da dire>>
<<Come fa una ragazza bella come te a non avere un corteggiatore?>> chiese incredula la donna seduta di fronte a me. Scrollai le spalle volendo evitare l'argomento. Non potevo certo raccontare tutta la storia di me e Tyler. Dopo dieci minuti il pranzo terminò e Jocelyn andò a lavoro. Ethan, intanto, mi invitò ad andare nuovamente in camera sua. Appena entrati, però, il mio cellulare squillò. Notai che a chiamarmi era mia madre.
<<Pronto?>>
<<Tesoro, devi tornare a casa. Ora!>>
<<E perché? Mamma, sono a casa di un mio amico>>
<<Jessica è importante>> poi chiuse la chiamata.
<<Che succede?>> mi domandò perplesso Ethan.
<<Dobbiamo tornare a casa>>

Il Mio Amato Fratellastro (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora