60-Sei la mia ancora

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<<Piccola mia!>> mamma scese dalla macchina, parcheggiata davanti casa. Io ero ancora seduta fuori in giardino, a gambe incrociate, e guardavo il cielo. Non sapevo da quante ora ero lì fuori. Ma era tanto, forse troppo tempo per una bambina così piccola. Mamma mi prese in braccio, riempendomi la guancia di baci. Ma io non riuscivo a muovermi, forse per il freddo o per lo spavento di restare sola, fuori casa, per sempre.
<<Ti stai ghiacciando, entriamo dentro>> la casa era caldissima, infatti mi sentii subito a mio agio. Mi sdraiai sul divano, avvolta in una coperta. Mia madre mi porse i biscotti che aveva fatto per il dopo pranzo, quelli che avrebbe dovuto darmi mio padre, perché lei era al lavoro. Una lacrima solitaria scese sul mio volto, fino al collo.
<<Amore mio perché piangi?>> chiese preoccupata <<Papà ti ha fatto del male?>> scossi la testa.
<<Perché sei sola a casa? Appena torna...>>
<<N-non...>>
<<Cosa amore? Parla, ti prego!>>
<<N-non voglio sentirvi urlare>> ammisi. Altre lacrime bagnarono il mio viso diventato pallido.
<<Ha detto che stasera torna>> dissi <<è andato con una ragazza...lui mi ha detto che è una collega di lavoro>>
<<Una ragazza?>>
<<Si, aveva tante borse nei sedili dietro>> scrollai le spalle <<anche una valigia>> anche mamma iniziò a piangere.
<<Mamma, stai tranquilla. Ha detto che torna>>
<<No, tesoro mio. Papà se ne è andato, ci ha lasciate sole. Non torna più...>>

Mi svegliai di colpo, il pigiama appiccicato al corpo per via del sudore. Mi alzai di scatto dal letto e corsi ad aprire la finestra, mi stava mancando l'aria. Non riuscivo a smettere di respirare affannosamente. Inoltre non mi ero accorta delle lacrime che bagnavano il mio volto, come nel sogno.
Questi incubi non mi avevano mai abbandonata, perciò quasi tutte le notti dormivo male. Per un periodo avevo smesso di farli, ma da quando mio padre ci aveva fatto visita a New York  erano tornati. Come se non si fossero ancora stancati di farmi soffrire. Durante il tragitto in macchina per andare via da casa di Jenna, mi era venuta in mente l'immagine di mio padre, senza un motivo. I suoi occhi che mi scrutavano, un sorriso perfido in volto, quello che mi regalava sempre quando ero piccola. E come dimenticare le sue mani che invece di accarezzarmi mi facevano del male. Sentivo un grande vuoto nel petto e l'unico modo per eliminarlo era dormire e non pensarci più. Ma sapevo che non ci sarei riuscita.
<<Ci ha lasciate sole>>
Le parole di mia madre mi tornarono in mente, rattristandomi sempre di più. Le lacrime tornarono e il vuoto si intesificó. No, non riuscivo a sopportarlo. Presi il telefono dal comodino, lo accesi e cercai il nome dell'unica persona che avrebbe potuto aiutarmi  Non rispose. Provai perciò a lasciargli un messaggio. Sicuramente stava dormendo, essendo le tre di notte, ma tentai lo stesso. Tornai a guardare il cielo, privo di stelle, fin quando non sentii una vibrazione. Aveva risposto!
Sto venendo
Sorrisi. Mi sedetti sul letto, provai a chiudere gli occhi, ma le immagini di quel sogno si rifecero vive. E se questa volta non ce l'avrei fatta? Piangere era l'unica cosa che mi rimaneva da fare, cosi mi abbandonai a me stessa, tra lacrime e singhiozzi, la faccia immersa nel cuscino. Non provavo alcuna emozione in quel momento, solo un grande e indescrivibile senso di vuoto. A tratti mi mancava il respiro, sentivo come se un macigno si fosse posato sul mio petto, come se non riuscissi più a proferire parola, ad urlare. Tutto era bloccato in gola, una sensazione orrenda. Come se mi stesse per venire un attacco di panico. Il cellulare vibrò un'altra volta così mi affrettai a prenderlo.
Vieni ad aprire la porta di casa
Scesi lentamente le scale, cercando di smettere di piangere e soprattutto di singhiozzare. Arrivata al piano inferiore, aprii la porta. Trovai Ethan con una felpa grigia e dei pantaloni della tuta blu, le braccia incrociate al petto e il volto preoccupato.
<<Ethan>> sussurrai il suo nome e mi fiondai tra le sue braccia, tornando finalmente a respirare.
<<Ehi! Non piangere Jess>> mi accarezzava i capelli con delicatezza, ricambiando il mio abbraccio in una stretta decisa. Dopo essermi staccata da lui lo guardai negli occhi, invitandolo ad entrare dentro casa. Arrivati nella mia stanza, si fiondò sul mio letto, indicandomi il posto vuoto accanto a lui. Lo occupai subito.
<<Allora, che ti è successo?>> sistemò una ciocca dei miei capelli disordinati dietro l'orecchio, per poi passare ad accarezzare la guancia. Era sempre bello stare con lui, il tocco della sua mano mi fece sentire veramente a casa. E i suoi occhi trasmettevano una dolcezza disarmante.
<<Ecco...ho fatto un incubo, riguardo mio padre>> gli raccontai in breve il mio sogno e lui ascoltava con attenzione, senza mai distogliere lo sguardo dai miei occhi. Gli dissi anche cosa avevo provato appena svegliata e lui cercò di tranquillizzarmi.
<<Mi dispiace Jess>>
<<È dispiaciuto anche a me stare così male. Ti ringrazio per essere venuto, anche se è molto tardi. Tua madre ti ha sentito uscire?>>
<<No, per fortuna>>
<<Vuoi dormire da me stanotte?>> chiesi, sperando in un si.
<<Ci sono problemi per te?>>
<<Assolutamente no>> scossi la testa e lui accettò. Parlammo per altri dieci minuti del più e del meno, fin quando non sentii le palpebre farsi pesanti.
<<Direi che sia ora di andare a dormire>> dissi sbadigliando. Mi infilai sotto le coperte, mentre Ethan si alzava. Si sfilò la felpa, mettendo in mostra il suo fisico perfetto. Non riuscivo a distogliere lo sguardo, anche se dovevo farlo. Deglutii rumorosamente, lui lo notò e sorrise. Spostai lo sguardo su una fasciatura che ricopriva la spalla destra.
<<Che ti è successo lì? Perché hai una benda?>> chiesi preoccupata.
<<Tranquilla, non mi sono fatto male. È un tatuaggio>>
<<Aspetta...cosa? Quando l'hai fatto?>> non mi aveva mai parlato della sua voglia di farsi un tatuaggio.
<<L'altro ieri. È un áncora>> si sdraió accanto a me, coprendosi fino alle spalle. Lo guardai con aria interrogativa.
<<L'ancora ha un significato estremamente profondo per me. Significa che tutti noi dobbiamo avere la forza di salvarci da soli, sempre. Ma dobbiamo avere anche il coraggio di chiedere aiuto, quando serve>> fece una pausa <<E rappresenta anche le persone in grado di aiutarti. Come te. Mi hai salvato Jess>> mi fissò intensamente <<Tu sei la mia áncora>> sorrisi, colpita da ciò che aveva appena rivelato. E mi addormentai proprio grazie a quelle parole che non mi erano mai state dette.
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Il mattino seguente mi svegliai per colpa del sole che penetrava nella stanza. Mi girai al lato opposto del letto, per cercare di dormire tranquillamente. Improvvisamente ricordai tutto ciò che era successo quella notte, delle lacrime che avevo versato, del grande senso di vuoto e di...Ethan. Cercai a tastoni il ragazzo dall'altra parte del letto, ma non c'era nessuno. Mi alzai, curiosa di sapere se fosse andato via, ma notai la sua felpa posata sulla sedia della scrivania. Sospirai sollevata e andai verso la porta. Proprio mentre stavo per posare la mano sulla maniglia, questa si aprì. Ethan spalancò gli occhi, preso alla sprovvista.
<<Ma dove cazzo eri?!>> sbraitai a bassa voce, spingendolo dentro la stanza. Chiusi la porta con poca delicatezza.
<<Se impazzito! E se qualcuno ti avesse visto?>>
<<Scusami se volevo evitare di fare la pipì sul letto>> ironizzò <<E poi che problema ci sarebbe stato se mi avessero visto?>> chiese, incrociando le braccia al petto. Drizzò le spalle e al contempo i muscoli. Ma che mi stava succedendo? Lo fissai intensamente.
<<Giri mezzo nudo per casa, cosa dovrebbero pensare?>>
<<Che avevo caldo?>> disse con tono ovvio. Scossi la testa. Andai verso la scrivania per riordinare i libri che avevo gettato venerdi pomeriggio. Il quaderno di tedesco non riuscivo addirittura a trovarlo.
<<Non intendevo quello, lo sai>> sentivo il suo sguardo pesare su di me. Non sapevo perché, ma adoravo il suo modo di guardarmi o rapportarsi con me. Trattenne una risata.
<<Jessica stai dicendo che, se mi avessero visto, avrebbero pensato che abbiamo fatto sesso?>> ammiccò.
<<Non volevo essere cosi diretta ma...si, intendevo quello>> mi girai verso di lui, posando i palmi delle mani sulla scrivania.
<<Attenzione!>> esclamò, facendo un gesto teatrale <<Jessica Ross è una pervertita!>> urlò. Mi avvicinai a lui con rapiditá, tappandogli la bocca. Perché cavolo urlava?
<<Ma cosa ti dice il cervello?>> sussurrai arrabbiata <<Ah giusto, non ce l'hai, quindi non ti dice niente>> iniziai a ridere, anche se la mia era una battuta davvero squallida.
<<Sempre molto simpatica, Ross>> disse, allontanando la mia mano dal suo viso. Iniziammo a ridere insieme, fin quando la porta non si spalancò. Tyler, assonnato più che mai, fece irruzione nella camera.
<<Che cosa sta succedendo qui?>> lo guardai spalancando gli occhi e stessa cosa fece Ethan.
<<Emh...ciao Tyler>> lo salutò impacciato il mio amico. Il ragazzo continuava a spostare lo sguardo da me a Ethan.
<<Tyler non è come pensi>> dissi subito, scuotendo la testa e le mani <<ieri sera mi sono sentita poco bene, volevo parlare con qualcuno e ho chiamato Ethan. Essendo tardi ha dormito qui>> giustificai la situazione e sembrò crederci. Anche perché non avevo motivo per mentire. Mi accorsi solo in quel momento che anche Tyler era a torso nudo. Mi sentivo terribilmente in imbarazzo a stare con due ragazzi in quelle condizioni. Forse mi stava venendo il ciclo, perché ero troppo strana.
<<Posso stare tranquillo quindi?>> chiese Tyler.
<<Certo. Non abbiamo fatto niente>> lo rassicurò il mio amico. Tyler annuì e ci invitò a fare colazione con lui. Scesi al piano di sotto insieme a Ethan che stava indossando la maglietta della sera precedente.
<<Cosa vuoi mangiare?>> domandai rivolta a lui, che si accomodò su una sedia.
<<Va bene tutto, tranquilla>> aprii il frigorifero, che però non conteneva tante cose. Dovevo assolutamente fare la spesa. Oggi sia Michael che mia madre non ci sarebbero stati, quindi avremmo dovuto fare tutto noi. A me non annoiava fare la spesa, anzi mi piaceva scegliere ciò che più adoravo mangiare. Era rimasto un pò di succo alla pesca, così lo tirai fuori e lo posai sul tavolo. Per me presi uno yougurt, anche perché non avevo molta fame. Non potevo credere che non ci fosse niente da mangiare, soprattutto in presenza di un ospite.
<<Jess non andare nel panico. Mi vanno bene latte e cereali>>
<<No, non va bene!>> oddio, forse avevo veramente il ciclo. Troppo nervosa e pervertita per i miei gusti.
<<Però che cazzo, rompi anche di prima mattina!>> si intromise Tyler, ridendo. Anche Ethan iniziò a ridere e io mi innervosii ulteriormente.
<<Le vostre risate mi stanno dando sui nervi, quindi state zitti!>> chiusi con forza lo sportello del frigo, presi i bicchieri dal mobile e ne diedi uno a Ethan e l'altro a Tyler che, nel frattempo, si era accomodato accanto al mio amico. Versai un pò di succo ad entrambi. Poi mangiai il mio yougurt.
<<È stata organizzata una festa a casa di Justin, venerdi sera>> ci informò Tyler. Ma quante feste facevano? Ogni giorno praticamente <<Volete venire anche voi?>> io e Ethan ci guardammo.
<<Certo che veniamo>> rispose Ethan, emozionato.
<<Perfetto>> Tyler sorrise e bevve un sorso di succo. Poi si alzò per andare a lavare entrambi i bicchieri usati e infine andò a farsi una doccia. Mi meraviglia della sua tranquillità anche in presenza di Ethan e soprattutto non si era ingelosito, quindi stava iniziando a fidarsi di più di me.
Ethan posò gli avambracci sul tavolo, sporgendosi verso me.
<<Non volevi andare alla festa?>>
<<No no, per me va bene>> confermai.
<<Sei sicura?>> insistette
<<Si, stai tranquillo>> annuì. Mi alzai dalla sedia per buttare lo yougurt e lavare il cucchiaino usato. Poi mi recai in camera insieme a Ethan per guardare qualcosa su netflix.
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SPAZIO AUTRICE
Mi scuso per averci messi tanto a pubblicare,ma non avevo molte idee. D'ora in poi ho deciso di pubblicare solo qundo posso,perché non sempre il sabato e martedi sono disponibile.
Un bacio💖🎵

Il Mio Amato Fratellastro (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora