36- Che le vacanze abbiano inizio

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Mi svegliai molto tardi quella mattina. Le vacanze erano iniziate, finalmente, perciò potevo dormire quanto volevo. Con molta lentezza e con le palpebre non del tutto aperte, allungai la mano verso il comodino, per prendere il mio cellulare tenuto in carica tutta la notte. Mi accorsi di avere un messaggio da parte di Ethan.

Ethan:
Buongiorno principessa, ti va di pranzare con me, oggi? Fammi sapere...a dopo:)

Ci pensai su qualche minuto, fin quando non decisi di accettare il suo invito. Successivamente mi alzai per andare a fare colazione. In casa non c'era nessuno perché Tyler era uscito, mentre mia madre e Michael lavoravano ancora. Scaldai il latte e iniziai a fare colazione.
Le undici e trenta arrivarono presto, così, considerando che Ethan sarebbe venuto a prendermi verso  mezzogiorno e mezza, decisi di andare a scegliere i vestiti. Optai per una felpa pesante nera, perché faceva molto freddo, e dei jeans. Mi truccai e lavai, così dopo poco tempo fui pronta. Sentii la porta di casa aprirsi. Scesi giù per vedere di chi si trattasse e vidi Tyler con...Jennifer.
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Tyler pov's
Mi svegliai molto presto quella mattina, così decisi di vestirmi con la prima cosa che trovai nell'armadio per poi uscire un pò. Mi ritrovai a pensare a quando io e Logan, a soli dieci anni, scendavamo per le strade a giocare con la neve, a divertirci. Io e lui eravamo sempre stati molto amici, non avevamo mai litigato pesantemente e sapevamo di poter contare l'uno sull'altro. Successivamente avevamo conosciuto Zac, un ragazzo simpatico. Eravamo subito entrati in sintonia, tutti e tre diventammo inseparabili. In primo superiore incontrammo Justin. Lui era molto diverso, si cacciava nei guai e, visto che anche io ero diventato molto ribelle e amavo divertirmi, diventammo molto amici. Mi mancava quel rapporto così intenso con loro. Camminai così tanto e veloce che arrivai di fronte casa di Chloe Smith. Lei l'avevo conosciuta in primo superiore, visto che eravamo in classe insieme.
Era una ragazza molto timida, insicura. Sapevo di essergli sempre piaciuto ma, nonostante fosse carina, non era mai stata ricambiata.
Ora stava con Justin ma non sapevo quanto sarebbe potuta durare la loro relazione.
La porta della sua casa si aprì e ne uscì proprio lei, con i capelli legati in una coda alta.
<<Tyler? Che ci fai tu qui?>>
<<Camminavo>>
<<Capisco. Come stai?>>
<<Bene, grazie. Tu?>>
<<Oh bene, sai stavo andando da Justin>>
<<Siete una bella coppia>>
<<Lo penso anche io>> sorrise, poi ci salutammo. Il mio telefono prese a squillare. Era Jennifer.
<<Pronto Jen?>>
<<Ty>> mi chiamò con voce tremante, così capii subito che stava piangendo <<Puoi venire a prendermi?>> 
<<Perchè piangi? Dove sei?>> appena pronunciai quelle parole sentii una sedia sbattere e una voce virile urlare contro qualcuno. Erano i suoi genitori che, per l'ennesima volta, discutevano come pazzi <<Okay, ho capito. Sto arrivando>> 
Corsi fino a casa sua che per fortuna distava pochi chilometri dal luogo in cui mi trovavo. Mi piegai sulle ginocchia, avendo il fiatone, però non persi tempo e suonai il campanello tre volte consecutive. Venne ad aprirmi il fratellino di Jennifer, di soli dodici anni, con le lacrime agli occhi.
<<Ciao piccolino>> gli scompigliai i capelli neri come quelli della sorella, facendolo sorridere.
<<Ciao Tyler. Jennifer dice che ci porti via>> 
<<E' così>> 
<<Vado a prendere i libri per studiare>> 
Mi fece entrare in casa, quindi chiusi la porta, ma le urla non cessavano. Non capivo per cosa stessero litigando, ma si urlava contro cose che i propri figli non dovrebbero sentire, insultandosi nel peggiore dei modi. Pur essendo abituato a tali discussioni, perchè ogni volta che venivo a trovare Jennifer ce ne era una, mi sentii un tantino in imbarazzo. Loro per fortuna non potevano vedermi, si trovavano in cucina con la porta chiusa. Vidi Jennifer raggiungermi tenendo in mano un paio di libri scolastici per il fratello. Mi sorrise, sollevata nel vedermi correrle in aiuto. Appena fummo vicini la strinsi in un caloroso abbraccio, per infonderle sicurezza, poi lei mi baciò come se fosse l'unica cosa che potesse farla sentire bene. Ce ne andammo senza neanche avvisare i genitori, che tanto se ne sarebbero fregati. 
<<E l'auto?>> mi chiese una volta fuori. Aveva gli occhi davvero rossi per le lacrime versate. 
<<In realtà sono venuto a piedi>>
<<Va bene, nessun problema>> cominciammo a camminare in silenzio. Teneva la testa bassa, e il suo respiro era affannato, percepivo a metri di distanza la sua preoccupazione. Le circondai le spalle con un bracccio, attirandola nella mia direzione. Il fratello si guardava intorno come se noi non ci fossimo. 
<<Perchè hanno litigato sta volta?>> domandai, guardandola di sottecchi. Prese un respiro profondo. 
<<Non lo so nemmeno in realtà. Mi sono semplicemente svegliata con le loro urla e i soliti insulti. Sono insensibili e se ne fregano della nostra presenza>> la voce le tremò di nuovo, ricordare quei momenti le faceva male. 
<<E poi dicono sempre che li deludiamo>> si intromise il fratello, senza smettere di guardarsi attorno. Jennifer gli prese la mano, sussurrandogli parole dolci. Teneva molto a lui e cercava di proteggerlo sempre.
<<Per favore Ty, possiamo portarlo dai nonni?>>
<<Certamente>> 
Dopo averlo accompagnato dai nonni decidemmo di fermarci in un bar. Ordinammo due caffè, essendo ancora le undici e trenta, e ci accomodammo in un tavolo accanto alla vetrata. 
<<Allora, ti sei ripresa un pò?>>
<<Si. Ti ringrazio ancora per essere venuto Ty. Senza di te non so come avrei fatto>>
<<Jen, non devi affatto ringraziarmi>> le sorrisi. Nonosante Jessica mi piacesse molto di più, a lei ci tenevo e mi faceva davvero piacere aiutarla in queste situazioni. E poi la sua disastrosa famiglia era anche uno dei motivi per cui non avevo il coraggio di lasciarla: non volevo farla soffrire di più e farla sentire sola. Quando alzai lo sguardo dalla tazzina di caffè mi accorsi che mi stava fissando con desiderio. Sapevo dove voleva spingersi così, quando, senza dare nell'occhio, mi condusse nel bagno del bar non opposi resistenza. In fondo stavamo insieme e lei aveva bisogno di distrarsi. 
Ci chiudemmo dentro. Lo spazio era poco, ma per fortuna pulito. Le feci poggiare la schiena contro il muro. Le sfilai delicatamente la maglietta, lasciando scoperta la sua quarta di seno, coperta da un reggiseno di pizzo nero. Le diedi un casto bacio sulle labbra, poi scesi piano piano fino ad arrivare al collo, al seno stesso, alla pancia, giungendo ai jeans. Glieli sfilai con un colpo secco. Quando cominciò a baciarmi di nuovo però, mi resi conto di non volerlo fare. Lì, in quel momento. Non riuscii a trovare una spiegazione logica a ciò, eppure era quello che sentivo. Mi allontanai, lasciandola spiazzata.
<<Che hai?>>
<<Jen, non mi va di fare sesso qui>>
<<E perchè? Non ti piaccio più?>>
<<Non sei tu il problema, assolutamente. Vorrei solo... farlo in un posto migliore. L'atmosfera di qua non mi piace>>
<<Ah. Va bene>>
Dopo un momento di imbarazzo tornammo a casa mia.
<<Che ci fa lei qui?>> fummo accolti con questa domanda, da parte di Jessica. 

Il Mio Amato Fratellastro (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora