Capitolo 1

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Federica:
Ed eccomi qua,da quella famosa data ne è passato di tempo,sono passati esattamente quasi due anni e da quel giorno la mia vita non è più la stessa. Ed eccola qua anche mia madre che come ogni anno mattina con tutta la sua delicatezza viene a svegliarmi per aiutarmi ad alzarmi da questo letto.
Mamma M:"buongiorno piccola,come va oggi?"
Federica:"come dovrebbe andare mamma,va come sempre." Mi dispiaceva essere sempre così sgarbata e così acida ma col passere del tempo il mio carattere era diventato questo,ero sempre incazzata nera,tutti dicevano che sembrava che io c'è l'avessi con il mondo,ma era proprio così,la vita mi odiava e io odiavo lei. Mi sembra una cosa equa no?!
Mamma M: "tesoro,scusami lo so che non stai bene ma cerca di darti su d'animo." Ed eccola mia madre che cerca di rincuorarmi e lo apprezzavo ma ero testarda e neanche una persona importante come mia madre poteva confortarmi,anche perché non esisteva alcuna cosa che poteva farlo.
Sospirai e mi sollevai con il busto dal letto,questo era il massimo che potevo fare,dopodiché mia madre si avvicinò e mi sollevo come una bambina mettendomi su quella sedia che da due anni a questa o parte era la mia più grande condanna.
Ebbene sì sono bloccata qui su,le mie gambe non rispondono ai miei comandi. Odio questa cosa,odio dover dipendere sempre da mia madre o da qualcuno ma non posso farci nulla se non accettare tutto questo ma non era una cosa che ero ancora riuscita a fare. Mi ero rifiutata di fare fisioterapia,era una grossa perdita di tempo,sapevo che le mie gambe non sarebbero mai tornate a funzionare. Non percepisco neanche il minimo tocco su di esse e come se loro non ci fossero,e come se il mio corpo si fermasse al bacino e non è di certo la sensazione migliore del mondo.

POV Riccardo:
Mi svegliai come mio solito verso le 10:00 del mattino,la mia routine ormai era sempre la stessa,sveglia a quest'ora,colazione veloce,indossavo i miei abiti da calcio e correvo su in macchina per andare ad allenarmi. Mi allenavo nella scuola calcio del Milan e questa era la mia più grande soddisfazione anche perché ero ad un passo dal giocare nella prima squadra e questo per me era il sogno di una vita. Mi alzo dal letto scostando le coperte e mi dirigo verso la porta della camera aprendola e uscendo fuori e non c'era buongiorno migliore di quello di imbattermi in mio padre.
Papà S: "Buongiorno figliolo,oggi che fai,vai a correre nuovamente dietro una palla inutilmente?" Lo ignorai e passai dritto serrando la mascella e feci come un fulmine,mi preparai e uscì fuori di casa.
Ormai la scuola calcio era diventata la mia casa,li avevo Andreas,il mio migliore amico,l'unica persona di cui mi fidavo ciecamente ma andavo d'accordo con tutti i miei compagni di squadra,anche se non davo mai troppa importanza a loro,sono una persona abbastanza schiva e particolare. La gente che lavorava la era tutta brava gente,in particolare Maria,una signora sulla quarantina che cucinava sempre per noi. Sapevo che aveva due figlie e del marito non è ho mai saputo niente,delle due figlie invece né conoscevo una,Arianna,dell'altra non è ho mai neanche sentito parlare.
Il cellulare prese a squillare mentre guidavo e gli gettai un occhiata,tanto sapevo che era andreas che mi aspettava fuori dalla scuola calcio come ogni mattina e per ciò mi spuntò un piccolo sorriso. Presi il cellulare e risposi
Riccardo: "buongiorno fratello"
Andreas:"ehi riccà muoviti che abbiamo allenamento presto,il mister è già qui."
Riccardo:"cinque minuti e ci sono,a dopo fra che sto guidando." Dissi ciò e chiusi la chiamata ridendo appena e accelerai per raggiungere la scuola calcio.

Come le ali smarrite di una farfallaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora