VII

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Mentre tornavamo a casa, mio padre non fece altro che lanciarmi strane occhiate, lo stesso mio fratello. Non chiesero nulla, ma si limitavano a smorfie.

Osservavo la rosa e poi il braccialetto e mi chiesi come potesse il tutto coincidere con un sogno. Non riuscivo a capire cosa fosse finto e cosa fosse vero, avevo paura di addormentarmi, poiché non sapevo cosa mi sarebbe successo. L'idea di vederlo e di chiedergli della rosa era tanta, ma avevo paura che accadesse qualcosa nel sogno. Non potevo sapere se il tutto si riflettesse nella vita reale e il braccialetto era la dimostrazione che c'era qualcosa che non andava.

Per un attimo chiusi gli occhi, colpita da una piccola fitta alla tempia, ma li riaprì subito dopo; avevo proprio bisogno di dormire.

«Padre, quando torniamo a casa, ho dei compiti da svolgere?», chiesi.

«Perché? Vuoi incontrare qualcuno?»

Dalle sue parole capii si riferisse al ragazzo della rosa, se solo sapesse che il ragazzo dei miei sogni era concretamente in essi e probabilmente non esisteva in realtà, ma bloccai quel pensiero; tutto si riportava sempre alla solita domanda: esiste?

Potevo sembrare una sciocca per chiedermi qualcosa del genere, ma la situazione mi turbava parecchio. «Assolutamente no, non so chi mi abbia mandato la rosa, volevo solo riposare.»

«Ultimamente sei sempre stanca, che fai la notte?», attaccò mio fratello.

«Dormo, cosa dovrei fare?»

«Uscire di nascosto, forse?»

Sgranai gli occhi, «Harry stai scherzando? Mi conoscete tutti e due bene, non farei mai nulla del genere.»

«Hai ragione figlia mia, scusaci, ma siamo sorpresi da questo regalo», borbottò mio padre.

Arrivammo a casa poco dopo, mia madre e mia sorella avevano già svolto tutti i lavori ed ebbi il consenso di riposare un po'. Mi sdraiai sul letto e chiusi gli occhi.

Non riuscii a prendere sonno, mi giravo e rigiravo nel letto e per un attimo ebbi l'idea di alzarmi, ma la repressi; finalmente avevo avuto il permesso di non fare nulla e non lo avrei sprecato.

Rimasi a letto ad osservare le tegole del soffitto, desideravo tanto ascoltare una dolce melodia che accompagnasse il mio sogno; peccato che non avessi a disposizione un carillon. Chiusi gli occhi, quando riuscii ad udire una melodia. Era molto lontana, ma più passavano i secondi più la melodia si avvicinava.

Quando li riaprì non ero più a casa, ero dinanzi ad un maestoso castello. Era semplicemente bellissimo: composto da mattoni bianchi con tetti triangolari a mattoni rossi. Vi erano enormi vetrate ai piani superiori e, se mi sporgevo, poteve vedere un piccolo lago che faceva da confine con il castello.

Era letteralmente il castello dei miei sogni, avevo sempre desiderato residenziale in quella meraviglia. Decisi di entrare, senza curarmi di niente e di nessuno. Camminai sul pontile di legno e, quando i piedi calpestarono i morbidi tappeti dell'entrata, mi sentii particolarmente rilassata.

Mi guardai intorno ed osservai come i lunghissimi corridoi fossero decorati con quadri e candele. Una melodia, la stessa che mi aveva accompagnata a casa, riecheggiò tra i corridoi deserti. Decisi di seguirla, incantata da tanta bravura. Salì ai piani superiori, dove vidi tantissime porte, ma una in particolare catturò la mia attenzione.

Poggiai il palmo della mano sull'unica porta composta da legno bianco e spinsi leggermente. Vidi un pianoforte in nero lucido, dei divanetti e poi una figura che suonava. Ammirai quella figura, consapevole di chi fosse. Mi appoggiai allo stipite, per metà nascosta, e continuai ad ascoltare.

«Non serve nascondervi.»

Abbassai il viso, colpevole, e senza esitazioni mi avvicinai a lui. Appoggiai una mano sullo strumento e alzai lo sguardo verso di lui. Vidi che il gioco di sguardi era reciproco e per la prima volta lo vidi senza manto; era un ragazzo esemplare. Pallido come la luna, i suoi occhi mi fece impazzire ancora una volta e la camicia a sbuffo che indossava gli donava fascino.

«Grazie mille per la rosa», dissi.

«È stato un piacere, vi piace la mia dimora?»

Mi guardai attorno, «molto, peccato che sia solo un sogno.»

Lo vidi alzare le maniche della camicia e passare la lingua sul labbro inferiore. «Pensate che questo sia un sogno?», chiese, allungando una mano e sfiorando il braccialetto che mi diede.

«Non lo so», soffiai in un sussurro.

«Siete confusa e scommetto che la causa sono io.»

«Chi altri sennò. Vi sogno ogni qualvolta mi addormento, ma il braccialetto, la rosa e...vi ho visto in paese.»

«Quindi non è un sogno.»

«Perché non mi avete parlata oggi?»

«Dovevo? Non pensavo voleste aprire un dialogo con me, in presenza di vostro padre», si alzò e camminò per la stanza.

Sembravo una donna sfacciata se avrei permesso qualcosa del genere. Abbassai nuovamente il viso colpevole e stetti zitta, imbarazzata e vergognata da quel mio pensiero. Sentii i suoi passi e poco dopo le sue mani si fermarono sulla mia vita. Il suo petto sfiorava la mia schiena e mi imposi mentalmente di spostarmi, ma il mio corpo non reagiva.

Il suo fiato era bollente e vibrò a contatto con il mio lobo. Mi beai di quella meraviglia sensazione. «Siete molto bella.»

«Non dovreste oltrepassare dei limiti senza permesso», lo beccai. Gli uomini non potevano assolutamente interagire con le donne, se non per un futuro matrimonio.

«Ma noto con piacere che a voi non dispiace.»

Mi voltai verso di lui e spinsi il mio corpo verso il pianoforte per cercare di creare distanza tra di noi.

Fece un passo avanti, ignorando la mia supplica di distanza. «Non sto violando nulla, se la donna in questione è già mia», mi afferrò delicatamente il polso e lo poggiò sul suo, dove due voglie a forma di stelle brillavano una sul polso dell'altro.

Sgranai gli occhi sorpresa, «avete la mia stessa voglia, non capisco.»

«Capirete a tempo.»

Guardai ancora una volta la voglia sul mio braccio e percepì le sue labbra sulla mia guancia prima di cadere nel buio.

Spazio Autrice
Buona domenica delle palme a tutti
-Angel❤️

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