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Abel

Ignorai chiunque mi stesse chiamando, oltrepassai qualsiasi ostacolo e, come un cane rabbioso, lo aggredii.

Vidi un leggero velo di paura nei suoi occhi, evidentemente non si aspettava quel mio scatto, ma subito fu rimpiazzato dalla rabbia.

Con un urlo di incoraggiamento, contraccambiò il mio colpo. Soffiò sulle dita, dove piccole fiamme crebbero e si espansero per tutta la mano. Cercò di colpirmi con quelle, le quali passarono dal rosso intenso al nero brace. Non erano fiamme normali e cercai in tutti i modi di evitarle.

Misi in pratica ciò che avevo appreso dall'addestramento, una mossa in particolare; quella di affilare gli artigli e renderli velonosi.
Al quel punto fu Caleb a trovarsi in difficoltà. Mi afferrò un braccio e, con una velocità inaudita, ma che riuscii a prevenire, cercò di allontanarmi da lui.

Con la mano libera gli afferrai quella che mi teneva bloccato e, con un veloce scatto, gli creai un taglio sul braccio. Lasciò di scatto la presa e si allontanò urlando dal dolore. Il veleno dei miei artigli era visibile fin dalla mia postazione.

Un ghigno soddisfatto mi fece orgogliosire e osservai come il veleno bruciasse sulla sua pelle. «Maledetto!», urlò con rabbia, correndo verso di me.

Retrocessi di un passo ed iniziai a colpirlo come se non ci fosse un domani. Tutto intorno a noi tremava e le nostre urla, ringhi, andavano oltre i confini della foresta. Il combattimento si svolgeva, in quel momento, privo di poteri, solo con pugni e calci.

Non era un vero e proprio combattimento, era un litigio tra bambini che si odiavano. Gli sferrai un calcio alle costole e, dopo averlo messo al tappeto, mi misi a calvaccioni su di lui e lo riempii di schiaffi, pugni ed insulti.

«Non meriti di vivere, meriti di marcire all'inferno!», urlai, caricando un colpo che gli brucio metà parte del viso.

Nonostante avesse metà del viso sfigurato e il sangue, di un nero intenso, lo celasse da me, riuscii comunque a sorridere. «Tu...tu non vuoi essere come me, ma guardati adesso: sei un demone! La tua pelle è nera, sul tuo capo vi sono delle corna, gli occhi sono rossi e pieni di odio e di rabbia; tra me e te non c'è differenza!»

«Zitto! Ti massacro!»

Con un balzo mi alzai da lui, che ne approfittò per alzarsi e retrocedere. Mi spinsi verso l'alto ed alzai le mani al cielo, unendole in un unico pugno e schiantandomi verso il basso. «Dove corri, farabutto!», ringhiai, colpendolo dall'alto e creando un sordo boato che fece incalzare la terra attorno a noi, creando una nube che si liquidò velocemente.

Il corpo di Caleb giaceva sotto di me e mi alzai, barcollando, ma con ancora la voglia di vederlo soffrire. Lo afferrai per un braccio e lo alzai senza alcuna fatica. «Che goduria vederti in questo stato», voltai verso l'esterno il braccio che ancora stringevo e sorrisi soddisfatto, quando sentii lo scricchiolio delle ossa.
«Chi è il più forte Caleb, eh?»

«Con...continua pure, ne riparliamo quando...quando perderai il controllo, non manca molto, sai?», boccheggiò impassibile, ma concentrandosi a non esternare ciò che realmente provava.

«Abel!!», sentii ancora una volta urlare il mio nome.

Con un ringhio mi voltai verso colui che osava interrompermi e lo fissai stringendo gli occhi. Due sagome correvano verso di me. La prima, sotto le fiamme del mio sguardo, durante la corsa cadde a terra, tramutandosi in cenere. La seconda continuo a correre verso di me.

«Abel, fretello mio, calmati, stai creando...»

Non gli diedi il permesso di continuare, che lo responsi con una mano, facendolo volare chissà dove. Nel frattempo Caleb non era più davanti a me.
Mi guardai attorno, ma ciò che vidi fu solo polvere e sagome che mi fissavano terrorizzate.

Nessuno più lottava, ma a me poco interessava, volevo solo lui.

Cominciai a camminare lentamente, poiché udii i suoi passi, ma non era solo. Mi concentrai sulla nube di polvere che si stava espandendo e dissolvendo e da lì vidi due figure camminare verso di me.

«Abel, ti prego», qualcuno mi poggiò una mano sulla spalla.

Schifato da quel tocco, la scrollai e non distolsi lo sguardo dal mio obbiettivo. Lo vidi avanzare verso di me e, con il braccio ancora integro mente l'altro si risanava, trascinava una ragazza.

Questa barcollava come una bambola di pezza e mi imbambolai nel vederla, inespressivo. «Avevi detto che avresti goduto nello spezzarmi le ossa, se l'avessi uccisa no? Bene, eccola qui, nelle mie mani. Potrai anche ammazzarmi come meglio ti giova, ma la soddisfazione di staccarle la testa dal collo, viene a me.»

Rimasi impassibile, «fallo, non mi interessa.»

La ragazza sgranò gli occhi e mi fissò. La vidi con la coda dell'occhio, ero troppo concentrato su Caleb. Quest'ultimo si voltò verso la ragazza e disse: «peccato che non ricordiate nulla, avrei tanto voluto vedere la vostra espressione dinnanzi a tanta sfacciataggine.»

La ragazza abbassò il viso ed emise un singhiozzo. Ero stufo di quella situazione, chiunque ella fosse, di certo non era affar mio. «Abel, che stai dicendo? È Meredith!»

Alzai gli occhi al cielo e mi voltai verso di lui, «mi hai veramente stufato!», lo afferrai per la gola e lo sollevai. «Come preferisci che ti uccida? Vuoi una morte indolore?»

«Ab...Abel, sono tuo fratello!», provò a liberarsi.

«Direi dolorosa», alzai una mano per colpirlo al petto, ma un gemito di frustrazione mi fermò.

Subito dopo udii un urlo che mi fece accapponare la pelle ed una chioma nera si lanciò su di me. «Abel! No, non farlo!!»

Spazio Autrice:
Ammetto di non essere particolarmente brava con le scene di lotta, spero comunque di avervi trasmesso un po' di adrenalina del momento.
Siamo a 6k visualizzazioni e non so che dirvi se non GRAZIE!!
-Angel ❤️

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