XXXV

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Camminavo avanti ed indietro per la stanza. William non era qui, Abel nemmeno e qualcosa di terribile stava per accadere. Corsi da Leila, sapendo che se ci avessero attaccati, lei non sarebbe stato in grado di difendersi.

«Cos'è successo? Ho sentito un gran baccano», disse preoccupata non appena mi vide. Mi corse incontro e mi abbracciò, «voi state bene, vero?»

Annuii, «si, sto bene. Leila siamo in pericolo, dovete restare con me.»

Si staccò e mi guardò confusa, «come fate a sapere che siamo in pericolo?»

«Non importa come faccio a saperlo, dovete fidarvi di me, sono stata attaccata poco più di dieci minuti fa e sono sicura che la faccenda si ripeterà.»

Si portò le mani alle labbra, «da chi siete stata attaccata? Dagli stessi uomini che hanno ucciso le nostre guardie? Santo Cielo William non è qui e le nuove guardie non sono in grado di gestirsi, hanno bisogno di un comandante.»

«Non andate nel panico, siamo...», non conclusi la frase, poiché udii delle urla provenienti dai giardini: erano arrivati.

Mi voltai di scatto verso la porta e subito dopo corsi verso la balconata, vedendo le nuove guardie agitare le armi senza un senso logico, mentre sei di quei mostri le trascinavano e le squartavano. Capii che non potevano vederle, ma non sapevo cosa fare per aiutarli. Perché le vedevo solo io? Edward era stato in grado di vederle. Cosa stava succedendo? Cercavo di calmare Leila, ma anch'io stavo iniziando ad aver paura, non sapevo cosa fare e sperai con tutto il cuore che Edward arrivasse velocemente da Abel.

Le urla strazianti delle guardie rimbombavano dappertutto e fui costretta a tapparmi le orecchie per non scoppiare a piangere come una bambina. Stava andando tutto per il meglio, da dove erano comparse quelle cose? Sapevo che la situazione in cui vivevo non era normale, ma quello andava oltre ogni limite.

«Leila se restiamo qui, verremmo scoperte subito, dobbiamo nasconderci!»

«Dove?», chiese, mentre si asciugava le lacrime.

Pensai un qualsiasi posto e il primo che mi venne in mente furono le segrete, o il tetto, dove mi rifugiai la prima volta. «Il tetto! C'è una balconata in muratura, per arrivarci bisogna salire molto e non penso che quelle cose arrivino fin lassù. Seguitemi!»

La trascinai su per le scale, correvamo con l'affanno, quella scalinata sembrava non finire mai. Quando arrivammo sul tetto, la feci sedere poco distante dalla porta in legno massiccio con un lucchetto di ferro, dato che sembrava stesse per svenire da un momento all'altro e mi sporsi verso i giardini per riuscire a vedere qualcosa. Mossa alquanto errata, dato che vidi solo sangue e pochissime guardie in vita. Mi portai una mano alle labbra, reprimendo un urlo di terrore e mi voltai verso Leila. «Voi restate qui, ritornerò presto.»

«C-Cosa? Dove state andando?»

«Ascoltatemi, so che questo vi sembrerà strano, ma non sono uomini che ci stanno attaccando, sono delle creature orribili e devo recuperare qualche arma in caso ci trovassero. Non sono per niente brava nel combattimento, ma non voglio che mi trovino a mani nude.»

«Creature? Cioè mostri? Non capisco.»

«Vi spiegherò tutto in seguito, adesso non c'è tempo. Appena uscirò da qui, chiudete per bene la porta e apritela solo quando avvertite due colpi e la mia voce.»

Annuì, seppur titubante, e mi precipitai verso il piano inferiore. Non sapevo dove conservavano le armi, ma Abel mi aveva detto che c'era una stanza attrezzata per queste occasioni. Cercai la camera prima al piano superiore e poi scesi a quelle inferiore. Non avevo mai corso così tanto, avevo l'affanno, ma non dovevo fermarmi. Trovai finalmente la stanza e dentro vi erano spade, asce e fucili. Non feci nemmeno in tempo ad afferrare un'arma, che passi mi fecero impallidire. Li sentivo correre per i corridoi e i loro ringhi erano ineguagliabili. Mi guardai intorno, chiudendomi in una piccola stanza che vi era lì dentro. C'era a malapena la possibilità di respirare, inoltre non vi erano finestre e ciò mi impediva di vedere con chiarezza. Chiusi per bene la porta e mi schiacciai al muro.

Abel, dove sei, ho paura!

Fu l'ultima cosa che pensai, prima di cadere in un pianto disperato e privo di speranza.

Abel

«Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto, ma non pensavo così presto», sospirò mio nonno. Io e William avevamo deciso di andare direttamente da lui, ma ciò che stava per dirci avrebbe cambiato totalmente il nostro futuro. Conosceva molto bene quelle creature descritte da Meredith, ma non aveva chiesto come ne eravamo a conoscenza anche noi. Ci aveva spiegato che quei mostri non erano altro che anime dannate e comandate da qualcuno, pensava che fossero sotto qualche stregoneria. Continuava a sfogliare libri e borbottava a sé stesso di essere un'irresponsabile, poiché aveva dato poca importanza alla loro creazione.

Abel, dove sei, ho paura!

Mi voltai di scatto e mi guardai attorno, chi aveva parlato? Una misteriosa paura si insinuò in me e cominciai ad avvertire sentimenti che mai avevo avvertito.

«Abel, va tutto bene?», mi affiancò William.

Torna da me, ti prego!

«Meredith!», urlai e mi guardia ancora attorno, quasi come se lei fosse lì con me.

«Meredith? Che centra lei?»

«Io...lei. Devo andare!»

William mi afferrò per un braccio, «dove vai? E' ancora giorno e non puoi uscire alla luce del sole!»

«Meredith è il tuo legame, giusto? Perché tanta fretta di tornare da lei? Soprattutto in una situazione del genere», mio nonno mi lanciò una veloce occhiata.

«Non lo so, ma...c'è qualcosa che non va.»

Non feci in tempo a rispondere, poiché tutti e tre udimmo un uomo urlare il mio nome. Ci precipitammo all'entrata, dove vidi una delle mie guardie correre verso di noi. «Principe Abel dovete tornare subito al castello, non so cosa stia succedendo, ma la Signorina Meredith mi ha incaricato di venire fin qui; mi ha detto che siamo in pericolo, lei stessa è stata attaccata, ma non so di preciso da cosa», parlò talmente velocemente che faticavo a seguirlo.

Riuscii solo ad udire tre parole: Meredith, attaccata e pericolo.

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