LVI

8.9K 473 12
                                    

Tremavo dalla testa ai piedi, mentre mi dondolano sul divano. Una coperta era poggiata sulle mie spalle e tra le mani stringevo una tisana.

Leila era accanto a me, mentre mi accarezzava i capelli. William entrò in camera come una fuoria e, non appena mi vide, sospirò. «Non sono riuscito a trovarlo, come state?», chiese, abbassandosi alla mia altezza.

Scossi la testa e non dissi nulla, non avevo la forza di parlare. «Vi sentite turbata? Confusa? Stanca? È normale, non vi preoccupate.»

«Cosa è successo? Perché Abel ha reagito in quel modo?», chiese Leila.

Si passò una mano tra i capelli e si alzò. Cominciò a camminare avanti ed indietro e sospirò, «non so se devo dirvelo, Abel non sarà entusiasta.»

«William...vi prego», dissi con voce roca è rotta dal pianto.

«Non voglio spaventarvi, ma dovete sapere che Abel ultimamente non sta bene con sé stesso. Dalla fine del conflitto, la sua parte più oscura si è attivata, fin troppo. Ha problemi con il nutrimento, il sangue non lo sazia più; questo è uno dei tanti problemi per cui non voleva accettare l'incarico da sovrano. Come ben sapete, i demoni si nutrono di anime...anime innocenti e prive di peccato. Evidentemente ha perso il controllo davanti a voi e vi ha...vi ha attaccata.»

Rimasi un attimo in silenzio e osservai come il fuoco ardeva nel camino. Abel aveva un problema che andava oltre i miei pensieri, perché non ne aveva parlato con me? Lo avrei aiutato, non sapevo come, ma lo avrei fatto.
«Quindi quella luce bianca era la mia anima?», chiesi.

«Si, ma adesso mi preoccupa la sua sparizione, non si perdonerà mai per avervi attaccata. Ho mandato un paio di uomini a cercarlo, ma penso sia alquanto inutile, dato che lui si muove ad una velocità maggiore.»

«Posso provare a rintracciarlo con la magia», dissi, avendo un'illuminazione.

«Siete in grado di produrre quell'incantesimo?», chiese lui sorpreso.

«Si, ma l'ho usato solo una volta. Ricordo bene le parole da pronunciare, potete portarmi una mappa e qualcosa di Abel?»

William annuì e si avvicinò allo scaffale colmo di libri, prendendo una cartina e aprendola nel centro del tavolo, togliendosi poi il braccialetto in oro dal polso. «Questo era di Abel, un regalo di nostro padre, ma dopo la sua morte lo ha gettato», spiegò, con un velo di malinconia negli occhi.

Strinsi il braccialetto tra le mani e chiusi gli occhi, pronunciando mentalmente quelle maledettissime parole che mi avevano fatto perdere le energie fino allo sfinimento, per impararle. Mentre borbottavo, afferrai un ago dalla cesta che Leila usava per cucire e ricamare e mi ferii l'indice. Il mio sangue cadde sulla mappa, mentre sentii Leila irrigidirsi al mio fianco.

William la affiancò e gli poggiò una mano sulla spalla. La piccola goccia di sangue sulla mappa cominciò a camminare verso la foresta lentamente, lasciandosi alle spalle una scia rossa.
Si fermò del tutto, quando arrivò nei pressi di un lago. «Si trova vicino al lago.»

«Conosco quel posto, ci giocavamo da bambini. Perfetto, vado da lui.»

«William», scattai in piedi, mentre lui aprì la porta. «Per favore ditegli che lo aspetto qui, che non ho paura è che non deve sentirsi in colpa.»

Annuì ed uscì.

«Sono stata una stupida a non rendermi conto prima del suo problema.»

«Meredith, non dovete accusarvi, state tranquilla.»

«Leila», abbassai il viso, «non sono degna di essere il suo legame. Gli ho detto di no, quando lui desiderava un si. L'ho abbandonato nel momento del bisogno, mi sento...inutile.»

Mi avvolse tra le sue braccia e mi accarezzò i capelli, mentre lacrime silenziose mi indondavano il viso.
«Su, state tranquilla, non siete inutile. Abel vi ama, non lo avevo mai visto così premuroso con una donna. Vi venera e di certo non vi incolpa per la vostra decisione.»

Mi strinse forte, quando iniziai a singhiozzare fino a perdere il fiato.
Passarono due ore, l'orologio scoccava le tre passate. Non potevo dormire, non fin quando lui non sarebbe tornato.

Decidi di andare in veranda, sperando che i fiori mi avrebbero fatto compagnia. Adoravo passare del tempo lì, lo trovavo rilassante, ma nemmeno loro potettero tranquillizzarmi.

Sentivo gli occhi gonfi a causa delle troppe lacrime eppure, ogni volta che pensavo a lui, non potevo che piangere. Dovevo aiutarlo, invece piangevo.

Sentivo un'angoscia e una morsa al petto, evidentemente anche lui si sentiva così e ciò mi faceva disperare ancora di più. Riuscivo a sentire tutto di lui, eccetto i pensieri.

La porta della veranda si aprì e scesi dalla seduta, indirizzando lo sguardo verso l'entrata. Lì lo vidi, fermo sull'uscio, che mi fissava.

«Abel», dissi solo, avanzando verso di lui. «State bene? Mi avete fatto preoccupare tanto.»

«Si, sto bene. Dove scusarmi per il mio comportam...»

Non gli lasciai terminare la frase, mi catapultai su di lui e lo strinsi forte. Non avevo tanta paura, una piccola parte di me voleva stringerlo forte forte, l'altra si era rifugiata in un angolo.

«State zitto, non dovete scusarvi di nulla.»

Ed ecco che le lacrime ricominciarono a scendere lentamente, mentre un singhiozzo mi vibrò nel petto. Accorgendosi di quel mio crollo, mi circondò il busto lentamente, ma si tenne con il viso distante da me.

Spazio Autrice:
1
10
10K!
10K!!
10k??!!?!?!
Siamo veramente arrivati a 10K visualizzazioni??
Non posso ancora crederci 😍😍😍
Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto, ho letto i commenti del precedente ed una di voi ha indovinato (sui fasci di luce), brava!!!
Ci sentiamo al prossimo.
Grazie per le visualizzazioni 🤩
-Angel ❤️

Sentimenti OscuriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora