III (R)

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No, non apparteneva a quel giovane uomo, proprio come avevo presupposto.

«Perché improvvisamente questa domanda?», chiese mia sorella Mery mentre ripiegava le coperte.

«Semplice curiosità.»

«Meredith se quella foresta fosse realmente di proprietà di qualcuno, nostro padre non potrebbe andarci a caccia, non trovate?» Aveva ragione, nostro padre sarebbe andato incontro ad una condanna esemplare se avesse cacciato in territori altrui. «Inoltre nessuno delle Campagne del Sud possiede tanto denaro da acquistare un'intera foresta.» Dunque il poverello del mio sogno era proprio escluso.

Passai le ore successive a svolgere faccende domestiche e subendo, con un'impeccabile pazienza, i capricci dei bambini. «Willy, Luna, smettetela di spaventare le galline!», urlai l'ennesimo rimprovero. Perché mia madre aveva deciso di non portarli con sé? Non erano bambini normali, erano costantemente iperattivi e fuori controllo.

«Sorella mia so che state per impazzire, dunque -prima di una imminente crisi- vi concedo qualche ora di riposo», Mery era da poco tornata dal ruscello, dove aveva lavato il bucato e non aveva minimamente idea dei guai causati dai bambini.

«Grazie mille», sospirai sollevata. «State attenta, Willy si arrampica sugli alberi e Luna lo segue.»

Lei annuì titubante, dopodiché mi lasciò correre via verso la liberta. Iniziai a passeggiare per i dintorni, arrivando fin giù al ruscello. Mi chinai per sciacquarmi le mani, dopodiché mi guardai attorno in cerca di un passatempo. I miei occhi, curiosi e traditori, studiavano nei minimi dettagli tutto ciò che mi circondava mentre in me si fece spazio la malsana idea di raggiungere il mio Locus Amoenus. Sapevo con certezza che i miei genitori non sarebbero tornati prima del sole, dunque avevo a mia disposizione ben due ore, se ci fossi andata non lo avrebbe mai scoperto.

Feci un passo verso il sentiero che mi avrebbe condotta nel mio Paradiso Terreste, ma mi fermai; la paura di essere scoperta era tanta, ero una figlia esemplare che aiutava con i lavori e le faccende domestiche e -soprattutto- che raramente disobbediva ai genitori. Mordicchiandomi il labbro inferiore, ritornai sui miei passi e mi inoltrai nel cuore della foresta. Una volta giunta a destinazione mi beai del fantastico profumo che emanavano i fiori e che aveva la facoltà di inebriarmi tutti i sensi. Mi sedetti ai piedi dei due grandi abeti e chiusi gli occhi, lasciandomi completamente trasportare dal momento.

Non mi resi nemmeno conto di essermi addormentata e, quando aprii gli occhi, il sole era ormai tramontato. Scattai in piedi velocemente e, maledicendomi per essere tanto maldestra, corsi verso casa. Sperai che il buon Dio avesse ascoltato le mie preghiere e che i miei genitori ancora non fossero tornati, ma tutte le mie speranze svanirono quando -aperta la porta di casa con il fiatone- trovai mia madre e mia sorella a preparare la cena.

«Meredith, eccovi, vi stavamo aspettando», disse mio padre, posando il fucile sul tavolo.

«Padre... Noto con piacere che oggi la caccia è andata a buon fine», deviai subito il discorso, concentrandomi sull'unica cosa che lo appassionava: la caccia.

«Sì, è andata a buon fine, stasera avremo due bei conigli da mangiare», disse fiero di lui.

«Oh... i conigli», amavo mangiare, ma odiavo dover vedere quelle piccole creature indifese essere squartate quasi vive; infatti se ne occupava sempre mia madre.

La cena passò animata come suo solito e la musica di mio padre, quella sera, era una condanna per le mie povere orecchie. Nonostante avessi riposato per l'intero pomeriggio, la stanchezza non era affatto diminuita; infatti fui io la prima ad augurare a tutti la buonanotte.

Mi svegliai nelle prime ore dell'alba e mi stiracchiai per bene prima di balzare giù dal letto. Dopo essermi lavata ed aver indossato il vestito giornaliero, mi incamminai verso la camera dei miei genitori per riporre nel portagioie l'unico gioiello in possesso di mia madre: una bellissima collana di perle che per tradizione veniva ceduta alla prima figlia femmina di casa. Sapevo che la collana spettasse a Mary di diritto, ma di tanto in tanto la prendevo in prestito. La consideravo un portafortuna ed averla al collo mi aiutava a superare le giornate più tristi e stressanti. Feci per sganciare la catenella, ma con orrore mi accorsi che il gioiello non era più attorno al mio collo. Il panico subito si impossessò del mio corpo e della mia mente, avevo il cuore che batteva come zoccoli su legno e le mie mani che tremavano. Cogliendo l'ultimo briciolo di lucidità, corsi in camera ed iniziai a cercare sul letto, sperando che si fosse sganciata durante la notte, ma nulla.

Andai al piano inferiore ed ispezionai con attenzione il pavimento, il tavolo, le sedie, ormai non sapevo più dove cercare. Un'ipotesi, però, nacque magicamente e mi costrinse a voltare la mia attenzione altrove; se la collana non era in casa, significava che l'avevo persa fuori.

Dovevo assolutamente trovale, non solo per non andare incontro ad una delle punizioni più severe dettate da mio padre, ma soprattutto per Mary. Aprii la porta di casa lentamente, pregando che il cigolio del legno non svegliasse qualcuno. Ripercorsi l'intero tragitto fatto il giorno prima, dal perimetro delle nostre terre al ruscello, per poi fermarmi davanti al famigerato sentiero vietato. Era l'ultimo posto in cui ero stata e speravo con tutto il cuore che la collana sarebbe stata lì.

Corsi per tutto il sentiero per dimezzare i tempi, la mia famiglia a breve si sarebbe svegliata e non potevo rischiare oltre. Feci, però, molta attenzione a non importunare qualche animale notturno; non avevo dimenticato la ramanzina di mia madre e la presenza dei lupi.

Arrivai a destinazione in poco tempo ed iniziai subito la ricerca. Il sole non era ancora sorto e, insieme al mal tempo, la poca luminosità non giovava alla mia vista. Tastai il terriccio leggermente bagnato dall'umidità notturna e cercai attentamente, doveva essere lì, da qualche parte.

«Non dovreste girovagare nel bosco da sola, qualche malintenzionato potrebbe importunarvi.»

Sbiancai all'udir quella voce e, soprattutto, quelle parole. Ancora inginocchiata, mi voltai impaurita verso destra, dove vidi un cavallo bianco insieme ad una figura incappucciata che mi osservava.

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