XVIII

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Spazio Autrice:
Seppur in ritardo vi auguro buona Pasqua🕊️
-Angel❤️

Buona lettura
Quella mattina mi svegliai con tutto il corpo stordito. Non riuscivo a muovermi, soprattutto dalla parte destra. Mi mossi lentamente, quando quel peso opprimente si spostò leggermente e mi permise di voltarmi del tutto.

Fu in quel momento che aprì gli occhi e vidi un'ombra scura accanto a me, mi guardava a sua volta e quando misi a fuoco sorrisi.

«Buongiorno», sussurrò Abel, mentre un suo braccio teneva ferma la mia vita.

«Buongiorno, che ore sono?»

Si guardò intorno, «è passata la colazione e anche il pranzo.»

Scattai a sedere, ma quando vidi la mia veste rotta, mi coprì con le lenzuola imbarazzata. La sera prima sembravo una leonessa in calore e adesso avevo vergogna di mostrarmi a lui senza veli? Avevo dei seri problemi. «Potevate svegliarmi.»

«Dormivate così beatamente, non ne avevo il cuore. State tranquilla, nessuno ha detto niente, a quanto pare mio fratello ci ha sentiti questa notte e ha giustificato la vostra assenza. Se volete andare dai vostri familiari, però, dovete sbrigarvi. Non posso accompagnarvi nel bel mezzo della notte», ridacchiò.

Balzai dalla felicità e, comprendomi interamente con il lenzuolo, scesi dal letto, andando verso il bagno.
«Siete in imbarazzo?», mi chiese di punto in bianco.

Solo allora mi fermai dal saltellare e mi voltai verso di lui, dovevo assolutamente dirgli qualcosa. «Io...mi dovete perdonare, non so cosa mi sia successo ieri notte, ma non ero in me. Vi giuro che non mi sono mai comportata in quel modo!»

«Non dovete scusarvi», si portò entrambe le braccia sotto la testa. Notai che non indossava più gli abiti della sera precedente, quelli che indossava erano nuovi e puliti. «Vi ripeto che è il legame ad attrarvi a me.»

Ero più che sicura che non fosse solo per il legame, ma non dissi nulla ed andai in bagno. Mi sciacquai il viso e il corpo, notando con sorpresa che i segni di questa notte erano spariti. Mi tastai il collo, poi il ventre, non c'era più nulla. Indossai il vestito che avevo poggiato la scorsa volta in bagno e mi guardai attorno quando mi ricordai che non potevo mettere il bustino da sola.

«Abel, non c'è quella ragazza?», dissi ad alta voce.

«Quella ragazza? Intendete Annabelle? No, è nelle cucine, come mai?»

«Avrei...bisogno di un piccolo aiuto.»

«Posso aiutarvi io», mi sentì alitare contro l'orecchio. Balzai indietro e lanciai un urlo, quando lo trovai in bagno. Mi portai una mano al petto e rimasi estasiata dalla velocità con cui era entrato.

Sorrise e si avvicinò lentamente a me, afferrandomi per la vita e facendomi voltare. Afferrò i lacci del bustino e li tirò lentamente, senza stringerli troppo. Lo ringraziai e tornai in camera.

Decisi di aprire le tende, cosicché la stanza non fosse più nell'ombra. Sorrisi, quando mi accorsi che un bellissimo sole era all'apice della sua altezza e i raggi illuminavano tutte le terre. «C'è il sole», sussurrò Abel, facendo un passo indietro.

Mi voltai verso di lui, «si, è una bellissima giornata.»

«Questa mattina non c'era», abbassò il viso.

Guardai il sole e poi lui, ricordandomi della rivelazione della scorsa notte. «Non potete uscire alla luce del sole?»

Scosse la testa, «vi avevo promesso che sareste andata dalla vostra famiglia, ma non potrò venire. Vi accompagnerà il nostro cocchiere.»

«E voi? Resterete qui?»

«Si, avevo detto a William che non sarei andato con lui, per accompagnare voi.»

Ci riflettei un secondo, «William, vostro fratello, può uscire con la luce solare?»

«No, infatti mi chiedo come tornerà a casa; questa mattina il tempo minacciava tempesta.»

«Posso andare domani dalla mia famiglia, mi dispiace farvi restare da solo.»

Alzò un sopracciglio, «ma che onore», disse ironicamente.

Sorrisi e feci un passo in avanti, calpestando qualcosa che scricchiolò sul pavimento. Abbassai lo sguardo e vidi i cocci di vetro del vaso. Ricordai subito l'accaduto e mi si fermò il respiro quando ricordai la sospensione in aria dell'oggetto prima di schiantarsi al suolo.

«Attenzione, potreste farvi male.»

«Abel», lo chiamai con voce tremante, «vi devo confessare una cosa. Ieri sera, quando il vaso è caduto io...io pur di prenderlo ho allungato una mano, ma in quel momento il vaso si è fermato. Galleggiava in aria e quando ho ritirato la mano è caduto, com'è possibile?», gli dissi tutto senza timore; in fondo la sera precedente mi aveva rivelato uno dei suoi segreti più oscuri.

Assottigliò lo sguardo e mi guardò con un'espressione indescrivibile. «Penso sia il caso di indagare un po' su di voi. Le vetrate rotte e ora il vaso galleggiante, c'è qualcosa che non va. Venite con me in biblioteca, lì ci sono libri che...»

«Non posso venire in biblioteca», dissi velocemente, interrompendolo.

«Cosa? Perché?»

«Non so leggere, mi dispiace non avervelo detto nei giorni precedenti, ma la vergogna mi divorava.»

«Non sapete leggere? Non è grave, potete sempre imparare, se volte ovviamente.»

«Certo!», dissi con fin troppa enfasi.

«Perfetto, sarò il vostro insegnante.»

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