XXVI

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Il mattino seguente mi svegliai con un terribile dolore al collo, avevo dormito malissimo per l'intera nottata e il sonno comandava i movimenti, rendendoli lenti e privi di senso. Andai a sbattere più volte al muro e per vestirmi ci impiegai più di trenta minuti, nonostante avessi l'aiuto di Annabelle.

Scesi al piano inferiore e mi diressi verso l'esterno, dove sentivo un baccano infernale. Trovai Leila e i due fratelli, questi ultimi combattevano tra di loro, spintonandosi e ridendo. Sperai con tutta me stessa che quello non era il massimo del loro combattimento.

«Buongiorno», disse Leila, sorridendomi.

«Buongiorno», risposi, alzando lo sguardo al cielo. Le numerose nuvole minacciavano tempesta e mi chiesi com'era possibile avere simili giornate nel pieno dell'estate. Il cielo sembrava seguire il mio umore e sospirai rassegnata quando la speranza del sole mi abbandonò.

In lontananza vidi Edward vicino ai cancelli che parlava con un'altra guarda e sorrisi, era riuscito a superare la prova, sennò sarebbe tornato a casa. «Mademoiselle, la colazione ci attende», si avvicinò William, stampando un bacio sulla fronte alla sua amata e conducendola dentro.

«Buongiorno», dissi Abel, avvicinandosi.

«Giorno.»

«Andiamo a fare colazione?»

Scossi la testa, «non ho molta fame, penso che me ne starò sotto il mio albero.»
Non avevo dimenticato ciò che era accaduto la scorsa sera ed ero ancora in collera con lui.

Non disse nulla, ma mi lasciò andare verso l'albero. Iniziai a giocherellare con le ciocche dei miei ricci e mi chiesi come se la stesse cavando la mia famiglia con questo brutto tempo; le terre dovevano soffrire molto la mancanza continua del sole e il raccolto era a rischio.

Osservai la stella sul mio polso e notai che era leggermente più scura rispetto al dovuto. Ci passo l'indice sopra e lo scostai subito; quella stella era la mia condanna. Sbuffai per ore ed ore, non mi ero mai annoiata così tanto. Decisi di salire in camera mia e, nel momento stesso in cui chiusi la porta, udii una melodia.

Era una bellissima melodia movimentata, proveniva dal paese. Andai verso la finestra e osservai il paese in lontananza, era incredibile che da lì su riuscissi a sentirla, seppur debolmente. Sorrisi quando mi ricordai la festa di metà luglio, si celebrava ogni anno e questo era il primo che non passavo con la mia famiglia. Mio padre ci suonava spesso quella graziosa canzone e noi tutti ballavano allegri.

«Beati loro», dissi in un sussurro e sorrisi a quel ricordo. Quello era uno dei tanti momenti di nostalgia.
Fu in quel momento che uno spiraglio di luce illuminò il mio viso, una nuvola si era spostata, permettendo al sole di illuminare me e metà parte del castello.

Qualcuno bussò alla porta. Entrò Abel, che appena vide la luce, fece un passo indietro. Scostai le tende per permettergli di entrare, cosa che fece subito.

«Come mai oggi siete così depressa? C'è qualcosa che non va?»

«Vi ha mandato William?»

Aggrottò la fronte, «no, perché lo chiedete?»

«Pura curiosità, sono solo stanca, questa notte ho riposato poco.»

Chiuse le porta alle sue spalle e si avvicinò a me, porgendomi la mano. Lo guardai confusa.
«Stavate ascoltando la musica, giusto? Volete onorarmi con questo ballo?»

Sorrisi e poggiai la mano sulla sua, «certamente Sir.»

Iniziammo così la nostra danza, ricordavo perfettamente i passi e a quanto pare anche lui. Saltammo e ondeggiammo a ritmo di musica, fin quando non mi fermai a corto di fiato. Risi e mi lasciai andare sul divano.

«Siete molto brava in questa danza», seguì il mio esempio.

«Mia madre adorava queste tradizioni», mi sventolai una mano davanti al viso per riprendere fiato.

«Avete qualcosa lì...», allungò una mano e, togliendo un filo di cotone fuoriuscente dal vestito, mi sfiorò il collo con le dita. Mi ritrassi ridacchiando e fu proprio quello ad incuriosirlo. «Soffrite il solletico?»

Scossi la testa, temendo ciò che a breve si sarebbe verificato. Sorrise malignamente, «quindi non succede nulla se lo faccio qui», si avvicinò con la mano al mio fianco.

Saltai giù dal divano e, ridendo come una matta, corsi per la stanza. Ebbi il tempo di fare quattro passi, che mi sentì afferrare e gettare sul pavimento. Si posizionò sopra di me, iniziando a farmi il solletico al collo e sulla pancia. Risi talmente tanto da farmi uscire le lacrime e mi dimenai per fuggire.

«Avete visto? Anch'io sono riuscito a farvi ridere», disse, tenendomi bloccati i polsi.

Non seppi cosa dire, ma in quel momento non potei far altro che pensare alla sua bellezza. Non potevo odiarlo, o disprezzarlo, non mi era possibile, ma provavo una profonda rabbia verso di lui che in quelle situazioni si trasformava in attrazione.

«Siete bellissima quando ridete», sussurrò con voce roca, spostando una ciocca di capelli dal mio viso.

Il cuore cominciò a battere all'impazzata e lui se ne accorse, non solo dal mio sorriso, ma anche dal mio cuore; riusciva ad un udire i battiti. Si avvicinò lentamente a me e mi stampò un bacio sulla guancia, per poi passare alle labbra. Per la prima volta mi baciò con trasporto e desiderio, senza pazzia, senza passione. Con calma e con lentezza.

Portai una mano sul suo viso e lo strinsi a me. Fu questione di secondi, prima che la mia schiena si schiantò su qualcosa di morbido; il letto. Mi baciò le labbra, le guance e il collo, senza mai mordermi.

Mi accarezzò i capelli e mi solleticò il palato con la sua lingua. Mi sentivo in estasi, il suo odore era come l'oppio, non potevo sfuggirgli.
Dimenticai di ciò che mi disse la sera precedente, dimenticai del torto che mi aveva fatto e mi lasciai andare tra le sue braccia.

Spazio Autrice:
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Grazieee
-Angel❤️

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