XIII

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Il mattino seguente venni svegliata dalla ragazza. A passi silenziosi si muoveva per la stanza, aprì le tende e una luce intensa mi colpì il volto.

Indossai l'abito datomi precedente e la seguì verso il piano inferiore. Il ragazzo mi venne incontro e, con un gesto della mano, mandò via la ragazza; era molto strana, intimidita da quella dimora.

«Buongiorno», mi disse, sorridendomi.

«Buongiorno.»

«Adesso andremo a fare colazione, lì incontrerete mio fratello e la sua compagna.»

Non sapevo se urlargli in faccia e dirgli che non volevo conoscere nessuno, oppure se acconsentire. Decisi di optare per la seconda e mi lasciai trascinare in un enorme salone. Sembravo una delle bambole di Luna; trascinata avanti e indietro come se non avessi vita.

Appena entrai nel salone, rimasi immobile sul posto. Una lunghissima tavola, che poteva ospitare più di venti persone, vi era al centro della stanza. Enormi vetrate permettevano ai raggi solari di entrare e questi illuminavano tutto. Vidi due figure sedute, una a capotavola e l'altra alla sua destra.

Mi sentì spingere delicatamente e capì quel segno. Camminai vero le due figure e la donna fu la prima a sorridermi e ad alzarsi.

«Buongiorno! Voi siete Meredith, sono Leila.»

«S-Salve», sorrisi e abbassai il viso, lasciandomi trascinare verso il tavolo. Mi sedetti accanto al ragazzo e, quando alzai il viso, vidi il tavolo colmo di delizie. Vidi la marmellata, il pane, i biscotti....tutte cose che non avevo mai assaggiato, se non raramente.

Iniziarono a mangiare, quando l'occhio del fratello ricadde su di me. «Abel, il tuo legame sembra una statua in esposizione, cosa le hai detto fratello mio?»

Abel, che ancora non aveva toccato cibo, alzò gli occhi al cielo. «Questa volta non le ho fatto nulla, penso sia in imbarazzo.»

«Allora dovresti metterla a suo agio.»

«Cosa dovrei fare?»

Parlavano come se io non fossi presente. Vidi Leila ridacchiare e mangiare come una piccola maialina. Era molto pallida, ma aveva delle guance rosee che ti invitavano a punzecchiarle. Il vestito che indossava le fasciava il busto perfettamente e rifletteva i suoi occhi autunnali e il biondo dei suoi capelli.

«Cosa preferite?»

Mi voltai verso il fratello, che gentilmente mi sorrideva. Impossibile che fossero fratelli, erano così diversi, non solo caratterialmente, ma anche fisicamente; aveva lunghi capelli biondi leganti con un elastico e gli occhi azzurri brillavano.

«Marmellata», sussurrai.

Gustai fino in fondo il dolce sapore della marmellata e non degnai di uno sguardo a nessuno, era qualcosa che desideravo da tanto e non me lo sarei lasciato sfuggire.

Quando finimmo di fare colazione mi chiesi cosa avremmo fatto, i due fratelli sembravano aver da fare e anche Leila. «Io e mio fratello dobbiamo sbrigare alcune faccende in paese, voi potreste dedicarvi alla lettura di qualche buon libro. Avete a vostra disposizione l'intera nostra biblioteca.»

Battei ripetutamente gli occhi e mi dissi mentalmente che era ovvio che non mi avrebbe lasciata andar via. Mi chiesi se realmente sarei rimasta lì a vita e quale sarebbe stato il mio destino nelle sue mani. Annuì in silenzio e mi lasciai condurre nuovamente nella mia stanza, come promesso, mi portò un paio di libri e mi disse che ogni giorno ne avrei avuti diversi.

Mi chiuse in camera come una prigioniera, anche se in effetti lo ero. Tastai con le dita le rigide copertine e osservai le pagine gialle. Sembravano libri molto antichi e colmi di entusiasmanti emozioni, sarebbe stato fantastico leggerli, se solo sapessi leggere.

Purtroppo la mia famiglia era analfabeta, quindi non ricevetti alcuna educazione.

Passai il mio tempo senza far nulla, provai a osservare al di fuori della finestra per cercare una via di uscita, ma non vidi nulla se non acque. La mia stanza, purtroppo, era a metri dal suolo e confinava con il lago retrostante alla dimora. Ciò mi fece salire l'angoscia e la depressione tornò viva.

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