Capitolo 80.

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Questa storia è un'opera di fantasia, puramente inventata dalla sottoscritta. Alcune delle vicende scritte  qui dentro fanno riferimento a fatti realmente accaduti. Non intendo offendere o insultare nessuno in alcun modo.

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Jamie's pov

"Jamie?" Amelia mi chiama mentre metto il pigiamino ad Elva, entra nella camera da letto della suite e io mi giro verso di lei. "Ho appena sentito i ragazzi, stasera vogliono uscire di nuovo.. vogliono andare in un pub, vabbè.. ti va di venire?" Mi chiede.

"No, no.. grazie." Accenno un sorriso. Da quando siamo qua a New York Amelia sta in giro praticamente tutte le sere con i suoi amici. Ieri, per esempio, era alla serata di  chiusura di uno spettacolo a Broadway e stasera esce di nuovo. Almeno uno di noi riesce a divertirsi. "Ecco fatto." Mormoro, sistemando il pigiamino di Elva. La prendo in braccio e le bacio la fronte. "Ora dei pronta. Vai a lavarti i denti, così vi metto a letto." Le dico, mettendola giù. Lei ridacchia e corre via in bagno da sua sorella per lavarsi i denti. Dò un'occhiata veloce ad Amelia, che continua a fissarmi in modo sospetto. "Che c'è?" Chiedo.

"Sei... strano ultimamente." Risponde lei, guardandomi in modo strano. Strano? Non sono strano, sono semplicemente incasinato come non mai. Vedere Dakota l'altro giorno mi ha incasinato da morire, non riesco a pensare ad altro.. a quanto mi manchi, a quanto siamo distanti adesso, a ciò che saremmo potuti essere e a ciò che non siamo per colpa mai, che ho avuto paura di.. di cosa? Paura di essere felice con lei? Che idiota che sono.

"Beh.. si. Hai un'aria strana, sembri quasi.. tormentato. C'è qualcosa che ti preoccupa?" Chiede.

"No, no.. va tutto bene." Mento, senza una ragione particolare. Solo perché non mi va di parlare o di esternare come mi sento adesso. In questo momento dovrei stare con lei, al suo fianco, a venerare questa donna che per qualche stranissima ragione ha deciso di amare me. Di aspettare me. O almeno... aveva deciso di farlo, ma io ho rovinato tutto. E adesso non mi appartiene più. Adesso sta con un altro, si è buttata tra le sue braccia e li ha trovato sollievo per colpa mia. Adesso sta bene, sorride di nuovo, e sta avendo il successo che ha sempre desiderato. Ovviamente sono felice che lei stia bene, non voglio che soffra, ma in qualche modo mi piacerebbe di più vederla felice con me. Ma ormai ho sprecato questa possibilità, e nella sua vita posso essere solo un amico. Che ruolo del cazzo.

"Si." Fa un passo verso di me, mentre io sistemo i vestiti che Elva ha lasciato sul letto. "Sei strano da quando sei tornato da quell'incontro a Los Angeles." Mi dice, con un tono tagliente.

"Non so di cosa parli." Scrollo le spalle.

"Guarda che non ci vuole molto a capirlo, lo so che hai visto quella lì." Risponde, incrociando le braccia.

"Quella li ha un nome." Replico. "E poi anche se fosse? Non mi devo giustificare, e siamo solo amici." Rispondo, sperando di finirla qui, ma ormai so benissimo che non sarà così. Ho voglia di prendere e scappare via, lontano da tutto e da tutti. Sono stanco di vivere con questo peso opprimente sullo stomaco. Siamo amici. È questo il mio ruolo adesso, nonostante io muoia dalla voglia di baciarla, stringerla forte a me e dirle che l'amo da impazzire. E che non amerò mai nessuno come ho amato lei. Io, invece, adesso mi sono ridotto a questo. Ma se in qualche modo è l'unica maniera per starle vicino, allora va bene. Sono disposto anche a farlo. Anche se la cosa mi fa impazzire, e anche di più adesso che l'ho 'vissuta' dal vivo. In quella casa qualsiasi cosa mi ricorda di noi due insieme, e adesso non posso evitare di pensare a tutti i momenti che sta vivendo con lui lì dentro. Nel nostro letto, sul divano, nella nostra cucina... tutti quei luoghi in cui ci siamo dimostrati tutto l'amore del mondo. I giorni più belli della mia vita.

"Lasciamo stare... ormai questa è una causa persa. Comunque sia, vieni con me stasera?" Mi chiede.

"No, Te l'ho detto. Rimango con le bambine." Ripeto.

"C'è la tata con loro, cos'è venuta a fare allora? Siamo a New York, prendiamoci qualche momento per noi, no? Mi sembra giusto farlo." Mi dice.

"Allora fallo. Io non voglio venire. E poi la tata è venuta con noi per aiutarci, non per prendere il nostro posto." Le faccio notare, sospirando.

"Non sto dicendo questo." Ribatte. "Quindi pensi che io non abbia il diritto di uscire con i miei amici?"

"No, certo. Puoi fare quello che vuoi, ma non ti aspettare che io venga con te.. non m'interessa. Rimango con le bambine, punto. Vai dove vuoi." Scrollo le spalle, poi esco dalla camera da letto e raggiunto il salottino per prendere gli altri vestiti.

"Dunque è così.. vi siete visti di nuovo." Mormora.

"Già." Rispondo, raccogliendo le cose delle bambine. "Ci siamo rivisti, come due vecchi amici... piantala con questa storia, sono stanco di parlarne." Le dico.

"E hai intenzione di rifarlo?" Mi chiede.

"Beh, si... siamo amici, tu stasera vedi i tuoi e io vedo i miei quando voglio. Se ci fosse qualcosa di più, saresti la prima a saperlo.. come sempre." Mormoro.

"Ti ricordo che siamo qua perché i nostri film sono stati nominati ad un importante festival, non per fare merdate in giro, come in passato." Dice, seguendomi in giro per la suite con insistenza.

"Non so nemmeno se voglio andarci." Replico.

"Cosa?" Chiede, sbarrando gli occhi.

"Esatto.. Non voglio andarci. Non me la sento e ho cose più importanti a cui pensare in questo momento." Le spiego, scrollando le braccia.

"Spero che tu stia scherzando. Non vuoi andare per colpa di quella? Chissà cosa ti ha messo in testa." Risponde, con il tono più acido del mondo.

"Nulla, perché sono capace di ragionare con la mia testa. E perché, sempre da solo, ho capito di aver sbagliato tutto. Non posso rimediare in nessun modo, quindi, posso almeno rimanere da solo a commiserarmi per tutta questa storia?" Le chiedo.

"Ma fai come vuoi..." Sbuffa, guardandomi con un certo disgusto. Certo, ora che ho detto di non volerla più accompagnare non le vado più bene. "Io allora esco, tu resta qua a commiserarti." Mi dice, prima di uscire dalla camera da letto. Spero che le bambine non abbiano sentito nulla, non me lo perdonerei mai. Mi sento uno schifo. Ma me lo merito, merito questa sofferenza... perché ho rovinato tutto, le ho fatto del male e merito di soffrire il triplo di quanto non abbia già fatto lei. Perché l'amo.. l'amo ancora.

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Damie • Never tear us apart.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora