La Forza del Leone

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Cercare di liberarsi dalla presa di Tehor era come tentare di spingere una montagna a mani nude.

Inutile e frustrante.

Più mi dibattevo più lui mi stringeva. Adeguava i suoi movimenti ai miei, impendendomi di scrollarmelo di dosso e correre da Fynir e Mend.

Guardai i miei amici di nuovo. Le Gemme Luminose intorno al portale creavano anfratti oscuri dove qualsiasi nemico avrebbe potuto nascondersi in attesa di tagliarmi la testa, ma non mi importava. I miei amici erano in pericolo.

Avrei rinunciato a tutto pur di vederli al sicuro.

«Smettila» ordinò secco Tehor quando scattai la testa all'indietro per colpirlo al volto. «Smettila di comportarti come un cavallo imbizzarrito. Non li aiuterai».

Scalciai più forte e lui fu costretto a cambiare la presa in modo che non potessi sfuggirgli. «Ho un piano» mi sussurrò. «Ma ho bisogno del tuo aiuto». Pronunciò le uniche parole che potessero fermarmi. Smisi di lottare e mi accasciai contro di lui. «Prometti di non gridare, se tolgo la mano dalla bocca?».

Annuii. Mi sentivo gli occhi bruciare e le guance irrigidite per le lacrime asciutte. Non sapevo cosa avrei potuto fare se li avessi persi. Pur di portarli via mi sarei fidata di Tehor.

«Li salveremo» mi promise.

Non potei non credere alla forza delle sue parole. La sua presenza che riempiva lo spazio attorno a noi e la mia pelle formicolava come se fossi a contatto con la magia degli altri. Non sapevo cosa stesse facendo, ma le sue mani scottavano, mentre mi sorreggeva.

«Cosa hanno fatto ai miei amici?».

«Niente che non abbiano già fatto a noi» mormorò, tenendomi stretta nella penombra di una nicchia. «Sono lì come esca».

Guardai i capelli neri di Fynir che le ricadevano sul volto pallido come una cortina. Era legata a quell'obelisco tramite delle manette d'argento e di bronzo.

Dovevo portarla via dalla biblioteca a qualunque costo.

«Per prendere noi?».

Lui annuì, ma non disse altro. Di tanto in tanto studiava l'ambiente intorno all'obelisco.

«Dobbiamo essere nel centro della biblioteca». Indicò verso l'alto, soffermandosi sui livelli superiori sopra le nostre teste. «Se fossimo scesi dritti dalla cupola saremmo arrivati qui. Una trappola niente male,». Sembrava che provasse rispetto per il nostro avversario. «ma lo sconfiggerò, tranquilla».

Alzai un sopracciglio scettica. «Tu?».

«Io». La mano di Tehor corse sul mio corpo, fermandosi all'altezza dei seni. Stavo per schiaffeggiarlo quando mi accorsi che aveva afferrato la gemma che mi aveva prestato. «La rivuoi? Ti serve per il tuo piano?». Gliela avrei restituita anche subito, se l'avesse usata per salvare Fynir e Mend.

Scosse la testa, grave. «Tocco sempre quella gemma quando sto per fare qualcosa di stupido». Alzò le spalle minimizzando le sue stesse parole. «Non succede spesso, ma capita anche a me».

Stavo per togliermela, ma lui mi fermò con un cenno. «Tienila per difenderti».

Guardava la gemma rossa con affetto e dolcezza. Quell'espressione stonava con la freddezza che mi aveva mostrato finora, ma gli addolciva i lineamenti rendendolo più umano.

Quel momento si distrusse, infrangendosi come un'onda sulla scogliera, quando Tehor tornò a non mostrare alcuna emozione.

Lanciò un'occhiata oltre l'angolo studiando la sala e l'enorme porta. «Sono sicuro che è qui da qualche parte, e scommetto che ci ha individuato».

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