Le Parole Non Dette

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Fissavo le fiamme che danzavano davanti a me, mentre consumavano la legna che io e gli altri avevamo raccolto per preparare il campo.

Non avevamo bisogno di molto altro. Durante il ritorno dal deserto di Nartos ci eravamo fermati in un villaggio a riempire gli otri con acqua fresca e Fynir aveva comprato le provviste che stavamo consumando in silenzio. Avevamo finito da poco di pulire il terreno sul quale avremmo passato la notte avvolti nelle nostre giacche.

Non avevamo approfittato della locanda perché non avevamo abbastanza soldi con noi e Fynir premeva per tornare alla gilda il prima possibile e consegnare i Diari.

Mentre mi toglievo un sasso appuntito da sotto il sedere, non sapevo se darle torto o ragione.

La Grande Biblioteca di Nartos si era rivelata una trappola mortale e se non fosse stato per quel bastardo non ne saremmo usciti vivi. Anche io volevo consegnare i Diari a Elania e non pensare mai più a quella faccenda, eppure, avrei voluto dormire in un letto caldo durante il viaggio di ritorno.

Me lo ero meritato.

Mi grattai la gola sentendo la runa contro la pelle, con la sensazione di avere un collare stretto attorno al collo.

Nessuno poteva vederla, ma sapevo che era lì, pronta a sprigionare la sua magia nel caso avessi detto qualcosa che andava contro la volontà di chi me l'aveva impressa.

Avvolsi le ginocchia tra le braccia, perdendomi nella danza del fuoco che divorava il ceppo appena lanciato da Mend.

«Sei silenziosa, Rin» disse Fynir, sedendosi accanto a me.

Lei riusciva a capire sempre come mi sentissi, ma questa volta non c'era bisogno di conoscermi per comprendere che qualcosa non andava. Le immagini e le sensazioni provate in biblioteca continuavano a riaffiorare, insieme al disgusto che provavo per Tehor Car'Leindros.

Dopo tre giorni che i miei pensieri tornavano a lui avevo capito che non lo odiavo. Mi faceva schifo.

Mi strofinai le mani contro i pantaloni cercando di togliermi di dosso il ricordo di avergli afferrato il braccio ed essermi preoccupata per lui, e incrociai lo sguardo preoccupato di Fynir.

«Voi non mi avete detto cosa vi è successo dopo che ci siamo separati» risposi, cambiando il discorso.

«Un disastro» borbottò Mend sedendosi accanto a Fynir. «Con quel mago non facevo altro che litigare e siamo finiti in una trappola. L'ultimo mio ricordo è una botta in testa datami dalle armature che stavamo combattendo».

«Cosa molto simile è successa a noi» aggiunse Fynir. Era stata vaga, proprio lei che era sempre molto precisa.

«Cosa non va, Fyn?» le chiese con dolcezza Mend, accarezzandole una guancia. «Sai che puoi dirci tutto».

Le loro dita si intrecciarono e Fynir chiuse gli occhi, godendosi la vicinanza del suo ragazzo. «Il mio scontro con quel Cely è stato un po' più violento di quanto volessi».

«Lo hai preso a calci?» le domandò Mend. «O devo farlo io? Ora che non siamo più legati da quelle catene posso ucciderlo».

Fynir arrossì per la gelosia di Mend. La stava guardando con un sorriso orgoglioso e stupido insieme. «Se avessi visto alcuni lividi che mi sono ritrovata dopo il nostro litigio...» mormorò lei. «Ricordi la rissa dell'anno scorso a Mavaras? Quella con i Maghi del Fuoco?».

Mend annuì e io sorrisi. Il mercato del quartiere di Aldia aveva subito parecchi danni e Mend aveva lavorato gratuitamente per mesi per ripagare i soldi che Elania aveva versato per le riparazioni.

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