Il Sentiero del Falco

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Qualcosa di malvagio proveniva da quelle acque.

Il villaggio era in attesa e come me, doveva sentirsi sopraffatto dalla presenza crudele che percepivo. Sapevo di dovermi scuotere via la sensazione di dosso e fare qualcosa, ma le gambe tremavano. Tenevo i bambini tra le braccia e cercai l'unica cosa che considerassi tranquillizzante.

I miei occhi andarono a Tehor.

Il suo volto era una maschera di calma, mentre attraversava la piazza diretto al lago. Gli occhi verdi, puntati sui tre maghi, erano come quelli di un predatore a caccia.

I riverberi rossi dei cerchi magici illuminavano le vesti nere dei maghi come se fossero striate di sangue fresco. Non solo sembravano un monito, ma anche una promessa di cosa sarebbe successo se avessimo sfidato quei tre.

La loro magia era diversa da qualsiasi cosa avessi conosciuto finora. Era forte come quella di Tehor, ma non aveva i tratti rassicuranti della Magia degli Spiriti. Quando mi sfiorava non mi formicolava la pelle, sembrava che mi strisciasse addosso lasciandosi dietro una scia di sporco.

Tehor mi passò davanti e incrociò il mio sguardo, facendo un mezzo sorriso ai gemelli.

Il quel solo attimo capii cosa mi stesse dicendo. Ti affido i bambini.

Tutto era sbagliato. A cominciare dal fatto che Tehor mi affidasse le vite dei suoi fratelli dopo quello che mi aveva detto. Non lo avrebbe mai fatto. Non se pensava di poter battere con facilità quei tre tipi e la loro magia. Lo avevo visto bandire un Spirito Minore senza scomporsi e ora mi affidava ciò che aveva di più prezioso.

Mi costrinsi a rimettermi in piedi, con l'aria che respiravo satura di paura. La gente del villaggio era ancora paralizzata, intenta a guardare i loro averi a terra o in pezzi. Dovevo farli allontanare prima che fosse troppo tardi. Una volta resesi conto della situazione il panico sarebbe dilagato ovunque con conseguenze devastanti.

Mi schiarii la gola. «Ascoltatemi!» urlai per sovrastare i pianti bambini e il tintinnio dei vetri e dei metalli.

Attirare l'attenzione delle persone non era facile, non con la terra che tremava e l'acqua del lago che esplodeva in alte colonne intorno all'Isola Grigia.

«Ascoltatemi!» ripetei. Stavolta con più forza.

Solo per una volta, pregai lo Spirito del Vento, solo per una volta permetti alla mia voce di non tremare e fa sì che raggiunga tutti.

Il vento, che finora era rimasto in attesa, si alzò in una brezza gentile dalle montagne e allontanò il suono del ribollire delle acque. Non potevo impedire alla terra di tremare, non potevo fermare l'acqua, ma potevo fare l'unica cosa sensata per proteggere delle persone innocenti. «Allontanatevi dal villaggio!» gridai. «Recatevi immediatamente nei boschi! Andate via!».

Come se le mie parole avessero rotto l'incantesimo che li teneva prigionieri, gli abitanti si riscossero abbandonando averi e attività per fuggire il più in fretta possibile.

Afferrai i bambini e li tirai in disparte, mettendoli al riparo. La gente correva nella direzione opposta al lago senza guardare dove metteva i piedi. I bambini piangevano in braccio alle madri, le persone gridavano i nomi di amici stretti e familiari calpestando qualunque cosa finisse sotto di loro.

Coprii gli occhi dei gemelli quando una ragazza venne travolta dagli abitanti in fuga, per poi essere abbandonata per strada, sola e coperta di terra e sangue. Non si rialzò più e mi si strinse lo stomaco sapendo di non poter fare nulla.

Feci infilare Mari e Atreis nello stretto spazio tra due case di pietra e legno, coprendo la visuale sulla via. «Conoscete la strada per tornare a casa?» chiesi.

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