Il Marchio del Mago

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Quando la nave volante attraccò scesi a terra senza guardarmi intorno, con la sacca che conteneva le scaglie della viverna in spalla e mi diressi verso l'Arena dei Maghi.

«Rin!» mi richiamò Vandrin.

Mi bloccai a guardare la sua figura controluce, mentre gli addetti assicuravano la nave nel canale navigabile fuori le mura di rame. «Rin, sei sicura di quella cosa?».

Sì, ero sicura. Avevamo rischiato la vita per il ottenere marchio ed era giusto che il Concilio ne prendesse atto.

«Ci vediamo dopo» dissi con un sorriso. «Conto su di voi».

Ryon si unì a Vandrin sovraccoperta e annuì facendomi cenno di andare. Li avrei rivisti entrambi nell'arena, ma era tradizione che il novizio si presentasse da solo con il frutto della sua ricerca da depositare ai piedi del Concilio e dei Signori.

Le scaglie pesarono nella sacca e tesero il tessuto fino a deformarlo. La gente si voltò a guardami indicando ciò che portavo sulle spalle con fatica.

Il caldo afoso di Mavaras era devastante. Dopo pochi passi mi sentii prosciugata di tutte le forze, drenate insieme al sudore. Invidiavo la gente che stava sotto i portici e tettoie di canne intrecciate a bere nettare di frutta e vino freddo.

Fin da quando avevo iniziato a partecipare alle attività dell'Arena dei Maghi avevo capito che eravamo dei masochisti. Ogni anno organizzavamo l'esame per diventare maghi in primavera, quando il calore di Mavaras assomigliava a quello di una fornace e le mura di rame risplendevano al sole arroventando la terra e facendo evaporare l'acqua del canale navigabile, aggiungendo umido su umido. E ogni anno maghi da tutto il continente si riunivano e, mentre gli aspiranti si mettevano alla prova, loro attendevano nell'arena con le guardie fuori le porte di ebano e bronzo pronte ad annunciare il novizio che stava tornando.

Per il Concilio doveva essere più facile sopportare l'attesa. Vivevano nella capitale ed erano abituai al caldo, all'umido e alla puzza dei corpi sudati e le strade invase di insetti, ma per chi veniva dalle montagne affrontare Mavaras era una tortura che sarebbe terminata per il breve tempo di un bagno tiepido e sarebbe ricominciata subito dopo.

Sperai che tutti quelli della mia gilda fossero tornati e che io fossi l'ultima, almeno avremmo potuto pregare Elania di impacchettare le nostre cose ed evitare di dormire nella capitale. Le zanzare di Mavaras erano voraci quanto le sanguisughe delle paludi di Ta'Ner e altrettanto difficili da eliminare.

Arrivai all'arena stanca e sudata. Ora capivo perché tutti quelli che tornavano avevano l'aria sciupata e si reggevano in piedi a stento. Se non era la prova a distruggere il novizio ci riusciva il clima di Mavaras.

Due maghi erano di guardia alla Vecchia Porta.

Da quei rimasugli delle lezioni di Vyniana che ricordai sapevo che una volta la Vecchia Porta era l'entrata del Re e del Concilio quando le riunioni coinvolgevano i tutti i maghi. Una volta costruito il palazzo del Sommo Concilio dei Maghi l'arena era diventata un'area usata per i giochi e le porte erano usate solo dai novizi quando tornavano dalla prova.

Non invidiai i due uomini sulla trentina costretti a rimanere fermi per tante ore nello stesso punto. Al sole. Con la schiena contro una porta di bronzo ed ebano che a quest'ora doveva essere rovente.

Uno di loro mi guardò annoiato, sapeva, come me, che la loro funzione era di rappresentanza. Qualcosa che il Concilio amava mantenere nel tempo anche se non ce n'era più bisogno.

«Chi chiede udienza ai Maghi di Lanica?» chiese l'altro con fare cerimonioso.

Evidentemente voleva che le antiche tradizioni venissero mantenute e apprezzate.

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