Trappola ad Aldia

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I pugni vigorosi contro la porta degli appartamenti mi fecero sobbalzare.

Fuori dalle finestre si intravedeva una timida linea rosata all'orizzonte.

Spiriti! Era appena l'alba.

Mi rigirai nelle lenzuola sperando di riuscire a riprendere sonno. «Signorina Rinmose,» gridò qualcuno «sono venuto a svegliarla. Il nobile Car'Leindros la attende».

Nell'altra stanza Fynir imprecò come uno dei marinai più navigati. «Rin, rispondi o lo faccio io!».

Mi alzai e mi avvolsi nel lenzuolo. Avevo un vago ricordo su come fossi riuscita a tornare in camera grazie a Fynir e di come fossi andata a dormire senza mettermi nulla addosso. Dovevo aver preso sonno quasi subito perché poi non ricordavo più nulla.

Quando aprii la porta il servo arrossì.

«Mi-mi dispiace disturbarla». Teneva gli occhi fissi sui piedi, mentre mugugnava. «Il nobile Car'Leindros mi ha chiesto di accompagnarla al Cortile Inferiore».

Il suo imbarazzo era contagioso e mi strinsi più forte il lenzuolo al petto. «Fra poco vado».

«Mi ha ordinato di aspettare e scortarla personalmente».

Già, pensai contrariata, era ovvio che Mago Sottutto dovesse mettermi un servo sulla porta. Come avevo potuto pensare di alzarmi e vestirmi con calma quando c'era Nobile Arrogante in giro? «Aspetta qui» ordinai. «Vado a vestirmi».

Se non l'avessi fatto il prossimo che avrebbe potuto bussare alla porta avrebbe potuto essere Mago Sottutto in persona e non era nei miei interessi fargli vedere camera mia.

Mi misi un paio di pantaloni comodi, raccattati in mezzo al disordine, e una tunica azzurra lunga fino a metà coscia. Una sistemata ai capelli davanti allo specchio e fui pronta. Sospirai di piacere quando mi sciacquai il viso con l'acqua.

Quella piccola comodità l'avevano tutti i maghi della Gilda del Vento grazie al sistema sotterraneo di cisterne che convogliava l'acqua nelle stanze tramite i tubi. L'acqua veniva scaldata con le Gemme di Fuoco che Elania ci consegnava una volta al mese.

Quando fui in grado di pensare uscii dai miei appartamenti. Il ragazzo che mi stava aspettando tirò un sospiro di sollievo quando mi vide. «Il Nobile Car'Leindros mi ha chiesto di buttare giù la porta e di trascinarla via, se lei non si fosse presentata in tempi ragionevoli».

Non volevo sapere cosa intendesse Tehor per tempi ragionevoli.

Trattenendo uno sbadiglio, seguii il servitore attraverso i giardini. L'aria fredda del primo mattino si insinuò sotto i vestiti facendomi venire i brividi ma finì di svegliarmi.

L'erba bagnata per l'umidità che saliva dal fiume mi solleticò le caviglie, mentre un uccello blu accesso cantò allegro salutando il sole. Essere svegliati all'alba aveva i suoi lati positivi, durante il giorno i giardini erano pieni di novizi che coprivano i cinguettii degli uccelli e li facevano scappare quando provavano alcuni incantesimi con troppo zelo.

Un fruscio diverso dagli altri arrivò da dietro gli alberi e mi mise in allarme. «Chi va là?».

«Sono io». Bail uscì allo scoperto sorreggendosi al tronco con una mano. I vestiti e i capelli erano in disordine e gli occhi iniettati di sangue. Aveva un taglio in fronte che non si era preoccupato di curare. Era dismesso, abbattuto e sembrava esausto.

Gli appartamenti dei ragazzi non erano distanti da dove ci trovavamo, appena dietro la fila di alberi, ma non capivo perché Bail non fosse tornato nella sua stanza volando piuttosto che trascinarsi nei giardini e rischiare di farsi scoprire. «Perché non hai volato?».

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