La Scommessa da una Vita

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Il viaggio di ritorno a Mavaras fu una tortura.

Sulla nave volante lottai contro il tempo e la stanchezza convogliando ogni briciolo di magia sulle vele per farla andare più veloce, mentre Vandrin era al timone variando la rotta ai miei comandi quando trovavo delle correnti migliori. Volevo arrivare nell'Arena dei Maghi e porre fine a questa storia.

Lanciai uno sguardo distratto alla porta congelata dietro la quale si trovava Ryon. Una volta tornati a bordo avevo provato a fargli delle domande per capire cosa ci fosse dentro di lui, ma si era serrato nel suo silenzio ostile dopo quello che avevo fatto alla viverna. Avevo continuato a fargli domande finché non aveva bloccato la porta e non lo avevo più visto.

«Lascia che gli passi» mi disse Vandrin dal timone. «È arrabbiato perché non ha ottenuto quello che voleva e starà facendo i conti con quanto ha perso». C'era un sorriso meschino sul suo volto. Gli accendeva i lineamenti rendendoli più belli e allo stesso tempo più sinistri. «Peggio per lui, imparerà ad accettare l'offerta migliore e a lasciare fuori dagli affari i problemi personali».

In quattro passi fui da Van e gli puntati il dito contro il petto. «Posso sapere che problemi hai con lui?».

Ryon non mi faceva pena. Non mi piaceva come si era comportato e tutte le sue azioni lo mettevano dalla parte del torto. Uccideva per vivere e non lo accettavo, ma non riuscivo dimenticare il suo sguardo nel momento in cui lo avevo privato della vendetta.

Era lo stesso che avevo quando pensavo a Mari, quando rivivevo il momento il cui Tehor era stato portato via. Era lo sguardo di chi sapeva di star perdendo tutto.

Van strinse più forte il timone e fissò l'orizzonte, concentrandosi sul governare la nave. «Lo dico con chiarezza: non puoi occuparti dei casi disperati e Ryoned Arc'Ash è il miglior assassino in circolazione. Un Cane del Concilio. Lui non vuole cambiare, gli piace essere così, gli piace incutere paura. Vive della forza che ne ricava». Mi lanciò un rapido sguardo per poi tornare sull'orizzonte.

Ormai dovevamo essere in vista di Mavaras e l'atterraggio avrebbe richiesto tutta la sua destrezza. Le nocche sbiancarono per la forza che stava usando per guidare la nave. «Non vuole aiuto. Non lo merita nemmeno. E anche se lo volesse, il Concilio non lo lascerà mai andare. Ha bisogno di lui per mantenere l'equilibrio. Dimentica cosa ti ha detto in questi giorni. Dopo che avrai il tuo marchio non avremo più bisogno di lui».

Gli diedi le spalle con le mani che prudevano implorandomi di prenderlo a schiaffi. Il più delle volte Vandrin riuscita a dominare quel lato altezzoso, tipico di ogni nobile, ma stava esagerando. «Non parlare così di lui» sibilai. La rabbia andava ben oltre le parole. «C'è sempre un modo per cambiare. Sempre».

Ryon aveva bisogno di vedere qualcosa di diverso di Lanica, non solo la morte e il tradimento. Non poteva vivere solo con la compagnia della sua gelida sorella che non parlava mai e con l'altezzoso Concilio pronto ad affidargli le missioni più codarde e ignobili.

Lui mi aveva mostrato il lato peggiore di Lanica, io gli avrei mostrato il migliore.

Mi fermai davanti alla porta di Ryon mantenendo un piccolo legame con il vento e le vele.

Bussai più forte che mai facendo saltare attorno ai pugni dei cristalli di ghiaccio. «Apri questa porta, Ryoned! Non puoi nasconderti da me per sempre! Non puoi fingere di non aver provato nulla alla Piana dell'Ago!».

La porta si spalancò, mentre stavo per abbattere l'ennesimo pugno e colpii Ryon alla spalla. «Cosa vuoi?» disse con un filo di voce.

Tutta la mia baldanza sparì sotto il suo sguardo, ma feci comunque un passo avanti spingendolo da parte per entrare nella sua cabina. «Parlare».

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