Tarion

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Tarion sorgeva a sud di uno degli affluenti del Guin e riempiva la città d'acqua.

Mentre mi avvicinavo vidi i lunghi acquedotti gettarsi nelle cisterne all'esterno della città che avrebbero portato l'acqua alle fontane e ai bagni pubblici.

Le strade di Tarion erano squadrate e dritte, con angoli secchi su cui si affacciavano case e negozi decorati da fiori, affreschi colorati e drappi con ricami tanto belli che sembrava che potessero muoversi da un momento all'altro.

In alcuni viali avrebbero potuto passare quattro carri affiancanti viaggiando all'ombra dei cipressi e delle statue, poste a intervalli regolari. Agli ingressi dei giardini leoni di pietra facevano da guardiani. Tra gli alberi e i cespugli disposti in modo maniacale vi erano delle piazzette in marmo bianco che riflettevano la luce del sole.

In una di quelle piazze si stavano esibendo un musicista e un poeta, il primo accompagnava con il flauto il secondo che cantava in versi ma nonostante fosse un bello spettacolo sentivo la mancanza di qualcosa.

Tarion era bella, ordinata e pulita, ma qualcosa era assente. Le giovani donne passeggiavano per i vialetti nascondendo le risate dietro le mani e ai ventagli di pizzo colorato, indicando di tanto in tanto dei ragazzi appoggiati alle colonne con un libro in mano. Altre ancora stavano sedute su coperte all'ombra di grandi alberi nel parco nel centro della città a godersi l'aria fresca che risaliva dal laghetto.

Tutti sembravano felici mentre facevano compere e passeggiavano. Perfino quelli che guidavano i carri sudando sotto il sole opprimente del sud erano di buon umore.

Eppure tutto quell'ordine mi faceva venire mal di testa.

Sembrava che la città si fosse espansa seguendo le dritte strade lastricate che sfociavano nelle piazze quadrate, brulicanti di vita e circondate da aiuole che sfiorivano al caldo.

Via via che ci si allontanava dal centro dove sorgeva la piazza del magistrato di Tarion, la città risaliva le colline circostanti. I palazzi a quattro piani lasciavano il posto a terreni coltivati e a qualche sporadica villa. I terrazzamenti e i terrapieni erano tappezzati di filari di vigne e campi dorati per il grano che vi maturava. I buoi muggivano, protestando sotto il giogo e il suono della frusta.

Atterrai in mezzo a uno dei giardini e la sensazione che mancasse qualcosa si accentuò.

Volevo raggiungere la Gilda della Terra e allo stesso tempo volevo visitare la città in cui era cresciuto Tehor. Vedevo qualcosa di lui nelle colonne candide e nelle statue a forma di leone.

Mentre cercavo tracce di lui ascoltai curiosa un precettore, mentre insegnava a un piccolo gruppo di ragazzi che lo seguivano durante la passeggiata al parco. Mi ricordarono il suo continuo bisogno di fare qualcosa quando mi parlava. Le donne guardavano i bambini scrivere e avevano lo stesso sguardo di Tehor quando insegnava ai gemelli.

Se avessi visitato Tarion qualche mese prima avrei storto il naso rendendomi conto di quanta influenza avesse la gilda sulla città. Gli stendardi verdi con il ricamo d'oro di una testa di leone erano appesi ai balconi delle case più ricche insieme ai fiori e ai drappi. Perfino sulla sede del magistrato c'era il simbolo della gilda sotto quello della città.

Incrociavo ovunque dei Maghi della Terra e sentivo i loro sguardi curiosi su di me.

Un paio di ubriachi mi tagliarono la strada, facendomi delle proposte oscene con i loro aliti che puzzavano di vino e il viso arrossato e sudaticcio, ma prima che potessi pensare a un qualsiasi incantesimo gli uomini del magistrato li arrestarono e li portarono via con le mani legate dietro alla schiena.

Due donne dall'altra parte della strada guardarono le guardie con un sorriso soddisfatto. «Siete stata fortunata, ragazza» disse una di loro, stringendosi uno scialle giallo attorno alle spalle. «Il magistrato pattuglia sempre queste strade. Grazie a loro non vi hanno fatto del male».

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