L'Urna nell'Arena

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Affrontai la strada di ritorno alla gilda con la neve che scendeva senza sosta.

Il mio fiato si trasformò in nuvolette bianche che vennero trasportate via dal vento che mi ululava in faccia, quasi non volesse farmi tornare a casa.

Il cuore mi batté contro il petto, sia per la corsa che per l'ansia.

Come avevo fatto a non capirlo prima? Avevo visto con i miei occhi quei tre maghi usare la magia di Tehor dopo che lo avevano ferito. Era vivo perché avevano bisogno di attingere alla sua magia.

Per quanto volessi correre dai miei amici e raccontare tutto, attraversai i cortili e mi diressi agli appartamenti dei maghi cercando Elania.

Lei sapeva cosa fossero quei maghi. Armatas lo sapeva, così come gli anziani della Gilda della Terra. Per questo tutti lo avevano dichiarato morto e suo padre aveva assistito al corteo funebre che attraversava Tarion portando un catafalco vuoto. La città aveva pianto la morte di Tehor per giorni, ma erano disperati per lo sterminatore che aveva reso grande la città, non per il ragazzo.

Tarion. Armatas. Elania. Suo padre. Tutti lo avevano abbandonato. I maghi che avrebbero dovuto guidarci lo avevano abbandonato perché conoscevano la verità.

«Elania!» urlai battendo il pugno contro la porta. «Elania!».

Elania spalancò la porta in veste da camera, ma non aveva l'aria di chi fosse stata appena svegliata. Nel salottino dietro di lei il fuoco scoppiettava allegro nel camino e Vyniana mi guardava come se volesse gettarmi tra le fiamme.

«Bambina» disse gelida, mentre Elania si faceva da parte per farmi entrare «che educazione è questa?».

«Spiegati, Rinmose» ordinò secca Elania. «Per quale motivo ti sei accanita contro la mia porta?».

Le due donne non erano sole nella stanza. Akkar era in piedi vicino al caminetto con un boccale in mano e Malicor mi studiava con attenzione. Alidrei, seduto accanto a lui, nascose dei fogli dietro la schiena.

Fu quest'ultimo a chiedermi: «Cosa ti ha fatto precipitare qui? Fynir sta bene?».

Li guardai tutti, uno alla volta. Erano i maghi che conoscevo fin da bambina. Tutti loro erano stati ospiti di Elania molte volte e, mentre parlavano, io, Fynir e Mend avevamo imparato a conoscerci e a diventare amici. In un angolo del pavimento c'era ancora la macchia che avevamo fatto quando a Mend cadde la lanterna e Fynir aveva perso il controllo della sua magia per la sorpresa.

Ero cresciuta tra queste mura. Ero cresciuta sotto gli sguardi gentili di questi maghi. Ora mi guardavano come se fossi un'estranea e io non riuscivo a riconoscerli.

Erano le persone che mi avevano mentito.

«So cosa sono i Maghi del Sangue» dissi fredda. Basta bugie, volevo la verità. «E so che lo sapete voi».

Akkar mise giù il boccale con un sospiro e gli altri divennero tesi.

«Dove hai sentito questo appellativo?» chiese Elania sedendosi. Sembrava che non riuscisse più a reggersi in piedi.

Vyniana si strinse lo scialle addosso. «Chiudi la porta, Rinmose. Non essere così sciagurata da lasciare che queste voci corrano per la gilda».

Feci come mi aveva ordinato e sentii la magia farmi rizzare i peli della nuca.

Il vento che ululava fuori si alzò di intensità facendo tremare gli scuri e scuotere i rami. Akkar muoveva piano le dita modificando il cerchio magico e la forza del vento in modo svogliato. «Per evitare che ci sentano» disse piano. Aveva un sorriso in volto, ma non il suo solito calore. «Ti direi che sei la degna figlia di Riemna, se ci fosse qualcosa di cui andarne fieri».

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