L'Isola Grigia

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Tehor si era chiuso in se stesso dopo quello che mi aveva detto.

Con la scusa che era stanco si era isolato nel fienile lasciando gli insegnamenti a me e a Cara.

Fino a qualche giorno prima si alzava prima dell'alba e mi svegliava. Era andato avanti così finché non avevo preso i suoi ritmi. Invece, stamattina mi ero svegliata alle prima luci e Tehor non c'era.

Sia io che i bambini impiegammo due ore a cercarlo prima comparisse al limitare del bosco. Aveva salutato i bambini con la solita dolcezza, ma non c'era il calore che in genere riservava loro e, neanche a dirlo, non mi aveva rivolto la parola e si era diretto nel fienile.

Anche se era strano non potevo preoccuparmi per Tehor ora. Avevo passato la mattinata a spiegare ai piccoli i fondamenti sul controllo della magia come meglio potevo. I gemelli si impegnavano al massimo, decisi a dimostrare a Tehor che potevano farcela da soli, così che lui potesse riposarsi e li adoravo per questo.

Sentendomi osservata, mi girai verso il fienile. Tehor stava sulla porta e come i nostri sguardi si incrociarono mi fece cenno di avvicinarmi. Dall'espressione che aveva sembrava urgente.

«Bambini, fermiamoci un attimo» dissi con un sorriso forzato.

Mentre raggiungevo Tehor, la brutta sensazione che stavo provando mi chiuse la gola.

«I gemelli si stanno impegnando molto, oggi» gli dissi titubante. Non sapevo perché, ma ero a disagio con lui come la prima volta che l'avevo visto. Ciò che si era creato tra noi negli ultimi giorni si era distrutto ieri. «Per quello che è successo, io...».

Alzò la mano, fermandomi. «Non è per questo che ti chiesto di interrompere l'istruzione di Mari e Atreis. Devo farti delle domande».

«Va bene».

Mi precedette sul soppalco, rigido come non lo vedevo da giorni.

«Che cosa hai visto ieri? Quando hai seguito il falco».

Nelle ultime ore avevo cercato di rievocare cosa avevo visto, ma più provavo più spariva.

«Non lo so» risposi. La sensazione di malessere aumentò. «Ho solo delle sensazioni di sofferenza e morte».

Divenne livido. «Quante volte hai seguito il falco? Non era la prima». La sua non era affatto una domanda e la sua serietà iniziava a farmi paura.

Cercai di ricordare quando avevo sentito la prima volta il richiamo del falco. Avevo trovato un altro rinmose nel momento in cui Akkar mi aveva portato la lettera. Ma cosa era accaduto prima? «Un'altra volta. Credo. Non ricordo quello che ho visto, ma ho ricevuto un altro rinmose».

Prese dal suo giaciglio il fiore che mi aveva sottratto la sera prima, studiandolo con attenzione. «Non ha senso» disse preoccupato. «Lo hai sentito solo due volte? Il richiamo è debole, ecco perché non ricordi. Diventerà più forte con il tempo». Mentre parlava si girava il fiore tra le dita e aveva ricominciato a borbottare tra sé e sé. «Perché lei? Non ricorda cosa vede. Dovete mostrarlo a me» disse a voce più alta. «Forse posso cambiare le cose».

Divenne di un pallore mortale ascoltando la risposta. «Devo saperlo» aggiunse infine.

I suoi occhi si sfocarono e rimase immobile, respirando appena. Mosse le dita a scatti. Le vene e i tendini del collo spiccarono nitidi.

«Tehor» lo chiamai dopo qualche minuto che non si muoveva. «Tehor!».

Si riscosse quando lo toccai e mi guardò come se fosse la prima volta. «Non posso crederlo» disse, scuotendo la testa. «Non posso. Non può succedere ora».

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