La Foresta di Marsvillion

212 22 2
                                    

Nelle ore prima dell'alba c'era sempre un momento in cui il mondo diventava gelido e silenzioso.

La luce dell'alba non era lontana, ma le fitte tenebre avvolgevano tutte le creature viventi, costringendole a stringersi le une e le altre pregando gli Spiriti che il sole sorgesse presto. In quelle ore fredde i miei respiri accelerati si mischiavano al vento che imperversava fuori dalle finestre nel pieno delle tempeste autunnali.

Quello era il momento in cui uscivo dagli incubi che popolavano i miei sogni e fissavo la mia camera in silenzio sperando che i ruggiti di Derrion sparissero dalla testa.

Ormai non ricordavo più il suono della risata di Marilon e di Atreis né il timbro della voce di Tehor quando mi prendeva in giro, ma non riuscivo a dimenticare Derrion. Erano passati quattro mesi da quando avevo detto a Elania di voler diventare una maga entro la primavera e gli incubi non smettevano di torturarmi.

Fynir apparve sulla soglia con una Gemma Luminosa in mano. «Hai gridato. Un altro incubo?».

Annuii e i suoi occhi andarono alla pozione soporifera che mi aveva lasciato accanto al letto. L'aveva chiesta a suo padre sperando che potesse aiutarmi, ma l'avevo presa solo una volta e mi ero svegliata intontita. Dopo non ne avevo più fatto uso. Se volevo essere pronta in primavera dovevo rimanere concentrata.

Avvolta nella veste da camera Fynir si sedette accanto a me. «Potresti diminuire la dose. Usare mezzo cucchiaio» mi propose.

Scossi la testa. Avevo un rifiuto per quella pozione. Non avevo dimenticato la sensazione di benessere che avevo provato sotto gli effetti di una pozione simile a Errin. Cara stava soffrendo per la scomparsa dei figli e io avevo voglia di ridere perché l'estratto del fiore del sonno allontanava qualsiasi dolore.

Non l'avrei più presa, nemmeno se avessi dovuto passare tutte le mie future notti sveglia.

«Mi dispiace» dissi. «Non volevo svegliarti».

Fynir si stese nel mio letto accanto a me e tirò la coperta fino al mento. «Non te ne faccio una colpa». Chiuse gli occhi. «Restiamo così un po'. Come quando eravamo bambine e ci facevano paura i temporali».

Accennai un sorriso al ricordo. «Dormivi sempre nel mio letto».

«È sempre stato il più comodo».

Mi strinsi a Fynir trovando una posizione comoda sulla sua spalla e mi misi a fissare il soffitto, ascoltando il rumore del vento. «Domani dovremo riprendere lo studio dello Specchio del Vento» sussurrai.

«A Mend non piacerà. Non riesce a memorizzare il primo cerchio. Sta impazzendo».

«Anche io». Anche se non ero sicura che fosse l'incantesimo a farmi diventare matta o i ricordi che non mi lasciavano andare.

Non dicemmo una parola e rimanemmo ad ascoltare i suoni dei nostri respiri.

«Stai bene?» mi chiese senza traccia di sonno nella voce.

Ripensai al suono del ruggito di Derrion. Nel mio incubo non ero riuscita a ucciderlo e mi ero svegliata nel momento in cui si stava chinando su di me prima di dedicarsi al corpo esamine di Mari. «Non lo so. Quante volte ancora mi sveglierò piangendo?».

Fynir mi strinse di più senza dire nulla.

Sapevo che sarebbe rimasta sveglia come me ad ascoltare la tempesta. Nessuno delle due avrebbe più dormito fino al mattino.

§§§

Mend ci trovò ancora strette insieme quando venne a cercarci per la colazione. Lanciò la giacca zuppa su una sedia e si tolse gli stivali infangati. «Di questo passo nuoteremo, lì fuori».

VentoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora