Lo Specchio delle Fate

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Guardare quegli occhi verdi pieni di accusa fu doloroso come sentire di nuovo la vita che abbandonava Mari.

Le labbra blu di Tehor erano serrate, ma la sua voce non avrebbe fatto altro che confermare ciò che gli occhi mi stavano urlando. Non lo avevo mai visto con tanto odio nello sguardo.

L'hai lasciata morire. Te l'avevo affidata e non l'hai protetta.

Rimpiansi il sibilo del frustino nelle orecchie, rimpiansi il dolore del colpo che si abbatteva su di me e le zanne di Derrion. La voce affilata di Tehor era peggiore di quei colpi.

Avevo lasciato morire Mari. I suoi occhi mi stavano dicendo che avrei dovuto allontanarla e assicurarmi che fosse al sicuro prima di andare da lui.

Ogni notte rivedevo Tehor con la ferita al fianco e sua sorella che mi implorava.

L'hai lasciata morire.

Sentii la voce di Tehor rimbombarmi nella testa volgendomi l'accusa che vivevo ogni notte nei miei incubi.

L'hai lasciata morire.

Mi tappai le orecchie, ma non c'era nulla che potesse fermare la sua voce.

L'hai lasciata morire.

Caddi in ginocchio premendo le mani ancora più forte sulle orecchie.

«Mi dispiace» singhiozzai. «Mi dispiace così tanto». Ma implorare il suo perdono non sarebbe servito a niente. Non c'era nulla che potesse riportare indietro Mari.

Tehor aveva ragione: non l'avevo protetta. Ai suoi piedi, sulle rive di quel lago, nulla sarebbe bastato per avere il suo perdono, nemmeno la mia morte.

Un ghigno atroce gli deformò il viso scavando sulla pelle grigia rughe che non aveva mai avuto. Per quanto Tehor fosse stato spesso crudele nei miei confronti non lo avevo mai visto con quell'espressione.

Alzò un braccio in silenzio e indicò il centro del lago.

Una piccola figura si stagliava contro l'oscurità, con i capelli rossi le danzavano intorno al viso e le punte delle dita dei piedi che sfioravano l'acqua formando delle increspature che svanivano non appena nascevano vinte dalla totale immobilità che permeava il lago.

La figura mi tese le mani guardandomi con quegli occhi azzurri resi enormi dalla paura, come la prima volta che l'avevo incontrata.

«Marilon» sussurrai.

Il suo nome si perse nel lago, come se quelle acque nere assorbissero tutto: luce, calore, suoni e movimenti. Niente turbava quella superficie.

Qui tutto è possibile, mi disse Tehor. Mia sorella potrebbe tornare indietro.

Sentivo ancora ferocia e crudeltà nella sua voce, ma c'era anche una nota disperata. Una fragile richiesta di aiuto.

Loro hanno avuto pietà per la sua morte violenta, loro potrebbero restituirla ai vivi, se tu la prendessi. Non tradirmi di nuovo.

Alzai lo sguardo su di lui, perché Tehor era qui?

Cosa aspetti? mi incitò. Non vuoi riportarla ai vivi? Vuoi vederla scomparire per sempre?

Guardai di nuovo la piccola figura di Mari. I piedi erano immersi nel lago e guardava sotto di sé con il terrore negli occhi. Dalla sua bocca non usciva alcun suono, ma si vedeva che stava urlando in agonia. Le mani bianche erano ancora protese verso di me in attesa che la afferrassi e riuscissi a salvarla.

Sono sola, mi disse nella testa la bambina. Sono sola e ho freddo.

Vuoi vederla morire di nuovo?

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