La Volontà che si Tempra nel Dolore

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Erano passati quindici giorni, ma il dolore non accennava ad allentare la morsa.

Il curatore aveva valutato le mie ferite, dichiarando soddisfatto che il polmone lavorava bene. Aveva rimosso i tubi e mi aveva richiuso la ferita, ricucendola con del filo sottile, ma resistente. Mi aveva detto che quel filo di seta veniva lavorato a Ravatosh e il viaggio di quel rocchetto fino alla Provincia di Aldia costava quanto una piccola nave volante.

Rabbrividii, mentre con un paio di pinze e di forbici mi toglieva i fili. Ogni volta sentivo il metallo vicino alla carne e il filo che vi passava attraverso sembrava che mi tirasse i peli.

«Non capisco perché non hai usato la magia per curarti. Ti resterà la cicatrice» mi disse.

L'avevo usata per spingere l'aria fuori dal torace e ripararmi le ossa rotte. Avevo bisogno di tornare a muovermi in fretta e non potevo attendere che tutte le ferite guarissero con il lento processo naturale, ma quelle al fianco e al braccio volevo che fossero curate nel modo meno magico possibile. Volevo che restasse la cicatrice in modo da non dimenticare cosa significasse essere deboli.

Mari non aveva avuto la possibilità che era stata data a me. Era morta prima.

Cristan tirò un altro filo, stavolta sopra le costole e strinsi i denti. «È sempre così a Ravatosh? Usate queste tecniche?» domandai per distrarmi.

«Una volta il mio maestro ha aperto la testa di una persona. Era caduta da una scala e l'aveva sbattuta in modo violento a terra. Il mio maestro ha tagliato il cuoio capelluto, ha praticato dei fori nell'osso e ha rimosso un pezzo di cranio. L'uomo è sopravvissuto, anche se mezzo viso è cadente. Si vede che manca qualcosa. Queste tecniche non sono come la magia, voi studiate per sapere com'è un corpo integro e riportarlo come prima, noi studiamo per capire cosa non va e cercare di salvare ciò che possiamo. Questi metodi hanno un prezzo, ma se non c'è la magia, forse è una cosa che vale la pena pagare per poter vivere».

L'idea di una persona che aprisse la testa a un'altra mi fece venire la nausea, ma da un punto di vista aveva ragione Cristan. I maghi erano la minima parte degli abitanti del continente e non sempre erano presenti per poter intervenire. Forse i Curatori di Ravatosh erano un'alternativa.

«Hai studiato con le Sorelle del Silenzio?». Stesa sul fianco, fissai la parete bianca, sentendo la sua mano tenermi ferma ogni volta che sussultavo. «Come sono?».

«Silenziose» rispose ridacchiando. «Le Sorelle del Silenzio sono l'Ordine che si prende cura di Ravatosh. La gente dice che custodiscono i segreti di molte arti, non solo mediche. Cose come la conoscenza delle stelle, antiche tecniche di costruzione e i segreti delle Matriarche. Il Tempio del Silenzio è immenso, spicca sulla città di Ornhe, la casa della Santa Madre. Ho vissuto alla sua ombra per trent'anni e ho esplorato solo la metà del tempio».

Cercai di voltarmi, ma lui mi trattenne con mano ferma. «La Santa Madre?» chiesi. Quella figura era leggendaria e i maghi ne sapevano pochissimo, Ravatosh custodiva bene i suoi segreti.

«Ornhe è una città costruita su un altopiano. Millenni fa, la Santa Madre fece sgorgare dell'acqua dal suolo, portando la vita dove c'era solo roccia. Lei protegge Ornhe e tutta Ravatosh. Il tempio sorge sopra la sorgente che porta l'acqua alla città».

Riflettei sulle sue parole chiedendomi come Ravatosh avesse potuto bandire la magia quando avevano un esempio così chiaro della sua utilità. «Era una Maga dell'Acqua».

Cristan ridacchiò di nuovo. «A Ravatosh le tue parole sarebbero blasfemia e verresti giustizia nel cortile del tempio».

«A Lanica, le loro convinzioni sono blasfemie. Gli Spiriti ci hanno dato la magia, loro ci proteggono».

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