L'Usignolo e il Cacciatore

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La gilda non mi era mai sembrata tanto fredda e distante.

Tornati dal lavoro nella Foresta di Marsvillion, io, Fynir e Mend avevamo cominciato a evitare gli altri.

Diventare novizi anziani non ci aveva dato quel brivido di felicità che ci aspettavamo, anzi, aveva creato una frattura nelle nostre amicizie. Bail passava meno tempo con noi, iniziando a frequentare Anya e gli altri con la scusa che noi eravamo novizi anziani e non seguiva il passo dei nostri studi. In realtà non riusciva a stare accanto a noi senza essere a disagio, glielo leggevo in faccia.

Nei due mesi successivi alla storia della foresta tutta la gilda aveva scoperto cos'era successo e ci indicava nei corridoi mormorando al nostro passaggio. Bail si era allontanato da Mend fino ad arrivare a rivolgergli un cenno nei corridoi, prima di affrettare il passo e sparire.

Per impedirci di crollare, noi tre ci stringemmo gli uni agli altri, irrigidendoci quando sentivamo le frasi affrettate che gli altri novizi si scambiavano su di noi. Andavamo dritti a testa alta, ostentando una sicurezza che non sentivamo. Solo nelle nostre stanze lasciavamo che la tensione prendesse il sopravvento sentendoci soli, traditi da quella che avevamo chiamato famiglia.

Alzai la testa quando un'altra ventata si infranse contro le finestre chiuse.

«Se continuano queste tempesta sarà un brutto inverno» disse Fynir senza alzare gli occhi dal libro.

Tutti sentivamo il vento freddo scendere dalle montagne, annunciando la neve. L'inverno era arrivato e stava imperversando sulle nostre teste nel modo peggiore. «Se non migliora il tempo, Elania dovrà rimandare il Ballo dei Cristalli».

A pochi passi di distanza Mend scosse la testa, ripetendo le parate con la spada. «Mia madre ha detto che quest'anno la Signora avrebbe intenzione di sospenderlo». Abbassò l'arma e si sedette a bordo letto. «Ancora non hai parlato con Elania?» mi chiese.

Tornai sui libri, evitando il suo sguardo. «Cosa dovrei dirle? Sapevo che non sarebbe stato facile, ma non avrei mai creduto che accettasse di farci fare quella cosa per conto del Concilio. Non ce lo ha neanche detto di persona».

Due giorni dopo essere tornati dalla foresta, Elania mi aveva fatto recapitare un biglietto chiedendomi di raggiungerla nei suoi appartamenti. Per la prima volta specificò che la sua era una richiesta e non un ordine. Avevo fissato le parole, chiedendomi quando avesse cominciato a sentire il bisogno di dirmi che potevo rifiutare un suo invito.

«Mi chiedo come abbia fatto a essere così cieca da non accorgermi come viene mantenuta la pace di Lanica e perché Elania non mi abbia mai detto che spetta a lei condannare a morte i delinquenti».

«Non credo che Elania volesse nasconderti qualcosa per farti del male. Voleva proteggerti» mormorò Fynir guardandomi triste.

«Da cosa?» abbaiai. «Da una cosa che sanno tutti? Ryon mi ha detto che la pace di Lanica è costruita sul sangue». Mi uscì fuori un mormorio esasperato.

Sapevo che le sentenze e le condanne erano di dominio pubblico, avrei potuto controllare in qualsiasi momento, ma avevo preferito non sapere. Avevo chiuso gli occhi e lasciato che Elania mi dicesse che tutto andava bene.

Ora gli occhi li tenevo bene aperti e avevo capito che avrei dovuto sporcarmi le mani.

Le altre parole di Ryon mi tornarono in mente. Dimmi ragazzina, perché i tuoi amici hanno gli occhi di due assassini?

Cercai lo specchio. Avevo anche io lo stesso sguardo di cui aveva parlato Ryon? Gli occhi di un assassino.

«Pensate che Elania volesse proteggermi?» domandai. «Voi lo fareste? Mi nascondereste qualcosa per proteggermi?».

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