Nina19

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Ho la lettera sbagliata. Ho tra le mani la lettera a lui destinata, persino datata e completa di cuori e frecce.

La vita si stia prendendo gioco di me.

E allora inizio a ridere con quell'amaro in bocca che sembra veleno. E non può essere vero. Non può essere così. Non posso essere stata cieca fino a questo punto.

Non è possibile.
No.
No.

È uno scherzo.

E quel sorriso svanisce, si tramuta, quando realizzo. Tutto.

Tutte quelle parole. Quel disinteresse. Quei cazzo di silenzi. Finzioni. Falsità. Crudeltà d'animo. Cattiveria pura. Squallore. Menzogna.

Tradimento.

Cieca, sono stata una fottuta cieca.
E che ormai non provo nemmeno i segni del male. Non sento più nulla. O forse sto sognando. Ma questa non so se la reggo eh. Questa è tosta.

Avevo la verità sotto le mani. Era qua e non lo sapevo, non la leggevo. Ho vissuto anni e anni con questa confessione tra le pagine.

Come ha potuto?
Non ci credo
Non può averlo fatto.

No No No. Non può essere vero.

Non sento niente. Non sento più niente.

Dio mio.
Adesso realizzo e sto morendo. Non sento, vedo e parlo. E non posso assestare un'altra bastosta. Umanamente è impossibile

Non è giusto.

Ma la delusione è tale che nemmeno la rabbia riesce a sfogarsi.

Loro.

Sto vomitando ovunque. Non riesco a trattenermi. Ho lo stomaco contratto ad ogni respiro, reciso, dalla quale sgorga una sostanza tossica che non mi lascia tregua.

Si amplificano i ricordi. I tasseli. La mia anima è in pena.

Vomito.
Vomito marcio.
Disperazione.
Ne sento solo un pianto flebile. Quasi inudibile perchè le orecchie fischiano.
E poi, forse, non capisco bene se è questa la mia morte.

Rinvengo con la testa sulle fredde piastrelle del bagno, mi tiro su stringendomi le tempie.

Il dolore è allucinante.
Le mie smorfie ne appurano la sofferenza.

La luce troppo forte mi costringe a stringere gli occhi privandomene per alcuni minuti.

Sorretta sul lavandino, piano piano, ne apro uno alla volta. Ho un leggero rimasuglio di sangue sul sopracciglio. Lo tampono con un po' di disinfettate.

Cazzo brucia.
Ho la gola secca.
Lascio scorrere dell'acqua dal rubinetto e ne bevo un lungo sorso

Tiro su con il naso

Tiro su i restanti pezzi e provo a moderarne un modello capace di camminare

Sono le undici di sera, fuori solo il rumore della pioggia.

Indosso le scarpe, e senza la premura di coprimi con un cappotto chiamo un taxi e scendo giù per le scale.

Devo sapere
Me lo deve dire in faccia quanto meschina possa essere stata.
Quanto dolore mi sta provocando
Quando, falsa come Giuda, mi ha consolata, ascoltata, abbracciata.

Lui sapeva?
O è stata una cotta adolescenziale?

《La mia migliore amica era innamorata del mio ragazzo》, è terribile da dire ad alta voce.

L'uomo mi guarda dallo specchietto sgranando gli occhi.《... e a questo punto non so se tra loro ci sia stato qualcosa》sorrido sconfitta
《Se ne rende conto? Io... io... non ho nemmeno le parole per descrivere tutto questo. Ma come cazzo si fa? come cazzo si fa?》aumento il tono di voce gesticolando 《na stronza》sentenzia 《stronza è un eufemismo cristo santo》mi passo la mano sulla fronte《non so nemmeno perchè le stia raccontando tutto》 《tranquilla signorì. È tutto compreso nel pacchetto》dica ironico e alza le spalle, come a dire, ci sono abituato 《come ci sia fanita quella lettera ... boh... non capisco》farfuglio pensieri sconnessi, lo faccio ad alta voce, senza preoccuparmi di rivelare questa assurdità ad un perfetto sconosciuto dal marcato accento romano 《ha dell'assurdo. Tutto è completamente assurdo. Avevo quel cazzo di foglio a casa da nove anni》continuo e di tanto in tanto mi osserva 《scusi, come si chiama? Posso fumare una sigaretta sa... 》《nun c'è problema, se posso ne approfitto pur io. Comuque so Achille》solleva il pacchetto e subito dopo mi porge l'accendino.

《Aspetti qua per piacere, magari non è in casa, provo a suonare》
Mi ci appendo proprio al citofono, ma sua madre mi annuncia che è uscita 《va bene signora, magari provo a chiamarla》《ciao Nina》《buonasera》, desolata cerco rifugio correndo in auto

《Non risponde cazzo》impreco, e il telefono suona a vuoto lasciando scattare poi la segreteria

《Aspettiamo ancora dieci minuti ok?》《va bene signorì》guardo fuori dall' abitacolo, la strada è desolata, solo i fari illuminano l'asfalto e la pioggia che batte incessantemente 《provi a calmarsi eh, che non le fa pe niente bene tutto sto casino》metto in atto il consiglio e prendo lunghi e sottili sospiri, bocca-naso, bocca-naso.

Passa quasi un quarto d'ora quando, spazientita, sto per dirgli di riportarmi a casa, ma scorgo la sagoma di una moto avanzare fin davanti al cancello della villa.

Mi giro meglio con il corpo nella direzione e assottiglio lo sguardo per comprendere che Beatrice scende dal mezzo, apre l'ombrello e con l'aiuto dell'uomo si sfila il casco.

Spalancando gli occhi apro la portiera e rimango imbambolata a fissarla mentre ride e tira su il casco dell'altro soggetto, che, no, non può essere, scuoto il capo energicamente strofinando addirittura gli occhi con le dita.

Non può essere Leonardo.

Gli somiglia ma non può essere lui.
Ha il suo stesso giaccone, ma non può essere lui.
Ha le sue stesse scarpe, ma non può essere lui.

Il respiro si accorcia tempestivamente, sono zuppa d'acqua con il corpo ansante. Avanzo di qualche passo, cauta, lenta, come una belva quando punta la sua preda. Lui le accarezza la guancia e su quelle maledette quattro falangi leggo Nina, è una frazione di secondo, ma ci leggo N.I.N.A

Nina.
Nina.

Lei, civetta e meschina, gli stampa un bacio al centro della bocca.

È un meschino patentato》
《È uno stronzo Nina, lui porta solo il marcio.》
《Hai scansato il fosso》
《Non mi piace Beatrice amore》
《Ci siamo visti per caso, stavo andando a comprare le sigarette》
《Deve sparire dalla tua vita Nina.》
《Voglio essere vicino a te》
《Se hai bisogno chiamami. Io sono qui》
《Ti amo Bubi, non scordarlo mai》

Arresto il cammino, agghiacciata. I miei occhi mentono.
Ma quei due sono Beatrice e Leonardo.
BEATRICE E LEONARDO.
La mia migliore amica ed il mio fidanzato.

Un urlo acuto e raccapriciante fuoriesce dalle mie labbra e si materializza nell'ambiente schiaffeggiando il suono del temporale. Tanto è forte che per una manciata di secondi vedo tutto nero. Achille è al mio fianco, mi tiene per il braccio con la mano, ma io non riesco a smettere di guardarli quei due là, che, girati nella mia direzione, sbalorditi, provati, mi osservano incerti 《Signorì, signorì》sento solo. Accasciata al suolo mi stringo il basso ventre tra le braccia. Fa un male cane ed è un male reale, tangibile, concreto. Sento i muscoli contrarsi fortemente, e un liquido caldo sgorgarmi tra le gambe.

Il taxista, preoccupato è accucciato al mio fianco, continua a parlare, blatera qualcosa. Sento dei passi, poi, correre nella mia stessa direzione e il caos materializzarsi.

Vuota.
Frastuono
Dolore
Rumore

Sollevo le mani per illuminarle sotto la luce del lampione. Un liquido rosso ne ricopre i palmi, mischiandosi alla pioggia mentre cola lungo le braccia 《chiamo l'ambulanza》dice qualcuno.

Io sono scioccata.

Non distinguo i timbri delle voci. I luoghi. Le parole. È tutto ovattato, attutito.

Leonardo mi strattona, urla il mio nome, ma ne leggo solo il labiale.

Una bolla.
Shock.
Disorientata.
Traumatizzata.
Dolente.

E ci leggo anche la paura prima di chiudere gli occhi e lasciarmi andare.

C'era la nostra famiglia. Qualcosa di unicamente nostro. Il seme.
Non mi sarei mai più sentita sola. Sarebbe stato uguale al suo papà. Lo desideravo ardentemente identico al suo papà. Ci avrei visto il suo infinito nei sorrisi. Lo avrei amato. Evocato in ogni attimo.
Annaspato il suo odore sul mio ventre, ne avrei tessuto la pelle, e adornato le ciglia. Lo avrei nutrito di linfa celestiale, decorato con fiori di campo e coperto da un lenzuolo ricamato.
Mi ci sarei affezionata nell'immediato.

🤐 povera la mia Nina. Per fortuna non mi è mai capitato, ma, essere traditi deve essere terribile.

Voi vi aspettavate tutto ciò?

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