Leonardo13

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Mi riprendo dai ricordi quando la mano di Elvira mi scuote la spalla 《scusami》le dico《vai a riposarti un po', è da troppe ore che sei chiuso qua dentro, se ci sono novità ti avverto subito》incerto porto l'attenzione sul nonno 《vai Leo》《va bene ma mi raccomando, tanto faccio una doccia e torno...》《stai tranquillo》lascio la stanza con un macigno che comprime il cuore. Beatrice mi sta tartassando di chiamate, ed è l'ultima persona al mondo che vorrei sentire in questo momento 《amore, ma che fine hai fatto? Sono ore che provo a chiamarti...》《hanmo ricoverato mio nonno》 la blocco 《 ha avuto un infarto》《O mio dio, ora come sta? Perché non mi hai chiamata? Sarei corsa immediatamente》è angosciata, ma non sento nulla, non la sento proprio, e non le rispondo, perché dovrei dirle che non la voglio, non la voglio quì, con me, nei dintorni, vicina, non voglio la sua presenza
《Stazionario, ci vediamo a casa tua》chiudo, brusco e diretto.

Ventiquattro ore
Ventiquattro ore. Sembrano poche, vissute a guardare sembrano anni.
Ho proibito a Bea di accompagnarmi, l'ho rassicurata dicendole che se ci fossero state notizie l'avrei avvertita subito e la stessa cosa ho detto a Mattia che invece è fuori dalla stanza da ore.
《Come sta?》《sempre uguale Matti, mi sento morire ogni volta che lo guardo》mi affloscio con le spalle al muro portandomi le mani dietro la testa 《lo so amico mio, lo so》afferro il bicchiere di caffè che mi porge e ne prendo un lungo sorso 《 Leo, lasciamo perdere tutta sta storia con Mariano》《No》alzo la voce, imperativo e anche irritato 《appena l'americano si riprenderà procederemo》《ma... sii ragionevole, hai messo in conto la possibilità che tuo nonno, insomma, non si svegli》《si sveglierà, fidati, deve mandarmi a fanculo per bene, si sveglierà》guardo il soffitto appigliandomi a quella certezza, non ne sono più così sicuro in realtà.

È notte fonda.
La testa mi penzola per via dei colpi di sonno profondo. Mi stringo la coperta infeltrita intorno alle spalle e mi avvio al distributore automatico. Con la paletta giro il liquido scuro e soffio via la piccola nube di vapore. I corridoi sono vuoti e silenziosi. Rientro in camera e gli passo il bicchiere sotto il naso facendogli sentire l'aroma forte di caffè 《ti piace vecchio?》gli domando 《quanti ne bevi al giorno? Cinque? Otto? Cazzo di dipendenza che hai》poso il contenitore vuoto sul tavolino e con le mani strette a pugno mi sorreggo la testa 《nonno devi svegliarti cazzo》sbuffo stizzito 《mi sto rompendo i coglioni qua dentro. Ho fame. Sonno e sono scomodo su sta sedia》 brontolo 《tu stai comodo eh sul materasso, fammi mettere un po' vicino a te》mi rannicchio nel sottile margine del letto, e per paura di fare cazzate, mi arrotolo su me stesso 《vecchio》gli sussurro all'orecchio 《hai fatto il testamento almeno?》ghigno divertito《vaffanculo piccolo insolente che non sei altro》

Per un tempo indefinito mi immobilizzo scioccato, gli esce un filo di voce distolto e rauco.

Lo fisso trattenendo il respiro

《Che hai da guardare? Mettiti più vicino sciocco che non mi fai male》

Cancello le lacrime copiose che vengono giù sorridendogli ampiamente 《nonno, ma che cazzo combini eh?》gli stringo la mano avvicinandomi《ho perso dieci anni di vita cristo santo》rido preso da una gioia inesauribile 《allora anche tu hai un cuore》. Mi sorprendono le sue parole. Il tono di voce è lento e calmo e parla ancora con gli occhi chiusi. In effetti, non ho mai dimostrato i sentimenti a nessuno, l'ho sempre preso in giro ma sono la sua copia spiccicata. Il muro di cemento armato mi ha sempre protetto. I sentimenti erano per i deboli, per quelli che soffrivano. Io dovevo essere un uomo tutto d'un pezzo. Ma in questo frangente capisco tutte le cose che mi ero perso. L'importanza dei gesti. Delle persone. Metto alla luce l'estraneo che è in me. Quell'uomo dal cuore duro, che non piange mai, sorride a stenti. E allora, l'americano, mi sta liberando a poco dal castigo perenne nel quale mi trovo.

Invece di scappare, di sfrecciare lontano e annegare nella solitudine dei miei giorni, gli stringo un braccio intorno al corpo e la testa la sistemo sulla sua spalla 《Elvira è andata a casa. È distrutta》 《mmm mmm》afferma 《e comunque nonno. Ti voglio un bene immenso e sono morto per ogni istante che non eri tra noi. Mi sono cagato nelle mutande e avrei rimpianto ogni volta che non ti ho detto quanto tu sia importante per il sottoscritto》mi sento bene, ma in imbarazzo mi strofino le dita sul capo, sorridendo di sbiego, nascosto dai suoi occhi.

Nina Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora