Leonardo11

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Avevo ottenuto ciò che volevo, o almeno speravo fosse quella la scelta giusta. Doveva essere quella. Ci ero riuscito, e con il tempo avevo quasi preso gusto a commettere la mossa sbagliata pur di farmi odiare.

Morivo ogni volta che la vedevo autocommiserarsi per me. Era difficile da credere e da accettare. Ma, ero entrato nel vortice ormai, e nemmeno le sue richieste venivano accolte.
Ogni volta la sua voce riusciva per un frangente ad estrapolarmi dai desideri più cupi.
Ci riusciva sempre Bubi.
Riusciva a schiarirmi dentro, a destarmi dal mio unico obiettivo. Correvo da lei come il richiamo delle sirene, non ci provavo nemmeno a trattenermi. Mi ci consumavo proprio dentro al suo corpo ed ogni volta che la guardavo, ne rimanevo affascinato. Più lei si consumava per me, più il mio ego cresceva a dismisura, la sicurazza del suo amore si amplificava ed io lusingato ne approfittavo.

Ma le situazioni si erano completamente perse e intersecate tra loro. Mi lasciò con le spalle al muro, una mattina Mattia.

Suonò alla mia porta, mi guardo dritto negli occhi e, facendosi largo e spogliandosi del cappotto e la sciarpa, disse 《ho scoperto chi è l'uomo che ha ucciso tuo padre》, gli tremava la voce. Avevo ancora il diario aperto sul tavolo, scrivevo pezzi per Nina in ogni momento della giornata. Le parlavo, tra le righe. Le narravo la mia vita e le mie scelte, i miei segreti. Infondo sapeva che ero tornato a Torino per vendetta. Lo avrebbe saputo se avesse letto. Le pagine si smuovevano per via dello spiffero di aria che entrava

Mattia si sedette sul divano in pelle consumato, si era lacerato ai lati e ne fuoriusciva la spugna gialla. Era preoccupato fino all'osso. Nervoso a livelli disumani. Pareva avesse una bomba a orologeria piantata sul culo, tanto si muoveva. Prese un respiro lungo, quasi interminabile e, con me ad osservalo stranito e in attesa, disse 《è Mariano Maruse, il padre di Beatrice》barcollai scioccato, stranito, sollevato ma tremendamente angosciato. Non avrei mai potuto. Non dovevo. Non potevo. Poggiai la schiena sul muro scheggiato, e metabolizzai ad occhi chiusi.

Ci provò in tutte le lingue, il mio amico, a farmi desistere, se lo sentiva, diceva, se lo sentiva che qualcosa non andava, sudava freddo, lo facevo anche io. Sembrava la sensazione della cocaina. Mi sentivo strano. Confuso e schiacciato.

Rimurginai per interminabili giorni. Mi aggrappai ad ogni scusa plausibile. Avevo lei, mi sarebbe dovuta bastare solo lei. Il mio angelo dai capelli rossi. Ero innamorato pazzo. Pazzo di quella donna che vidi, negli anni, tramutarsi da bruco a farfalla. Ma non fu così.

Mattia mi stava dietro in ogni cazzo di movimento. Non voleva. Aveva timore.

La sera la vidi danzare stretta all'americano. Era perfetta. Inegugliabile. Dritta su quei tacchi a spillo, sensuale, le gambe chilometriche e sode. Era il mio opposto ma il posto perfetto. Composta. Pulita e perfezionista. La chioma non aveva un fottuto capello fuori posto. Era una bambola. Qualunque cose in lei mi eccitava, e i suoi occhi mi rassicuravano. La respiravo, ovunque fosse. Ricevetti la chiamata di mia madre in quel momento. Mi dileguai dalla stanza affollata da anziani, con il telefono all'orecchio. Parlammo tranquillamente, del più e del meno. Non era mai stata una donna o madre affettuosa. Sempre composta e velata da quella particolare freddezza che la caratterizza. Sorrisi di gusto quando mi raccontò di aver conosciuto la nuova fidanzata di mio fratello, ma si rabbuiò, quando, mia sorella si era decisa a prendere i voti, e che aveva espresso la volontà rinchiudersi al convento di suore di clausura in provincia di Catania.
Mi pietrificai all'istante. La vita della mia sorellina era stata tremendamente segnata dalla perdita di nostro padre. Tutto girava intorno a quello. Singhiozzò appena, la donna al telefono, ma non mi avrebbe mai permesso che la sentissi piangere o che peggio ancora, la consolassi. Riattacò nell'immediato.

Presi del tempo seduto sugli scalini di pietra all'entrata, e per qualunque scusa avessi trovato, qualunque appiglio, Bubi o Mattia non sarebbero bastati.

Nina Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora