Capitolo 6

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3 giorni dopo

Questi giorni sono stati piuttosto strani. Il padroncino Flavio non fa altro che guardarmi e mi fa sempre quel suo solito sorriso, che mi fa sciogliere. Non so perché ma ogni volta che lo vedo ne resto incantata.
Quando sono in sua presenza mi sento sempre strana.

Oggi stranamente non l'ho visto neanche una volta e da una parte ne sono contenta.
Ormai è sera, io, Elena e Carla ci stiamo dirigendo verso la cucina, quando mi sento chiamare alle spalle. Tutte e 3 ci voltiamo e i miei occhi si puntano subito su i suoi, il mio cuore ricomincia a scalpitare. Lui mi ordina di seguirlo in camera sua, mi volto verso le mie amiche che mi minano un: "stai attenta". Faccio come ordinatomi e lo seguo. Entrati in camera lui chiude la porta e mi invita a sedermi con un cenno della mano.
Mi siedo e lui mi porge del vino che rifiuto. Ci fissiamo intensamente negli occhi per un periodo che mi sembra interminabile.
Non riesco a smettere di guardarlo, è come se fossi ipnotizata da lui. Il mio respiro diventa irregolare, le mie mani tremano e sudano, non riesco a capire perché il mio corpo stia reagendo in questo modo.

Alla fine è la sua voce a rompere quel silenzio assordante: "Allora piccola Lucia, parlami un po' di te, da dove vieni? Qual'è la tua straziante storia?
Con quella domanda sembra quasi volersi burlare di me. Allora un po' infastidita da questo suo modo di fare così spavaldo, gli rispondo dicendo: " Vengo da un piccolo villaggio qui vicino. E la mia storia non è straziante, anzi è simile a quella di molti altri nella mia condizione sociale" Lui decide di non arrendersi e quindi mi chiede: "Beh ogni schiavo ha la sua storia e sarei curioso di conoscere la tua. Perché non me la racconti?"
Gli rispondo subito secca: "I miei genitori mi hanno venduta a dei mercati di schiavi, a causa dei debiti. Tutto qui." E nel pronunciare quelle parole sento qualcosa dentro di me spezzarsi. Fino ad ora non ho avuto il coraggio di dirlo a nessuno, forse perché vorrei che non fosse, non riesco ancora ad ammetterlo a me stessa. Sento gli occhi pizzicare, non voglio che lui mi veda piangere così mi alzo e mi dirigo verso la porta dicendogli: "Scusate signore ma devo andare, mi staranno aspettando giù in cucina" Ma un'istante prima che io apra la porta mi ordina: "Ferma! Non ti ho ancora congedata "

Non ho il coraggio di voltarmi quindi rimango immobile nella mia posizione, ma dietro di me sento i suoi passi farsi sempre più vicini, finché non è ad un passo da me, mi prende la mano e in quel momento ho come un brivido che percorre la mia schiena, mi fa girare verso di lui e con le dite mi obbliga ad alzare il volto verso di lui.
In quel preciso istante un lacrima solitaria solca il mio volto che lui asciuga con il suo pollice.

I nostri volti sono a un centimetro di distanza, lui inizia ad avvicinarsi sempre di più finché le nostre labbra non stanno per sfiorarsi, ma appena un secondo prima giro la maniglia della porta, esco subito da quella stanza e mi dirigo a perdifiato verso la cucina, scendo le scale e corro in camera mia. Pochi secondi dopo Elena e Carla entrano nella mia stanza e preoccupate chiedono: "Lucia che è successo? Perché stavi correndo così? Ti ha fatto qualcosa?" Non ho il coraggio di raccontargli quello che è accaduto, quindi con gli occhi bassi gli rispondo: "No no, non è successo niente, è solo che sono stanchissima, non vedevo l'ora di buttarmi sul letto" E loro mi domandano: "Sei sicura?" e subito dopo gli dico: "si tranquille. Vi dispiacerebbe lasciarmi sola, ho voglia di dormire". E senza proferire parole escono dalla mia stanza.

Non riesco ancora a crederci. Stavamo per baciarci.
Le nostre labbra erano vicinissime. Troppo vicine. È solo un don Giovanni, non devo dimenticarlo. E con ancora in mente quello che è accaduto mi addormento con un enorme sorriso sulle labbra.

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