Capitolo 27

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INES

Quello che sento adesso non si può spiegare. Mi sento imprigionata e frustrata. E' passato un solo giorno dall'incidente ma...l'immagine della donna, della mia macchina, il rumore dello schianto, il senso di colpa...mi invadono il cervello. Merda, ho ucciso una donna!

Non parlo, non mangio, non mi lavo e forse puzzo anche. Le mie amiche cercano di parlarmi, di consolarmi, di abbracciarmi ma niente...non riesco a tornare alla realtà. 

In questa situazione assurda non sono la vittima, certo che no. Io sono la colpevole, la responsabile, il mostro...mi faccio schifo da sola anzi mi faccio paura da sola. 

Ho escluso tutti in questo momento perché infondo...chi vorrebbe rimanere chiusa in una stanza con una criminale? Ecco, vi siete dati la risposta da soli: nessuno. 

Io non voglio vedere nessuno e nessuno dovrebbe voler vedere me. 

Come passo le giornate? Distesa nel mio letto, con gli occhi puntati verso il soffitto e le lacrime che scendono senza sosta. Nella mia mente non c'è niente, vuoto più assoluto. Non riesco a percepire le parole delle mie amiche che arrivano alle mie orecchie ovattate. Ho anche le allucinazioni: mi immagino in un tunnel che non ha una fine. Intorno a me ci sono mostri ma la cosa che mi spaventa è che quei mostri hanno la mia faccia.

Un mese...un mese e riceverò la punizione che mi rispetta: la prigione. E' incredibile come la vita di una venticinquenne possa finire così. Ma me lo merito. Ho fatto del male ad una persona, ho UCCISO una persona... ed ecco che le lacrime ritornano, ed ecco che il tunnel diventa buio e che quel mostro si fa impresso nella mia mente.  

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