capitolo 30

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INES 

Ieri è venuto il medico a visitarmi. Ha detto che non ho nessun livido e nessuna ferita sul corpo. Ma c'è una ferita che nessuno riesce a vedere: nel mio cuore. Dall'incidente è stato diviso a metà. Come Mosè con le acque. 

L'ho sentito il discorso dei miei amici con il dottore; devo andare da uno psicologo o come lo chiamo io, lo strizzacervelli. La mia risposta: assolutamente no!. Pagherò con la prigione, pagherò con la solitudine e con il senso di colpa ma non andrò mai da uno psicologo. 

Stamattina ho deciso, dopo quattro giorni, di farmi una doccia: le mie condizioni sono ed erano pessime. Ma non posso farci niente; non mi interessa la mia immagine. 

Qualcuno bussa alla porta. So già chi è: Chris. Viene ogni giorno in camera mia; mi racconta delle sue giornate, di quello che fa e a tratti mi viene da ridere. Come fa a rimanere con una persona come me? Io sarei scappata. 

Sento la porta aprirsi ma non mi giro. 

"Wow, ti sei alzata dal letto e ti sei lavata!" esclama. Sta cercando di farmi ridere ma no...con me non funziona. Sono seduta vicino alla mensola della finestra a guardare il cielo. Lo stesso cielo di quel sabato mattina... basta! non ci devo pensare. 

"Ti do alcune notizie. Prima di tutto il tuo cornetto" mi porge un sacchetto bianco. Ho lo stomaco chiuso. Le uniche cose che ho mangiato in questi giorni sono un pezzo di carne e metà piatto di pasta. 

"E poi ho parlato con il dottore - inizia a raccontare sedendosi accanto a me - hai bisogno di andare da uno psicologo, Ines. Harry, il tuo avvocato, ha trovato una psicologa. E' a due ore da  Milano ma è bravissima! Te lo assicuro."

Scuoto la testa forse con troppa forza. 

"Ines, non puoi restare così per sempre. Hai venticinque anni! La vita è oltre questa finestra e ti sta aspettando a braccia aperte"

"Chris, vattene. Perché mi aiuti?" balbetto con voce roca. E mi sorprendo: si, mi sorprendo. Dopo quattro giorni ho ritrovato la mia voce. E fa male. La gola pizzica e le lacrime iniziano a scendere. 

"Ti aiuto perché ti voglio bene e perché sei mia amica. Ecco perché. E tu - mi indica con un dito - verrai con me domani per la prima seduta"

"Io non ci voglio andare dallo strizzacervelli!" e scoppio a piangere come una bambina di tre anni. Ecco a cosa porta la depressione. 

"Tu invece ci verrai perché ti farà bene. La strada per il bene all'inizio fa sempre male"

Mi alzo di scatto come punta da un'ape. Apro la porta e grido con le lacrime agli occhi:

"Esci da questa stanza e non farti più vedere" Chris si alza tranquillo dalla sua sedia. Giuro che vorrei strozzarlo con le mie stesse mani ma...in questo modo ucciderei un'altra persona nel giro di pochi giorni.

"Ok tesoro, io me ne vado. Ma domani alle otto ti voglio pronta. Andremo insieme dalla psicologa: solo noi due." 

Anne appare alle sue spalle e mi chiede: "Come stai?" 

Sbatto la porta in faccia ad entrambi. Ed è quella la domanda che fa male. Un semplice: come stai? è in grado di farmi crollare. Perché non c'è una risposta a questa domanda. Sto di merda e di merda resterò per il resto della mia vita.

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