9. Il rituale

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Chloe

Se ci fosse stata una buona ragione per cui non avrei dovuto prendere in mano la macchina fotografica e racchiudere un momento della mia vita in un ricordo tangibile, avrei probabilmente trovato almeno altre mille buone ragioni per cui valesse la pena farlo.

Per questo e perché lo spettacolo di James nelle vesti di Ariel mi aveva completamente fatta innamorare, mi ero ritrovata a discutere con Tom Gillies i termini del nostro accordo e dopo tante, troppe lamentele ero riuscita a convincerlo a darmi il permesso di dare il via libera a Tonya Cooper nel pubblicare anche foto dei Taurus fuori dal campo, con l'unica condizione che ne fossero al corrente e che non avessero nessun problema col mostrare al mondo determinati tipi di scatti.

E dopo la lunga serie di preghiere per il manager della squadra, mi ero ritrovata a pregare James di indossare di nuovo i suoi vestiti da Ariel e permettermi di fotografarlo nel giardino di casa mia in un photoshoot inusuale e accattivante. Lui me lo aveva concesso, ma con l'unico fine di divertirci e di tenere le foto per me, cosa che avrei volentieri fatto, non trovando alcun interesse di lucro, ma solo una piacevole espressività dietro le sue pose accattivanti e il trucco spavaldo.

Così, avevo ritratto James nella natura del piccolo giardino sul retro di casa mia e avevo adornato la sua figura con dei fiori colorati, facendoli incastrare tra gli spiragli del vestito tumultuoso e incredibilmente eccessivo. La notte a fare da cornice e una serie di lucine e stelle filanti ad illuminarlo, imitando giocosamente l'isola sperduta ricoperta dalla magia nera.

Ed era stato bello vedere James in vesti diverse da quelle di giocatore di basket, ma l'arrivo di Halloween aveva presto messo a tacere il suo secondo hobby e dato spazio all'inizio della stagione regolare.

L'inizio della vera e propria stagione del campionato aveva reso piuttosto agitati tutti quanti, me stessa compresa, perché stava ad indicare l'inizio di una serie di partite che contavano e anche parecchio. Era importante affrontarla nel modo giusto per permettere ai Taurus di raggiungere i playoff, che sarebbero iniziati ad aprile, e ancora più importante era doveroso che si ritrovassero a fare un gran punteggio giocando nel miglior modo possibile.

I playoff funzionavano in questo modo: si stilavano due graduatorie, una per la costa occidentale e una per la costa orientale; ognuna di esse comprendeva sedici squadre chiamate come le costellazioni e le partite sarebbero poi state giocate, facendo in modo che le due squadre più forti - quelle al primo e al secondo posto - si sarebbero scontrate solo alla fine; quindi, avrebbero prima giocato contro squadre meno forti.

La squadra vincente dei playoff della costa orientale avrebbe poi affrontato nella finale di campionato la squadra vincitrice della costa occidentale e sarebbe stato l'ultimo match che avrebbe poi decretato il campione.

Ma torniamo un attimo indietro, perché per entrare nei playoff bisognava prima conquistarsi la stagione regolare e questo dovrebbe bastare a rendere quanta importanza riponesse in sé, in quel percorso che mio padre aveva deciso di intraprendere. Persino io, che di basket ancora faticavo a capirci qualcosa, avevo compreso la pressione che era piombata addosso ai ragazzi tutta d'un colpo.

Inoltre, si sarebbero presto ritrovati ad affrontare squadre che avevano lavorato sodo quanto loro e che erano più consolidate rispetto al nuovo team dei Taurus, il che, considerando che ogni match sarebbe stato una serie di sette partite, rendeva il tutto eccessivamente pesante.

Ma io avevo deciso di scrollarmi di dosso questo peso che nutrivo nel fare il tifo per loro e decisi di concentrarmi piuttosto sul mio lavoro nel catturare i giocatori anche in momenti di piena ansia come l'inizio della stagione.

Dovevo quindi ringraziare Tom Gillies e mio padre se mi era stato concesso di entrare persino negli spogliatoi a mio piacimento e sapevo che Tonya avrebbe avuto una lunga serie di consigli da darmi a riguardo, ma io mi ero sempre e solo limitata ad invadere i loro spazi nel minor modo possibile, tentando invece di instaurare con ognuno dei giocatori un certo livello di confidenza e amicizia che mi avrebbe permesso di catturare foto naturali e spensierate.

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