13. Portafortuna

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Chloe

Mi meravigliavo ogni volta del modo in cui fosse estremamente più semplice andare in giro con un ragazzo al proprio fianco, soprattutto se il ragazzo in questione fosse quasi venti centimetri più alto di me e avesse due spalle talmente grosse da far paura.

Per questo riuscimmo a prendere il primo taxi disponibile verso l'aeroporto, evitando persino di essere riconosciuti per via del fatto che Hyade si fosse limitato a far parlare me e a nascondersi dietro il grosso cappuccio della sua felpa extralarge. Inutile dire che il tassista, a contrario di quello che mi aveva scortata all'andata, fosse stato estremamente gentile, ci avesse messo la metà del tempo e ci avesse fatto pagare una quota fortemente inferiore.

Mi ero ormai rassegnata all'idea che se mai avessi desiderato tornare a Las Vegas per una vacanza, avrei dovuto portarmi dietro un uomo a farmi da angelo custode, da utilizzare per facilitarmi la complessa realtà da donna che ero stata costretta a vivere.

Ci ritrovammo presto seduti sull'aereo, uno più stanco dell'altra, mentre realizzavo che saremmo atterrati verso mezzogiorno e che quindi Hyade non avrebbe avuto più di tre o quattro ore per prepararsi alla partita. Sperai che sarebbe bastato a farlo riprendere del tutto, nonostante non fossi certa che, anche se fosse un uomo della sua stazza, gli potesse restare così semplice scendere in campo senza problemi. Era stato bello però osservare l'alba dall'oblò, ritrovandomi poi a dover chiudere la tendina per via del sole accecante.

«Che schifo la seconda classe» aveva farfugliato il ragazzo al mio fianco, smanettando con i giornali posti nella tasca del sedile di fronte a lui, rigettandoli poi nell'apposito compartimento un po' infuriato.

«Già, beh, la prima classe sarebbe partita tra otto ore, direi che per oggi potresti anche far finta di accontentarti» lo rimbeccai, accettando di grazia il succo di frutta all'arancia che l'hostess mi porse e fui felice che almeno per quella volta Hyade ignorò lo sguardo dell'ennesima giovane ragazza che sperava di adocchiarlo, prima di tutto perché non ne potevo più di ragazze mezze spoglie e poi perché non avrei saputo sopportare il fatto di vederlo richiudersi nei bagni dell'aereo per chissà quale ragione.

«Sto male, Chloe, sto male» lo guardai portarsi l'indice e il pollice agli occhi, strofinandoli violentemente, mentre ricadeva con la testa all'indietro.

«Ti sta bene» buttai giù una gran quantità di succo di frutta, tentando di ignorare il modo in cui sembrasse estremamente tenero stretto nella sua felpa e con le guance gonfie.

Sospirò pesantemente, riaprendo gli occhi e scrollando la testa con un suono gutturale che gli frullava le labbra in una smorfia terribile. «Okay, ce la posso fare, ce la posso fare».

«Ti piace ripetere le cose due volte perché credi serva veramente a qualcosa?» risi divertita, sentendomi decisamente appagata nel vederlo crogiolarsi nelle sue responsabilità.

«Sei una stronza» mi fulminò con lo sguardo, mandando fuori dalla sua bocca l'ennesima folata di fiato.

«Mi spieghi come ti è venuta in mente Las Vegas?»

«Beh, l'alternativa era l'Inghilterra e visto che avevo solo quarantotto ore...» mormorò, mentre mi rubava il succo di frutta dalle mani per prenderne un gran sorso. Poi storse le labbra in una smorfia di disgusto. «Chi diavolo prende il succo di frutta all'arancia normale? Che schifo! Almeno all'arancia rossa o all'ananas, ma quanto cazzo è amaro...»

«Ordina quello che preferisci, non smetterò di ordinare succo all'arancia perché a te non piace! E ridammelo» mi dimenai, allungandomi per afferrare il bicchiere che stringeva.

Hyade sorrise, probabilmente credendo che quello fosse il momento di giocare e allungò il braccio in alto, imponendosi ovviamente con la sua altezza e facendomi ricadere sul sedile rassegnata al fatto che alzarmi per afferrarlo mi richiedeva troppa fatica.

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