21. Mia dolce Marla

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Hyade

Il corpo di Chloe Millais fuoriusciva da un mucchio di lenzuola ancora calde che lo contornavano quasi come la cornice di un quadro prezioso e mi persi a guardarlo mentre la luce filtrava dalle tapparelle, cospargendolo di lunghe strisce solari che intensificavano il colore dei segni con cui l'avevo pitturato; la visione della sua pelle irritata mi fece tornare in mente la notte appena passata, costringendomi a trattenere le mani dall'allungarle sulla sua figura assonnata.

Avevo perso il conto delle volte in cui ci eravamo baciati e alla fine ci eravamo ritrovati a dormire chissà a quale tarda ora della notte, ancora avvinghiati in un abbraccio bisognoso.

La sua testa era poggiata contro il mio petto spoglio e osservarla stringermi la vita in quel modo tenero mi aveva fatto salire un bisogno differente da quello che avevo percepito la notte prima, ricordandomi che non mi accadesse tutte le mattine di svegliarmi tanto rilassato.

E poi lei restava bellissima, anche con gli occhi gonfi e chiusi e la guancia piena premuta sul mio pettorale, mentre respirava silenziosamente scompigliandomi la pelle di brividi. Era strano poterla stringere contro di me senza paure, ma il pensiero che avrei presto dovuto lasciarla andare mi faceva già girare la testa.

Me la faceva girare perché mi rendevo conto solo adesso che non mi fosse più rimasta alcuna possibilità, che tutto quello che avevo sempre desiderato da Chloe lo avevo ormai ottenuto e che quindi non ci fosse più ragione per me di infastidirla. Eppure... non mi sentivo appagato e soddisfatto come invece mi capitava di solito, perché realizzavo che i miei modi di avvicinarmi a lei non sarebbero più stati ammissibili.

«Hyade» farfugliò, con la bocca impastata e gli occhi ancora chiusi. «Che ore sono?» avrei voluto allungare la mano per tirarle dietro l'orecchio la ciocca di capelli che le si era impigliata tra le labbra, ma trattenni l'istinto e la allungai invece verso il comodino per afferrare il cellulare e guardare l'orario.

«Sono le dieci passate» mi schiarii la gola, riportando la mano sul mio petto, ma fui presto costretto a cambiare posizione perché Chloe si alzò all'improvviso.

«Oh mio Dio!» strabuzzò gli occhi, con i capelli che le si ammassavano sulle spalle in dolci onde scompigliate. «È tardi» e iniziò a togliersi di dosso le lenzuola, gattonando completamente spoglia sotto il mio sguardo fino alla base del letto per poter guardare oltre.

Rimasi qualche istante incapace di ragionare, perché la posizione che assunse richiamò ulteriormente la mia attenzione. Se ne stava seduta sulle sue ginocchia, con il volto e le braccia rivolte verso il pavimento, a riafferrare i suoi vestiti incurante del fatto che mi stesse regalando una delle versioni più sensuali di sé stessa.

«Chloe» mi schiarii la gola, cercando la forza per mettermi seduto, con le sole lenzuola a coprirmi. Fui costretto a stropicciarmi gli occhi, mentre sospiravo per via del fatto che ero completamente a pezzi. Ero stanco da morire e vederla rigirarsi il vestito tra le mani nel tentativo di sistemarlo nel giusto verso mi fece sospirare pesantemente. «Sta' tranquilla, ce ne possiamo andare quando ci pare».

«Tu non capisci!» mi guardò finalmente, mentre si infilava il vestito di corsa e se lo srotolava sulle gambe, immergendo le ginocchia nel materasso e privandomi definitivamente della visione del suo corpo spoglio. Ma ormai ero troppo perso nelle sue iridi blu per potermi accorgere di qualsiasi altra cosa. «Marla mi ucciderà» si portò una mano tra i capelli per toglierseli dal volto, con un mugolio esasperato poi si rese conto di non riuscire a tirare su la zip del suo vestito da sola.

«Vieni» le feci segno con la mano, incitandola a lasciarmi fare per lei qualcosa di tanto banale quanto tirare su una zip.

E fu mentre lei riprese a gattonare, sedendosi di fronte a me per concedermi la sua schiena parzialmente spoglia, che realizzai di non essermi mai ritrovato a fare una cosa del genere con una ragazza prima di quel momento. Così mi impegnai ad afferrare dolcemente i suoi lunghi capelli, passandoci le dita in mezzo mentre glieli lasciavo ricadere su una spalla per permettermi di tirare su la lampo senza problemi.

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