42. E lei sapeva di me

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Hyade

Avevo passato gran parte della mia vita immaginando quel momento, chiedendomi chi sarebbe stato al mio fianco a lasciarmi pacche sulle spalle.

Ma viverlo aveva tutto un altro sapore. Me ne rendevo conto osservando la torta a forma di palla da basket, la quale riportava il mio nome, seguito dalla nomina di miglior giocatore e la data di quel giorno. Si poteva dire che anche i miei compagni di squadra erano cento volte più validi di quelli che avevo avuto al mio fianco quando ricevere quel titolo era stato per me solo un misero sogno, perché per quando mi ritrovai a stringere James, Chase, Ben e Zack in grossi abbracci ero certo che senza di loro non ce l'avrei fatta. E non perché volevo dare loro il merito che non avevano, ma si poteva dire che il modo in cui credevano in me mi aveva dato la carica giusta.

Persino il coach che stava sempre attaccato al telefono a parlare con Marla rimasta a Chicago si fece vivo per fare la foto con la torta.

Ed era stato tutto semplicemente migliore di quanto avessi mai potuto chiedere.

Fatta eccezione per il fatto che mai mi sarei aspettato di dover affrontare tutte quelle grida, tutti quei complimenti, tutte quelle congratulazioni con l'eccitazione che sormontava dentro di me tutte le volte che il mio sguardo ricadeva su di lei anche solo di sfuggita.

La cosa peggiore però fu che di tutto quel maledetto trambusto non me ne poteva fregare di meno, perché mentre Chloe Millais ricacciava fuori la sua macchina fotografica per potermi immortalare insieme agli altri con la torta, riuscivo a vedere la pelle ancora arrossata dai miei baci che spuntava fuori dalla scollatura del vestito e si nascondeva appena sotto le pietre luccicanti di cui era vestita.

Decisi che non potevo farmi sfuggire quell'occasione per chiedere un ricordo eterno di quella serata. Sperai solo che fossero tutti troppo ubriachi per accorgersene.

«Fammi una foto con Chloe», chiesi a Chase al mio fianco, mentre gli altri si disperdevano dopo l'ennesimo scatto.

Chase lanciò un'occhiata alla ragazza intenta a esaminare la sua macchina fotografica e poi tornò a guardarmi curioso.

«Non dire niente e fammi una cazzo di foto insieme a Chloe», lo precedetti, consapevole che avrebbe sicuramente avuto qualcosa da dire a riguardo. Non mi scomposi nemmeno quando scosse la testa divertito, prima di raggiungere Chloe per poterle riferire le mie intenzioni.

E lei, che fino a quel momento era rimasta teatralmente indifferente, alzò i suoi occhi blu oltremare su di me curiosa, trattenendo un sorriso compiaciuto tra i denti. La osservai guardarsi intorno prima di concedere una risposta a Chase e la consapevolezza che il coach se ne era già andato via e che Tonya era troppo ubriaca persino per permettere a Zack di prestare attenzione ad altro che non fosse lei, sembrò abbastanza per farla annuire timidamente.

Si avvicinò innocentemente, in modo completamente contraddittorio a come si era mossa su di me fino a mezz'ora prima.

Così, senza pensarci due volte le afferrai la vita con il braccio, attendendo che Chase capisse come diavolo si mettesse in moto quella macchina fotografica e per quando Chloe poggiò la sua mano sulla mia spalla, sperai che non sembrassimo una misera coppia di fidanzatini.

Piegai la testa abbastanza da raggiungere il suo orecchio, con New York alle nostre spalle a fare da sfondo, anche se lei restava l'unica cosa che riusciva a catturare i miei occhi. «Copriti», sussurrai compiaciuto, in modo tale che solo lei potesse sentirmi in quel fracasso di gente che ci circondava. Non riuscii a trattenere un ghigno quando lei abbassò lo sguardo su di sé per poter sistemare lo scollo del suo vestito e coprire quel lembo di pelle ancora arrossato.

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