L'ennesima settimana senza notizie da parte di Alex era passata trascinandosi il periodo dell'anno che odiavo più di qualsiasi altra cosa al mondo: il Natale.
Crescendo, avevo capito che le vacanze natalizie erano in grado di riempire il cuore solamente di chi aveva una famiglia unita con la quale ritrovarsi e festeggiare insieme. Nulla a che vedere con me e con James, insomma. Nel nostro caso, in quei giorni di festa, la memoria diventava ancora più subdola e ingannevole, e si ridestava all'improvviso come un fremito sottile che risaliva implacabile con la sua mole di immagini e di malinconia. E più cercavo di mascherare le assenze della mia vita, riempiendo forzatamente il vuoto lasciato dalle persone che amavo, più soffrivo e finivo per passare quei giorni evitando chiunque. Per tale ragione, ad un certo punto, avevo semplicemente smesso di combattere quella tristezza, accettandola per ciò che era: un momento meramente transitorio.
Jenna era partita per Londra, mio padre e Lauren erano volati a Turks and Caicos a fare scorte di vitamina D, mentre io avevo mentito a tutti, dicendo che sarei andata in Venezuela a trovare il mio amico Alejandro con il quale avevo vissuto per due mesi all'età di quattordici anni, mentre le nostre famiglie erano impegnate in una spedizione in Perù.
Mi ero riproposta di farlo davvero, di prendere un aereo e di cambiare aria fino a dopo capodanno, e invece ero rimasta a Danvers, a casa Parker, da sola.
Avevo abbracciato la solitudine, vivendo grazie a una ritrovata passione per il cibo cinese d'asporto e per le sitcom degli anni Novanta, tentando di tenere occupato il mio cervello che sembrava galleggiare con fin troppa facilità in quel mare di pensieri nocivi che intasavano la mia testa.
Perché Alex si era comportato in quel modo? E perché non poteva dirmi chi non voleva lasciare?
Forse in realtà, la sua era una decisione del tutto consapevole e semplicemente non voleva farlo. Il che ovviamente era anche peggio, perché le uniche ipotesi che riuscivo a prendere in considerazione era che fosse qualcosa di spiacevole, se non voleva parlarmene. O comunque una situazione talmente personale da non avergli fatto prendere in considerazione l'idea di condividerla con me. E forse quell'opzione mi avrebbe ferita ancora di più, perché per mesi mi aveva fatto credere di poter abbassare le difese con lui, e non ero pronta a scoprire che quel consiglio fosse unidirezionale.
Divorata da quelle possibilità, in più occasioni avevo pensato di scrivergli. Soprattutto una sera, particolarmente alticcia, dopo aver aperto una bottiglia di vino di James. Fortunatamente però, nonostante il rosé del duemila tredici mi sussurrasse di sotterrare il mio orgoglio, alla fine avevo riposto il telefono ed ero andata a dormire. Era stato Alex ad aver sbagliato, e non potevo permettergli di trattarmi in quel modo. Aveva avuto settimane per aggiornarmi e condividere ciò che aveva scoperto su Jenna e Richard, e invece aveva deliberatamente deciso di non farlo.
Tuttavia, quel pensiero – l'idea che per lui fosse così facile ignorarmi - non aveva mai smesso di scavare famelico dentro di me. E per quanto potessi impormi di fare altrettanto, di cancellarlo, di decidere di chiudere qualsiasi cosa fosse quello strano tira e molla che durava da mesi, ormai ero sicura di non essere in grado di eliminare ogni traccia del suo passaggio nella mia vita, perché sapevo che la sua presenza si era insinuata sotto la mia pelle in una maniera talmente insistente da avermi marchiata inequivocabilmente. Alex non era lì con me, e nonostante ciò mi sembrava impossibile eliminare dalla mia mente l'aspettativa, l'attesa e, soprattutto, la malinconia per la sua assenza.
Con un moto di fastidio, infilai le cuffiette del telefono, selezionando la playlist che mi impediva di pensare e che sfoderavo sempre, quando decidevo di andare a correre nel parco comunale di Danvers. Era stata l'unica condizione che avevo posto a me stessa: potevo passare ventitré ore spalmata su un divano, senza giudicarmi per la mia debolezza, ma un'ora d'aria al giorno mi sembrava il minimo sindacabile per continuare a vivere. E così avevo iniziato quella tradizione del tardo pomeriggio: quando le strade di Danvers si riempivano di colonne di auto, i lampioni si accendevano e le vetrine si illuminavano, io correvo.
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NOCTE
Mystery / ThrillerSEQUEL DI IGNI C'è un equilibrio indissolubile che governa ogni cosa nel mondo. Non c'è gioia senza dolore. Non c'è silenzio senza rumore. Non c'è luce senza ombra. Fu in quel preciso istante che capii. Ero io. Ero sempre stata io, il punto di c...